III.

Ma queste chiacchiere pettegole furono ben presto offuscate da un fatto terribile che venne a gettare lo sgomento e il terrore in tutto il quartierino sino allora sì pacifico e tranquillo.

Ecco che cosa avvenne.

Erano passati più di quindici giorni dal fatto del famoso incendio, quando una sera la signora Tina, svegliandosi improvvisamente nel cuore della notte, sentì il posto vicino a sè vuoto.

Tastò due o tre volte con la mano per sentire il consorte, poi invasa all’improvviso da un un folle terrore, si mise a gridare:

— Cesare! Cesare!...

Ma il marito comparve subito sulla porta, in sole mutande, pallido e molto agitato.

— Eccomi qua, eccomi, cara, – rispose egli a bassa voce.

La signora, sempre sbigottita, mormorò:

— Dove sei andato?

Ma Cesare rispose:

— Non hai dunque sentito nulla, tu?

La signora Tina rispose:

— Io, no.... dormiva.

— Non hai sentito nulla?

— No; ma che è stato dunque?

Cesare rispose:

— Sono stato svegliato da un grido.... pareva venisse di là, nella scala.

— Sei stato a vedere? – mormorò la signora tremando.

— Sì.... e non ho sentito più nulla.

— Forse avrai sognato.... – mormorò la giovane signora.

— Oh no.... è stato un grido terribile!

— Vieni a letto, vieni a letto, – si mise a gridare la povera signora Tina terrorizzata.

— Vengo subito, non aver paura, – mormorò Cesare.

E si cacciò sotto le coltri.

Ma egli tremava come una foglia: ed era tutto di ghiaccio.

— Che sarà mai stato? – mormorava.

— Avrai sognato, – badava a ripetere la signora Tina, vinta però suo malgrado da un misterioso terrore.

— Era un grido terribile, – ripetè Cesare, sempre turbato.

La signora Tina, stretta a suo marito, finì per addormentarsi.

Ma Cesare rimase tutto il resto della notte sveglio, agitato da uno strano fremito febbrile.

Il mattino dopo, all’alba, una forte scampanellata all’uscio del quartierino li fece sobbalzare, ambedue.

Cesare si vestì in fretta e corse ad aprire.

La scala era piena di gente.

Quando Cesare si presentò alla porta uno spettacolo orribile gli si fece alla vista.

Il signor Pompeo livido, spaventoso a vedersi, giaceva sgozzato sul pianerottolo.

Giaceva a mezzo fuori dell’uscio, in camicia: un’orribile ferita gli squarciava il collo; il sangue aveva invaso tutto il pianerottolo ed era colato giù per gli scalini, e lambiva la porta del quartierino di Cesare.

Egli retrocesse inorridito, pallido più del cadavere.

Il morto, con le braccia larghe, sozzo di sangue raggrumato e nerastro, il volto sollevato, gli occhi aperti e vitrei, pareva guardarlo con orribile fissità.

Dietro a lui veniva la signora Tina. A quello spettacolo ella non resse: mandò un grido straziante e cadde dietro riversa, svenuta.

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