Gli uomini anticamente nascevano al pari delle fiere nelle selve, ne’ boschi, e nelle spelonche, e vi menavano la loro vita, nutrendosi di cibi selvaggj. Frattanto in un certo luogo da’ venti, e dalle tempeste scossi i folti alberi, e stropicciandosi tra loro i rami, si accesero: quindi atterriti dal gran fuoco quelli che vi erano intorno, si posero in fuga: ma poco dopo, passato il romore, si accostarono più vicino, e si accorsero, esser anzi questo un gran comodo; onde aggiungendo legna al fuoco già quasi smorzato, e conservandolo, chiamavano gli altri uomini, mostrando loro a cenni, qual utile ricavavano da quel fuoco. In questi congressi formando gli uomini col fiato diverse voci, andavano di giorno in giorno, siccome occorreva, creando i vocaboli; nominando indi più frequentemente le cose, cominciarono a caso a parlare, e così formarono fra loro le lingue. Essendo cominciate dunque coll’occasione del fuoco a nascere fra gli uomini le radunanze, le assemblee, ed i conviti, e concorrendo molti in uno stesso luogo, perchè a differenza degli altri animali avevano questi dalla natura, primieramente il poter camminare diritti e non boccone, e riguardare la magnificenza del Mondo, e delle Stelle, e secondariamente far colle mani e colle articolazioni tutto quel che volevano, cominciarono alcuni a fare i tetti di frondi, altri a scavare spelonche sotto i monti, ed altri ad imitazione de’ nidi e delle case delle rondini a fare di fango e virgulti luoghi, sotto i quali si potessero ricoverare. Indi facendo riflessione sopra le case altrui, ed aggiungendovi di propria idea delle cose nuove, andavano alla giornata migliorando le abitazioni. E perchè gli uomini sono di natura imitatrice e docile, gloriandosi ogni giorno di nuove invenzioni, dimostravano gli uni agli altri gl’inventati edifizj; ed esercitando così l’ingegno, a gara andavano di giorno in giorno migliorando di gusto.
Al principio alzate delle forche tessevano le mura di virgulti coperti di fango. Altri fabbricavano le mura (Tav. III. fig. 2. A.) con zolle di terra secche, concatenandole con legnami; e per ripararsi dalle piogge e dal caldo, facevano le coperture di canne e frondi: ma perchè queste coperture potessero resistere alle piogge dell’inverno, le fecero aguzze, e così coprendo di loto i tetti inclinati, davano scolo alle acque. Che queste cose abbiano avuta quella origine che noi abbiam detto, lo possiamo argomentare dal veder anche oggi alcune nazioni barbare fabbricare case di queste materie; così nella Gallia, nella Spagna, nel Portogallo, e nella Guascogna fabbricano con assicelle di rovere, e paglia. Presso i Colchi nel Ponto (fig. 2. B.) per l’abbondanza delle selve abitano in chiuse formate da alberi coricati in terra a destra ed a sinistra per lo lungo distanti solo fra loro, quanta è la lunghezza degli alberi: sopra l’estremità de’ detti mettono attraverso gli altri, i quali chiudono il vano di mezzo destinato all’abitazione; e così con travi alternativi collegando tutti i quattro angoli formano le mura d’alberi, e situandoli sempre a piombo sopra gl’infimi, si alzano fino delle torri: gli spazj poi, che restano per la grossezza de’ travi, gli turano di schegge e fango. Con la stessa maniera formano i tetti, traversando all’estremità degli angoli i travi di grado in grado più corti; e così da quattro lati alzano nel mezzo piramidi, e coprendole di frondi e fango, fanno all’uso barbaro in volta i tetti (Tav. III. fig. 2. C.) delle torri. I Frigj dall’altra parte, i quali abitano in luoghi campestri, non avendo legnami per mancanza di selve, scelgono nelle campagne alcuni monticelli naturali, e votandoli nel mezzo, ed aprendovi delle comunicazioni, vi fanno quel comodo, che permette la natura del luogo; sopra però vi fanno delle piramidi con de’ travicelli legati insieme, coprendole di canne, paglia, e gran quantità di terra. Con questa specie di copertura sentono caldo l’inverno, e fresco l’estate. Alcuni anche si formano le case coperte di sala palustre. E così in molte altre nazioni, e paesi sono simili, o a un di presso le forme delle case. Possiamo osservare in Marsiglia i tetti non di tegole, ma di terra impastata con paglie: in Atene l’Areopago coperto ancora fino a dì nostri di loto per memoria della sua antichità; ed in Campidoglio c’insegna e dimostra il costume antico la casa di Romolo, che è nella Rocca sacra; coperta ancora di strame. Con questi esempj dunque possiamo raziocinare e giudicare, che tali fossero state le prime origini degli edifizj. Ma facendo tutto giorno più pratica la mano ad edificare, si perfezionarono, ed esercitando il talento con la sottigliezza, giunsero coll’abito alla cognizione delle arti, ed aggiungendovi la fatica, alcuni, che erano in ciò più degli altri applicati, si professavano artefici. Essendo dunque stati questi i primi principj; e la natura non solo avendo adornati gli uomini de’ sensi, come gli altri animali, ma anche dotata la loro mente della facoltà di pensare e raziocinare, sottoponendo a loro gl’altri animali tutti, dalla fabbrica degli edificj si avanzarono di grado in grado alle altre arti, e passarono dalla vita selvaggia e rustica alla docile società. Quindi illuminata la mente, ed acquistate colla varietà delle arti sempre maggiori cognizioni, prevedendo il futuro, cominciarono a fare non più capanne, ma case edificate con mura di mattoni e di pietre, ed i tetti di travi e tegole: e così facendo delle continue esperienze e diverse osservazioni, dalle incerte acquistarono la cognizione delle certe proporzioni di simmetria; ed osservando, che la natura somministrava a larga mano e legnami, ed ogni sorta di materiale da fabbrica, adopravangli, anzi si avanzarono col mezzo delle arti a farne degli ornamenti per piacere, e maggior comodo della vita. Tratterò dunque di quelle cose, che sono atte ad adoperarsi nella fabbrica, e delle qualità e proprietà, che hanno.
Ma se qualcuno volesse impugnare l’ordine di questo libro, stimando che avesse dovuto andar prima, ecco la ragione, perchè non creda, ch’io abbia errato. Scrivendo io un trattato intero d’Architettura, ho stimato nel primo libro esporre di quali erudizioni e scienze debba essere questa adornata, e determinarne colle divisioni le specie, e riportarne le prime origini; e così vi ho compreso tutto quello che si richiede in un Architetto. Se dunque nel primo ho trattato de’ doveri dell’arte, in questo dovrò trattare de’ materiali, e del lor uso. Questo libro non tratta già dell’origine dell’Architettura, ma de’ principj delle fabbriche, e del modo come sono state le medesime migliorate, e tirate alla presente perfezione. È chiaro dunque, che secondo l’ordine questo era il luogo del presente libro.
Ritornerò ora al proposito, e tratterò de’ materiali, che sono atti agli edifizj, e del modo come pare, che sieno stati generati dalla natura, e con quale mistura di elementi sia temperato il loro composto, sicchè io possa essere chiaramente inteso. Imperciocchè nessuna specie di materiali, di corpi, o di cosa alcuna non si può formare senza il mescolamento di questi elementi, nè essere i medesimi sottoposti a’ nostri sensi; nè si possono, secondo gl’insegnamenti de’ fisici, in altro modo spiegare le cose naturali, se non si dimostrano con sottili ragioni le cause, che sono nelle cose, come, e perchè così sieno.