Capitolo IX. De’ Portici, e passeggj dietro la Scena.

Dietro la scena si hanno a fare de’ porticati, acciocchè se mai piogge improvvise interrompessero i giuochi, abbia il popolo, che si trova in teatro, ove ricoverarsi; e servono anche, acciocchè abbiano ivi i direttori spazio bastante per addestrare il coro: tali sono i portici di Pompeo: tali in Atene i portici Eumenici, e il tempio di Bacco: e l’odeo che s’incontra a sinistra nell’uscire dal teatro, il quale odeo fu in Atene ornato da Pericle di colonne di pietre, (Tav. XVI. e XVII.) e coperto di alberi, e antenne di navi, spoglie de’ Persiani: ma essendo stato incendiato nella guerra Mitridatica, fu poi rifatto dal Re Ariobarzane. In Smirne evvi lo Strategeo. Presso i Tralliani vi erano da una parte, e dall’altra sopra lo stadio i portici, come sono quelli del teatro; in tutte le città in somma, che hanno avuto Architetti accorti, vi sono intorno a’ teatri de’ porticati e passeggj, i quali hanno da essere in questo modo: doppj cioè, e le colonne esteriori Doriche cogli architravi e cornici proprie dell’ordine Dorico. La larghezza del Portico par che abbia da esser tale, che quanta sarà l’altezza delle colonne esteriori, tanta distanza sia dall’imoscapo delle colonne esteriori a quelle di mezzo, ed altrettanto da quelle di mezzo fino al muro, che serra questi portici de’ passeggi, le colonne poi di mezzo sieno un quinto più alte dell’esteriori, ma di ordine Ionico, o Corintio.

Le proporzioni però, e le simmetrie di queste colonne non saranno le stesse date pei tempj sacri; perciocchè è diversa la sodezza, che debbono avere i tempj degli Dei dalla delicatezza propria de’ porticati, e di altre simili opere. Ond’è, che se le colonne saranno d’ordine Dorico, la loro altezza, compreso il capitello, si divide in quindici parti, e una di queste si prenderà per formare il modulo: con questo poi si regolerà tutta l’opera, facendo cioè di due di essi moduli la grossezza della colonna da basso: di cinque moduli e mezzo l’intercolunnio: di quattordici moduli l’altezza della colonna senza capitello, di un modulo l’altezza di esso capitello, e la larghezza di due moduli, e un sesto. Le modinature del resto dell’opera si faranno colle regole date pei tempj nel libro quarto.

Se poi le colonne saranno Joniche, allora il fusto senza la base e il capitello si dividerà in otto parti e mezzo, e una di queste sarà la grossezza della colonna: la base col plinto sarà di mezzo diametro: la forma del capitello sarà, come si è descritta nel terzo libro. Se è Corintia, il fusto, e la base sarà come nella Jonica: ma il capitello si farà colle regole date nel quarto libro; e l’aggiunta al piedistallo, la quale si fa con degli scamilli impari, (Tav. XVI. e XVII.) si regolerà colla descrizione fattane nel terzo libro. L’architrave, la cornice, e tutte le altre parti si determinino a proporzione delle colonne, secondo che si è detto ne’ passati libri.

Lo spazio, che resta scoperto in mezzo fra i portici, deve ornarsi di verzura; essendo molto salubri questi passeggi scoperti, primieramente agli occhi, perchè l’aria assottigliata dal verde, e che s’insinua nel corpo, ch’è in moto, affina la vista, e togliendone l’umore grossolano, la rende più fina, ed acuta. In secondo luogo col riscaldarsi, che fa il corpo per il moto dello spasseggio, l’aria succhia dell’umido dalle membra, e così ne scema la pienezza, e ne assottiglia la grossezza, dissipandone quello, che vi è di soprabbondante a quanto può reggere un corpo. E che così sia, si ricava dal vedere, che se vi sono fonti d’acque in luoghi coperti, o altre acque sotto terra, non sorge da queste nessuna nebbia di vapore; ma all’incontro ne’ luoghi scoperti, ed esposti all’aria, il sole sorgendo tocca coi suoi raggi la terra, e solleva da’ luoghi umidi, e paludosi gli umori, e condensati gli solleva in aria. Se dunque è chiaro, che ne’ luoghi aperti l’aria succhia dai corpi gli umori nocivi, come si veggono sorgere dalla terra in forma di nebbie, non credo, che si possa mettere in dubbio l’essere necessario, che in ogni città si facciano spaziosi, e deliziosi spasseggj a cielo scoperto.

Acciocchè poi si conservino questi sempre asciutti, e non fangosi, si farà in questo modo. Si cavi, e si vuoti sotto, quanto più si può a fondo: indi si facciano a destra e a sinistra cloache di fabbrica; e ne’ muri delle medesime, i quali riguardano verso il passeggio, si vadano fabbricando de’ tubi, inclinati a foggia di frontespizio verso esse cloache. Ciò fatto, si riempiano questi luoghi di carboni, e si finiscano poi di coprire, ed appianare col sabbione; così e per la naturale porosità de’ carboni, e per la pendenza de’ tubi dentro le cloache, avranno scolo le acque, e rimarranno i passeggj asciutti, e senza umido.

Aggiungasi, che in questi luoghi si sono da’ nostri antichi tenute le provvisioni delle cose necessarie per i cittadini. In fatti ne’ casi di assedj la più difficile provvisione è quella delle legna; poichè il sale con facilità s’introduce poco tempo prima, le biade o dal pubblico, o da’ privati presto si raunano, ed in mancanza si rimedia coll’erbe, colla carne, o coi legumi: le acque si hanno o collo scavare nuovi pozzi, o con riporre quella, che cola da’ tetti nelle piogge. Ma le legna, le quali sono molto necessarie per cuocere i cibi, sono di difficile e scomodo ammannimento; perchè vi vuol tempo a portarle, e se ne consuman più in simili tempi. Allora è, che si aprono quelli passeggi, e si dispensano a misura per ogni tribù a tanto per testa. Così questi passeggj scoperti fanno due cose buone, una è la sanità in tempo di pace, (Tav. XVI. e XVII.) l’altra la salvezza in tempo di guerra. Sì fatti passeggj dunque facendosi non solo dietro la scena del teatro, ma anche in tutti i tempj degli Dei, potranno essere di gran giovamento alle città. Poichè parmi, che sieno state queste cose bastantemente spiegate, passeremo ora a dimostrare la disposizione de’ bagni.

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