LA VECCHIA PIPA.

Il ponente fresco che veniva a sibilar fra i cordami facea dondolar la Santa Maria nelle onde rosee pel tramonto che laggiù all'orizzonte fiammeggiava; e i quattro uomini seduti di fronte, in coperta, bevean il saporitissimo arziglio (l'odore di alghe e di salino) che battea loro in faccia, con le ultime vampe vermiglie del sole che si tuffava...

Padron Michele caricò abbondantemente la pipa, la nera e fumosa pipa, che tante traversate aveva veduto, tante avventure poteva narrare. (Una gentile storia d'amore aveva iniziato la marinaresca sua vita in mano del padrone). Intanto le pipe degli altri tre gettavano già nugoli di aromatissimo fumo, come tre caminiere di piroscafi sbuffanti a tutto vapore.

Poichè padron Michele ebbe empiuta la sua, si fermò un momento a guardarla con tenerezza insieme e con gravità.

– La storia, padron Michele, la storia – mormorò uno dei tre fumatori.

– La storia, la storia – fecero eco gli altri, mentre più veementi uscivan le poderose boccate di fumo che in lievi spire opaline andavan vagolando un poco sullo specchio roseo del mare per poi perdersi nella lievissima nebbia che già ammorbidiva l'aria della sera marina.

Padron Michele alzò di più la vecchia pipa, la palpò e battè su di essa le nocche:

– Oh, essa, la mia vecchissima, ve la dovrebbe raccontar la sua storia...

E cavato un fiammifero di legno, silenziosamente e pacatamente, comunicò il fuoco all'aromatico contenuto del ventre capace.

E la prima boccata di fumo uscì dalla serena bocca, sepolta sotto la marinara barba, di padron Michele.

– A Sori... – cominciò egli la storia.

E si fermò un momento, guardando il sole, laggiù, che finiva di tuffarsi del tutto. La barca si dondolava ancor più dolcemente nelle ondate color di viola, adesso, mentre il ponente fresco facea vieppiù sibilar i cordami tesi: e padron Michele rivedeva nella mente la marinara cittadina, rimasta sì fitta nel suo cuore... Rivedeva la viuzza deserta sotto la fioca luce del lampione: là sotto, al di là della viuzza, era il mare; la piccola rada buia, dormente, quieta; qualche lumicino qua e là sull'acqua nera; tratto tratto il leve fiotto che si rompea nella rena: e il fantasma d'una barca, scivolante giù, invisibile e misteriosa, nell'ombra, col lieve tonfo del remo che rompea il sonno dell'onda.. E sopra a tutto l'ineffabile arziglio, come ora!...

– A Sori... – riprese padron Michele, abbandonando alla brezza una formidabile boccata di fumo grigio.

E continuò:

– Capitan Traverso era il mio più grande amico. Io era all'ultimo corso dell'Istituto nautico: prossimo ad abbrancar la mia patente di capitano... Fumavamo insieme delle inverosimili pipate che – sia detto senza mancarvi di rispetto – le nostre quattro di adesso mi fanno ridere, al paragone.

Che fumatore, capitan Traverso!... E io lo imitavo, del mio meglio. E lo lasciavo narrare a suo piacimento de' suoi viaggi e lo ascoltavo con una pazienza, una pazienza da frate cappuccino. Non la finiva più, capitan Traverso, quando cavava fuori le sue storie, ma io avevo le mie buone ragioni per dargli la corda, tanto che il sole era caduto da un pezzo e il mare già nero da parecchie ore, giù al basso, sotto la loggetta di capitan Traverso, quando il buon uomo si decideva a dire alla figliuola di accendere il lume, che era l'ora di andare a cena... Voi mi avete già capito. C'era la ragazza con noi, sulla loggetta buia, sopra il mare che se la cantava dolcemente sotto di noi... Oh la Gina che bella creatura! Aveva diciassette anni, e sottile, bruna, con un visino di madonnina e gli occhi verdi, come il mare. Mentre il capitano parlava io vedeva nell'ombra della loggetta, davanti a me, il visuccio bianco della Gina e gli occhi che scintillavano come due stelle nell'aria scura piena d'odor di mare... Il buon padre credeva d'aver lui, con le sue storie meravigliose, tutto il merito del profondo raccoglimento di noi due, e non si accorgeva che se le nostre bocche tacevano era per meglio lasciar fare ai nostri occhi che parlavano... oh se parlavano, essi, fra loro!...

Era da un anno che ci amavamo e fra noi due già s'era combinato che appena preso il diploma e fatta la navigazione di pratica, l'avrei sposata. Ma parlarne al capitano... non se n'avea ancora avuto coraggio! Io, veramente, se fosse stato in me, un giorno o l'altro, l'avrei fatto senz'altro; gli avrei spifferata la cosa, bella e lesta, da marinaro, e gli avrei chiesta la ragazza... Ma lei, la Gina, si sbiancava tutta quando io, in fretta e di sfuggita, riuscivo a farle questo discorso; e mi diceva di no, ch'era meglio aspettare un poco, che non era tempo ancora: e sospirava, poveretta!... Non aveva più madre la povera bambina, e padron Traverso, che nella sua lunga carriera aveva ammucchiato un buon sacchetto di denari e si era comprata la casina sul mare nella sua Sori, sognata chi sa quante volte lungo le più fiere traversate, se ne viveva ora nel più perfetto riposo, meglio, nel più completo ozio. Era lui il guardiano della sua ragazza, e che guardiano!... Le faceva intorno i suoi quarti regolarmente, come se fosse stata la Santa Barbara d'un naviglio di guerra, che bisogna invigilar gelosamente per paura che una malaugurata fiammolina non ve la mandi in aria, con tutto quello che ha d'intorno!...

Padron Michele si fermò un momento. La sera calava rapidamente sul mare: il ponente s'era fatto più fresco e laSanta Maria filava ch'era un piacere.

Il padrone dette un'occhiata intorno: vide che tutto andava regolarmente, che i suoi uomini di servizio erano al loro posto, e ritornò nel gruppo circonfuso dal fumo delle pipe.

– Capitan Traverso avea l'abitudine, tutte le sere, quando il sole accennava a voler andare sotto, di recarsi sulla piazzetta che guarda il mare, e lì, seduto sui sedili di pietra che ci sono ancora, passava un'oretta con i suoi vecchi amici – tutti uomini di mare come lui e ora, come lui, in riposo. Quella sera dunque io lo aspettava presso la piazzetta. Appena lo scorsi andai a sedermigli vicino e dopo poche parole di preambolo venni al gran fatto; gli confessai tutto, il mio amore per la Gina, la mia ferma intenzione di farla mia moglie, e la preghiera che non si opponesse al nostro amore... Capitan Traverso mi ascoltò serio, fumando terribilmente, poi... non mi rispose niente. Disse solo:

– Va tutto bene, ma aspetta un po'.

Di lì a poco attraversò la piazzetta un vecchietto (era un vecchio capitano che io ben conosceva, un veterano del mare sopra i novanta anni). Capitan Traverso lo chiamò, lo abbracciò (egli che non abbracciava mai nessuno!) lo fece sedere in mezzo a noi, poi battendomi sulla spalla mi disse:

– Ti ricordi la storia di quel mio naufragio che ti ho raccontato due sere fa?...

Povero capitan Traverso! Egli, dopo quanto gli avevo detto, credeva ancora in buona fede, che io, in quelle sere scure, avessi potuto ascoltare i suoi racconti di viaggio!... Naturalmente dissi di sì.

– Ebbene ti ricordi quel terribile momento quando... – e mi ripetè in fretta il «terribile momento» sul quale si era dilungato minuziosamente due sere innanzi e che io, allora, sentiva per la prima volta.

– Ebbene è lui, è lui il mio salvatore... – concluse capitan Traverso, guardando con ruvida tenerezza il suo vecchissimo compagno di pericoli e di coraggio.

Il vecchio marinaio sorrideva.

– Ebbene, ragazzo mio, – continuò il capitan Traverso – sai che giuramento gli ho fatto quella sera, là, su quella spiaggia deserta; in quel paese selvaggio e sconosciuto dove poco mancò non lasciassi queste mie vecchie ossa?...

Io attesi, pazientemente.

– Io giurai (e non fu giuramento di marinaio questo, sai!) che se fosse venuto il giorno che lui – e lo accennò – mi avesse chiesto una cosa, io, fosse stata la mia vita, lo avrei ubbidito, ciecamente.

Capitan Traverso mi fissò bene.

– Ebbene sai, ragazzo mio, che cosa mi ha chiesto lui, sei mesi fa? ... La mano della mia Gina per il suo ragazzo, che sta viaggiando nelle Indie e che in capo a tre anni deve tornare a Sori... per sposare la Gina. Hai capito ragazzo? La Gina lo sa e anch'essa lo aspetta.

Io non fiatai. Ricordo solo che quella sera il tramonto era molto acceso e che tirava un ventaccio sciroccale che bruciava gli occhi e metteva nei polsi un'incredibile smania di fare a pugni con tutti.

Padron Michele si fermò ancora una volta, rintuzzò la pipa e riprese:

– La sera del giorno che presi il diploma andai a salutare capitan Traverso e la Gina (poveretta, quanto aveva pianto secretamente!). Il vecchio capitano commosso (forse chissà quanto avrebbe preferito fare quello che il suo cuore gli suggeriva, ma il suo giuramento non era di marinaio, l'aveva detto!) prima di partire disse alla Gina di andare di là, di prendere quella tale pipa che aveva preparata e di portarla. Quando la Gina (come era sbiancata, povera bambina!) tornò con la pipa che qui vedete, capitan Traverso, me la dette e disse:

– Prendila, ragazzo, te la dà il vecchio capitan Traverso, e... la sua figliuola: parti, prendi il mare, viaggia e falla diventar più nera che puoi; un giorno, fra tre o quattro anni, quando sarà ben nera, ritorna a Sori, e portacela un po' a vedere come l'hai servita. – E sottovoce, all'orecchio, in modo che non sentissi che io solo, finì: – Chissà che le cose quel giorno non siano cambiate? che quel ragazzo che sai si sia fermato laggiù o abbia cambiato idea... Chi sa, ragazzo mio?...

Sentii i miei occhi inumidirsi e strinsi al cuore e baciai la nera mano callosa di capitan Traverso, che tremava tutto in quel momento e non per vecchiaia.

Padron Michele tacque un momento per ricaricare la pipa mentre anche gli altri tacevano e la Santa Maria filava nell'acqua nera del tutto, ormai. Poi finì così la storia della sua pipa:

– Partii, viaggiai, fumai giorno e notte in questa pipa che la Gina con le sue piccole mani mi ha dato quella sera, per renderla più nera e affumicata che fosse possibile, e dopo i tre anni ritornai a Sori... Capitan Traverso era morto da un anno e la Gina, ne aveva già due di marmocchi, capite? Quel tale aveva anticipato: era arrivato subito, l'anno dopo che io era partito, s'era combinato tutto, e... ora la scià Gina credo abbia raggiunto, se non superata, la mezza dozzina, fra piccoli e grandi, di marinai da far correre sul mare come noi, in questo momento.

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