IV.

— I ladri! – fu la voce unanime.

Difatti il signor Pompeo aveva fama di molto danaroso e avarissimo. La cassaforte fu trovata aperta e vuotata completamente.

Nessun dubbio era possibile: uno o più ladri si eran introdotti in casa del signor Pompeo, nel cuor della notte; lo avevano freddato, poi avevano svaligiato la cassa. Cesare, davanti al giudice, ripetè ciò che in quella notte tragica aveva detto alla moglie, cioè il grido che lo aveva svegliato e lo aveva riempiuto di terrore.

Furon fatte delle indagini: fu arrestata qualche persona sospetta; ma nulla approdò a qualcosa di decisivo: gli arrestati furon rilasciati, e sul delitto si distese, buio e impenetrabile, un fitto velo di mistero.

Però da quel giorno il terrore si fece padrone del gaio quartierino di Cesare Vanzetti.

La signora Tina fu presa da un folle terrore di stare sola, nelle ore in cui Cesare era in ufficio.

La notte poi tanto lei che Cesare non potevano più prendere sonno.

L’immagine spaventosa del morto signor Pompeo era in mezzo a loro; si agitava viva e tremenda in ogni angolo del gaio quartierino, già nido così lieto e ridente dei loro amori.

Nulla poteva scacciarla.

La signora Tina s'era fatta pallida e malaticcia: niente poteva richiamarla più alla serena giocondità della sua passata vita di sposina modesta ma amata e tranquilla.

Nemmeno quando Cesare, un venti giorni dopo il terribile fatto, venne un bel mattino a casa seguito da un fattorino che portava una scatola bianca ed elegante.

— Una sorpresa per te, – esclamò egli sorridendo.

E ne trasse fuori delicatamente, la sorpresa....

La Tina mandò appena un’esclamazione più di stupore che di gioia e di piacere.

Era il boa di martora! il magnifico boa la cui morbidezza aveva fatto sognare, in una non lontana sera di pace e di serenità, la bella signora.

La sposina lo palpò, lo accarezzò poi, all’improvviso, un pensiero le fe’ ritrarre sbigottita, quasi con ribrezzo, la mano.

Alzò gli occhi turbati in volto al marito.

Anche lui, contemporaneamente, era stato colpito dalla stessa idea.

— Il boa.... che avrebbero dovuto comprare con il regalo del signor Pompeo.

Rimasero ammutoliti e turbati ambedue.

Poi Cesare spiegò:

— Questa mattina il barone di E.... che si è fidanzato ha voluto lasciare un ricordo di questo giorno a tutti i suoi impiegati; e non ha dimenticato naturalmente anche me.

La signora Tina andò a riporre in un armadio il prezioso boa.

Però l'immagine del signor Pompeo – come per tutto il resto, ormai, là dentro – si unì da quel momento anche al boa.

Ogni qual volta la signora Tina se ne cingeva il collo sentiva come un vago ribrezzo serperle intorno, e la faccia spaventosa del signor Pompeo sgozzato le si presentava subito con la terribile evidenza di un incubo.

Tanto che quell’oggetto finì per aggiungere una causa di terrore ai tanti che già la tormentavano.

E Cesare dovette finire per decidersi di cambiar casa, onde fugare in qualche modo le ombre paurose che dopo il tragico fatto lo avevano invaso.

E il bel quartierino gaio e sereno, dove tante belle ore felici di amore eran trascorse, fu abbandonato in una triste giornata cupa e piovosa del marzo; e Cesare e la sua sposa si trasferirono in una grande casa dei nuovi quartieri.

Tanto più che ora le cose pareva andassero molto bene per lui; le entrate erano notevolmente aumentate, egli faceva regali costosi alla sua Tina per tenerla allegra e divagarla dai folli terrori che la turbavano; la portava spesso a fare gite in campagna, le fece fare qualche viaggetto, le comprò dei gioielli, e le mostrava il portafoglio guernito di bei biglietti che pochi mesi prima ancora pareva a loro un sogno possedere....

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