II.

La porta dello studio si aprì ed Elisa entrò.

Paolo la guardò perplesso un poco, poi alzatosi, accostò una poltroncina allo scrittoio.

Elisa si sedette.

— Paolo.... – mormorò.

E ristette pensosa. Pareva dubitosa e impacciata.

Paolo la guardava, in silenzio, attendendo.

La donna alzò il capo:

— Paolo, – rispose, – Cecilia non istà bene....

Una scorata sollecitudine velò il volto di Paolo.

— Lo so, – mormorò.

Ella lo guardò stupita e sgomenta.

Egli si era fatto cupo.

— Forse è il.... destino! – mormorò.

La sua bocca si era aperta per ben altra parola, che all’ultimo momento, in fretta, egli aveva cambiato in quella di «destino.»

La donna intese ed ebbe un fremito.

Chinò la testa e tacque.

Erano due anime lontane e disgiunte quelle due, in quel momento, di fronte.

Paolo guardava in volto la moglie e rivedeva....

Il suo intenso amore di un giorno: la freddezza, la suprema indifferenza di lei. La passione del suo cuore giovane e fidente: il gelo della sua anima chiusa per lui. La sua lotta accanita per vincere quel cuore inerte: l’ostinata crudezza di lei che vieppiù si ritraeva in se stessa, si chiudeva nel suo gelo, si allontanava da lui.

Egli si era dato a lei per amore – ella si era sposata a lui per odio, per rabbia, per vendetta.

Egli aveva creduto di trovare in lei la donna sognata, la compagna della vita, la moglie – ella in lui non aveva veduto che l’uomo che la doveva vendicare del disinganno dell’altro.

Giacchè egli non sapeva che sposando quella donna, egli prendeva il posto di un altro, leggiero, dimentico: il quale, dopo, doveva ritornare a lei, pentito, supplico, innamorato. Ma lei era onesta, fredda, superba e aveva respinto colui sdegnosamente.

Ma se la purezza in lei – altera – era rimasta immacolata, il cuore era pur restato chiuso, per sempre, anche al marito.

Tutto egli aveva tentato por convertirla, infiammarla della sua fiamma, vincerla al suo amore: invano.

Ella era stata di ghiaccio, per sempre.

Finchè egli, stanco, avvilito, disilluso, si era allontanato da lei. La grande misera fiamma d’amore anche nel suo cuore si era spenta.

Essi eran disuniti – nell’anima – per sempre.

Ma era nata Cecilia.... il gracile frutto di quell’amore senza luce.

Essa doveva essere il solo legame che li doveva tenere materialmente uniti.

Per essa, per essa sola, quei due dovevano vivere insieme, ormai, morti l’un per l’altro nel cuore, sposi concordi davanti a lei e al mondo.

Poichè Paolo amava pazzamente la bimba ed Elisa l’adorava.

La piccola Cecilia somigliava in modo sorprendente alla madre; e Paolo in quella esile creatura riprendeva l’amore ardente per colei che il suo cuore aveva dovuto obliare.

E la piccina contraccambiava l’amore del padre in modo commovente. Sino dai suoi primi anni ella pareva attratta misteriosamente verso il padre: tutto il suo piccolo affetto di bambinetta gracile e precoce era per lui.

Una misteriosa forza divina era discesa in lei, forse, per ricompensare il padre del grande vano amore d’un giorno andato perduto....

Verso la madre – stranamente – era fredda, riserbata, cattiva anche, talvolta.

Ed Elisa che l’adorava ne aveva sofferto crudelmente. Tutto aveva fatto per cancellare nella bimba la dolorosa minaccia....

Invano.

Poi aveva finito per piegare la testa sotto la triste condanna: il castigo....

— Cecilia non istà bene, – riprese Elisa pallida, rialzando gli occhi in volto al marito.

Paolo rifletteva.

— Il dottore nulla ha trovato in lei, – mormorò. – Un po’ anemica, molto gracile.... ha detto di stare molto in guardia durante lo sviluppo.... ma nulla di pericoloso, per ora, egli ha detto.

Elisa lo guardò.

— Ella non dorme quasi nulla, la notte, – mormorò.

Paolo si prese la testa fra le mani.

— Sospira sempre, – riprese la madre.

E continuò:

— Nulla l’alletta più, si stanca presto, è svogliata di tutto, è sempre triste; anche i suoi fiori.... essa non li ama più, come una volta.

Paolo ripetè:

— È malata, è malata.

— Sì, – fece eco la madre con voce spenta, – è malata.

E ripetè ancora più piano, come un soffio:

— Forse, molto malata.

— Paolo! – disse forte, ad un tratto.

Egli alzò la testa e la guardò.

— Nulla, – mormorò dopo poco, come sconcertata.

Un’idea turbinava nella sua mente, da qualche tempo, un’idea strana, affannosa ch’ella non sapeva se scacciare od accogliere.

Paolo la guardava sempre.

Quelle due anime – così lontane, sempre – si riunivano in quel momento per un attimo, nel pensiero della figlia.

Per una rapida trasmissione di pensiero l’idea strana, affannosa, che turbinava nella mente di Elisa passò come un rapido lampo luminoso in quella di Paolo.

— Ah!... – esclamò egli, colpito.

— Credi?... – mormorò Elisa, che sentiva, in quel momento, nella mente di Paolo.

— Forse, – disse Paolo profondamente.

E mormorò con un sospiro:

— Povera Cecilia!... povera anima!...

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