Capitolo I. De’ tre Ordini di Colonne, e loro invenzione.

Le Colonne Corintie, eccetto i capitelli, (Tav. XIII.) hanno le proporzioni tutte, come le joniche: tanto che la maggior altezza de’ capitelli solo le rende per quella parte più alte e piu delicate; perchè l’altezza del capitello Ionico è per la terza parte, e quella del Corintio è quanta tutta la grossezza del fusto. Quindi quelle due terze parti di diametro, che sono aggiunte di più a’ capitelli Corintj, accrescendone l’altezza, le fanno comparire più svelte. Gli altri membretti tutti, i quali vanno sopra le colonne, sono nell’ordine Corintio trasportati o dal Dorico, o dal Jonico; e perchè quest’ordine Corintio non ha avuto maniera propria di cornice e d’altri ornamenti, ha preso o dal Dorico sullo scompartimento de’ triglifi i modiglioni nelle comici, e le gocce negli architravi: o dal Ionico le sculture del fregio, e i dentelli, e le cornici; e così da quei due ordini coll’aggiunta sola di un capitello n’è sorto questo terzo. Quindi dalla diversità delle colonne sono nati tre diversi ordini, chiamati Dorico, Jonico, e Corintio. Di questi il primo ad esser inventato fu il Dorico: (Tav. XI.) imperocchè Doro, figliuolo di Elleno e della ninfa Ottico, fu Rè di tutta l’Acaja, e del Peloponneso: costui fabbricò in Argo, antichissima città, un tempio nel luogo sacro a Giunone, ed a caso riuscì di quest’ordine; molti altri tempj poi si fecero nelle altre città dell’Acaja di quello stesso ordine, ancorchè non se ne sapessero ancora le sue vere e giuste proporzioni.

Ma dopo che gli Ateniesi, per gli oracoli d’Apollo Delfico, e di comun consenso di tutta la Grecia, trasportarono nell’Asia tutte in un tempo tredici Colonie, ed a ciascheduna dettero un conduttore, ed il sommo comando di tutte a Jono figliuolo di Xuto, e di Creusa, il quale Jono era stato dallo stesso Apollo nelle sue risposte chiamato figlio suo: costui trasportò quelle colonie nell’Asia, si rese padrone della Caria, e vi fabbricò grandissime città, come furono Efeso, Mileto, o Miunta (che fu già sommersa dall’acqua, ed i suoi sacrifizj, e suffragj furono dai Jonj annessi a’ Milesj) Priene, Samo, Teo, Colofone, Chio, Eritra, Focea, Clazomene, Lebedo, e Melite. Questa Melite per l’arroganza de’ suoi cittadini fu disfatta da tutte le altre città in una guerra intimatale di comun consiglio; e per grazia del Re Attalo, e d’Arsinoe fu poi in luogo di essa ricevuta fra le Joniche la città di Smirne. Or tutti questi popoli avendo da quel paese discacciati i Carj, ed i Lelegi, lo chiamarono Jonia dal loro capo Jone.

Ivi dunque dopo disegnati i luoghi da consecrarsi agli Dei immortali, cominciarono a fabbricarvi de’ tempj; ed il primo fu ad Apollo Panionio simile a quello, che avevano veduto nell’Acaia, e lo chiamarono fin’anche Dorico, perchè il primo che avevano veduto fatto in quella maniera, era stato nelle città de’ Dorj. In questo tempio volendo mettervi delle colonne, ma non avendone le vere proporzioni, e ricercando il modo, come farle non solo atte a regger peso, ma anche belle a vedere, risolvettero di misurare la pianta del piede umano, e ritrovato esser la sesta parte dell’altezza d’un uomo, fecero perciò le colonne alte compresovi il capitello, quanto sei grossezze da basso di essa colonna; e così cominciò la colonna Dorica ad avere negli edifizj la proporzione, la sodezza, e la bellezza del corpo umano.

Similmente avendo poi voluto inalzare un tempio a Diana, (Tav. XII.) presero sulle stesse tracce le delicate proporzioni della donna, per formarne un aspetto diverso di un ordine nuovo; e fecero in primo luogo la grossezza della colonna un ottavo dell’altezza, per darle un’aria più svelta, e vi aggiunsero sotto anche la base ad imitazion della scarpa, nel capitello le volute quali ricci increspati di capelli pendenti a destra ed a sinistra, e con cimase e serti distribuiti in luogo di capelli ne ornarono gli aspetti: per tutto il fuso v’incavarono i canali a similitudine delle pieghe delle vesti delle matrone. Così trovarono due diverse specie di colonne, una imitando l’aspetto virile senza ornato, l’altra colla delicatezza d’ornato e proporzione femminile. I posteri poi avanzando nel buon gusto, e piacendo le proporzioni più gentili, diedero alla colonna Dorica sette diametri di altezza, ed otto e mezzo alla Jonica; Jonica chiamata, perchè i Joni furono i primi a farla.

Il terzo ordine, che si chiama Corintio, (Tav. XIII.) imita la tenerezza delle vergini: perchè queste per la tenera età sono formate di membra gentili, e negli ornamenti non sono capaci, se non di cose delicate. L’invenzione del capitello di quest’ordine si narra in questa maniera. Una vergine Corinna già atta a marito, sorpresa da male, se ne morì: dopo essere stata condotta alla sepoltura, la sua nutrice portò delle vivande, che a lei viva solevano piacere, e chiuste ed accomodate in un corbello le pose sopra del sepolcro; ed acciocchè, restando così allo scoperto, si mantenessero più lungo tempo, le coprì con un mattone: fu questo corbello a caso situato sulla radice d’un Acanto. Intanto la radice stando nel mezzo così schiacciata dal peso, quando fu verso primavera, mandò fuori le foglie e i gambi, i quali crescendo accosto a’ fianchi del corbello, e respinti dalla resistenza degli angoli della tegola, furono costretti attortigliarsi in quei canti, che sono ora in luogo delle volute. Callimaco, che per l’eccellenza e sottigliezza dell’arte di lavorar marmi era dagli Ateniesi chiamato catatechnos (primo artefice) trovatosi a passare allora presso a quel monumento, vidde il paniere, e le tenere foglie, che gli crescevano d’intorno, e piacendogli l’idea e la novità della figura, fece a questa simiglianza le colonne presso i Corintj, ne stabilì le proporzioni, e determinò le vere misure per un perfetto ordine Corintio.

La proporzion del capitello poi è questa: (Tav. XIII. fig. 2.) quanta è la grossezza da basso della colonna, tanta è l’altezza del capitello coll’abaco: la larghezza dell’abaco è tale, che la sua diagonale da angolo ad angolo è eguale a due altezze: questa estensione produrrà giuste tutte le quattro fronti: debbono poi essere le fronti incurvate in dentro per un nono di tutta la larghezza di essa fronte da angolo ad angolo: la grossezza da basso del capitello sia eguale alla grossezza superiore della colonna, s’intende senza il sommo scapo, nè l’astragalo; la doppiezza dell’abaco è il settimo dell’altezza del capitello. Quel che rimane, dedotto l’abaco, si divide in tre parti: la prima si dà alle prime frondi: quella di mezzo alle seconde; e la terza a’ gambi, dai quali escono i cartocci, i quali sostengono l’abaco: di questi quei, che s’estendono fin sotto agli angoli, sono i maggiori detti volute: i minori vengono sotto ai fiori, che sono nel mezzo delle fronti dell’abaco. E finalmente la grandezza de’ fiori, che sono ne’ quattro mezzi, non oltrepassi l’altezza dell’abaco. Queste saranno le giuste proporzioni del capitello Corintio.

Sonovi delle altre specie di capitelli, (fig. 3.) che si pongono sopra l’istesse colonne; e benchè chiamati con diversi nomi, pure non possiam dire, che formino proporzioni diverse, o ordine diverso di colonne: anzi veggiamo che traggono, benchè con qualche cambiamento, i nomi o da’ Corintj, o da’ Jonici, o da’ Dorici, perchè sono le stesse proporzioni di questi, arricchite solamente da nuove invenzioni di sculture.

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