La grande seduta della “Patte noire”.

Arrivato a Parigi in un mattino di marzo, mi posi immediatamente nelle mani del mio giovane e brillante amico Gastone C., il quale doveva iniziarmi alla molteplice, intellettuale e.... raffinata civiltà della gran capitale.

E il raffinato «viveur» m’iniziò.... oh, se mi iniziò!...

Quindici giorni dopo io passeggiava per i «boulevards» con quell'aria tutta caratteristica dei «giovanotti» parigini («giovanotto» a Parigi indica la bella età dell’uomo che corre dai venti anni ai sessanta), vale a dire di vecchi fanciulli, stanchi e arzilli, cadenti e sempre pronti.... alla gran lotta della vita, profondamente annoiati e pur capaci di accendersi d’irrefrenabile entusiasmo pel gran «fatto del giorno» o di intensa curiosità davanti ad una vetrina colma di paradossali gingilli mai veduti, giunti dalle plaghe più transatlantiche del mondo.

Dal «salon» alla taverna, dalla bisca ai ritrovi più intellettuali; tutta quella maravigliosa vita scintillante, acre, varia, turbinosa, «pétillante», spumeggiante, profonda e leggera nello stesso tempo, ma sopratutto intensa e vivida, così nel suo splendore come nelle sue miserie, il mio amico Gastone me la fece passare davanti agli occhi avidi e stupiti e attraverso al cervello inebriato.

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Una mattina mentre stavo abbigliandomi, Gastone entrò, agile e gioviale, come al solito, nella mia camera.

Dopo qualche ciarla, quasi a bruciapelo, egli disse:

— Che opinione avete, amico mio, della capacità alcoolica del vostro ventricolo?

— Abbastanza buona – risposi. – E perchè tale dimanda?

— Oh! ve lo dico subito. Oggi prenderete parte con me ad una seduta: la più curiosa seduta fra le molte di tutti i generi: letterarie, scientifiche, diplomatiche, d’affari, di borsa, di spiritismo, che Parigi suol tenere ogni sera.

— Vi pare?...

— Sicuro, andremo insieme alla seduta della «Patte noire!» Veramente – riprese l'amico – dovrei dire «bevuta....» Ma ora vi spiegherò.

E dopo l'offerta da parte sua di una eccellente sigaretta:

— Si tratta – ripigliò Gastone – di una strana Società di bevitori, la quale tiene le sue ordinarie adunanze, una sera sì e l'altra no (nella sera di riposo si «dorme» sulla seduta precedente) in una sala apposita, riservata, fornita di speciali folti tappeti che sembrano materasse, della «Patte noire....» Una taverna, sapete, nient'altro che una taverna parigina come tante altre, là si beve.... si beve.... si beve!... Si giuoca a bere, o meglio ancora si lotta a bere. Chi beve di più è il vincitore; chi rimane indietro perde e paga, e prepara una nuova formidabile seduta.... L'alcool, là dentro, scorre a torrenti: la sala della «Patte noire» si trasforma in una fornace ardente; corrono vampe e fiamme.... Le vampe verdi dell'assenzio si fondono con quelle oro pallido dello «champagne» le spire d'oro ardente del «cognac» lottano con i nivei bagliori di certi spaventosi e cristallini liquori piovuti come una lava color di neve a incendiare Parigi....

— Dev'essere interessante ardere un'ora in questa bolgia del Dio alcool!...

— Meraviglioso. Naturalmente il vincitore della terribile gara non si addormenta sugli allori.... ma sui tappeti-materasse del pavimento, ove rotola come fulminato dopo la vittoria, e dove lo seguono quasi subito tutti gli altri valorosi suoi commilitoni.

— Questa sera sarò con voi – replicai infilando il mio braccio sotto quello di Gastone per uscire insieme.

— Ma quanto vi ho detto è nulla al paragone dello spettacolo cui assisterete. Questa sera infatti è annunciata una singolare sfida....

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Una sala comunissima quella della «Patte noire»: ve ne sono centomila di simili a Parigi, nelle «buvettes» d’ordine non troppo elevato. Al centro, pendente dall’alto, una lampada a gas a parecchie braccia, sistema Auer; intorno alla chiara luce le spire del fumo di tabacco turbinanti come strati di nebbia tarda e lenta in quell’ambiente saturo di emanazioni alcooliche.

Caratteristiche invece le figure dei bevitori appartenenti alla famosa lega che dovea quella sera tener seduta, non solo plenaria, ma solenne ed eccezionale, come vedremo.

Facce pallide, sparute, con gli occhi spenti sotto il livido marchio dell'assenzio; volti congestionati, dalle guancie rubiconde d’una grassezza floscia e malata, di formidabili beoni di vino; scheletri viventi, tutti occhi lucidi e naso paonazzo; omaccioni panciuti, veri otri di champagne, di Bordeaux ed altri vini più o meno eccitanti; cupi individui pallidi e serii, dallo sguardo fisso e invetrato di pazzi, futuri generatori di epilettici e di delinquenti per eredità.... Che ricca messe di osservazione per molti psichiatri e medici del mio paese!...

Tutte le categorie, i tipi, i soggetti più strani e disparati del beone e dell’alcoolista io osservavo entrare uno ad uno, silenziosi, accigliati, gravi come compresi dall’importanza della funzione che venivano a compiere.

Gastone me li accennava ad uno ad uno, offrendomi man mano, a bassa voce, le loro notizie caratteristiche più salienti, in rapporto al posto e al grado che nella famosa Società essi occupavano.

A un certo punto entrò un ometto piccino, rosso in volto, senza neppure un pelo di barba – una strana figura che rivedo ancora indimenticabilmente chiudendo gli occhi: – una bizzarra creatura tremante alquanto sulle gambe malferme, dalla testa e dalle orecchie di fauno, dagli occhi di satiro lagrimosi e lucenti....

— Il Presidente – mormorò Gastone al mio orecchio.

Quindi egli mi presentò come uno straniero desideroso di assistere alle adunanze, ma «degno....»

L’aggettivo mi valse le strette di mano silenziose e più o meno vigorose di tutti i nobili seguaci del Dio, ivi presenti.

Fu a questo punto che entrò un nuovo personaggio – evidentemente atteso – perchè tutti si volsero a lui, con grande curiosità e in silenzio.

Era un giovane alto, magro, snello, dalla barbetta a punta e dagli occhiali lucenti sul naso: una strana figura tra lo scienziato mondano, il mago, il filosofo, il «boèmien», il poeta decadente e il filantropo.

Egli si appressò al Presidente, al quale strinse ripetutamente e con forza la mano, sì da costringerlo a fare delle smorfie.

Quindi il Presidente, dopo aver presentato con un gesto generale il nuovo venuto ai presenti, noi compresi, così prese a parlare:

— Signori, eccovi il campione che intende provarsi e cimentarsi con noi. Egli è convinto di debellarci tutti senza alcuna difficoltà e ha dichiarato che nessuno ha mai resistito davanti a lui.... A voi, signori, provare a questo signore che i soci della «Patte noire» sono i più formidabili bevitori del mondo!

Alcune voci di approvazione si levarono qua e là fra la massa dei soci.

— All’opera signori – gridò il Presidente.

— Un momento, signor Presidente – disse con tutta amabilità lo strano campione – se non vi dispiace vorrei prima di cominciare la sfida conoscere personalmente, uno per uno, tutti i miei competitori.

E presentato dal Presidente, ogni socio fu avvicinato dal nostro tipo, il quale a tutti strinse con energia la mano, noi due compresi.

Quindi il Presidente fece cenno ai suoi colleghi di prender posto intorno all'ampia tavola rotonda, vecchio altare dei sacrifizi al Dio.

Lo sfidatore fu posto nel mezzo, di fronte al Presidente.

Quattro garzoni in giubba nera, attendevano silenziosamente gli ordini per recare le formidabili armi del combattimento....

Ma lo sfidatore, con un gesto molto amabile, disse:

— Se questi signori mi permettono, io chiederò loro di iniziare la sfida con una piccola prova, che chiamerò preliminare. Ciascuno di noi si farà servire un bicchierino di «cognac....» uno solo.... Io voglio mostrar loro – o anche imparare, se sarà il caso – soggiunse modestamente – l’abilità necessaria a ben trangugiare il bicchierino di questo geniale liquore....

Il Presidente assentì. Ogni socio ebbe tosto davanti a sè un piccolo bicchiere colmo di cognac....

— Prego questi signori di berlo alla mia salute – gridò lo sfidatore.

E alzò pel primo la minuscola tazza. Tutti fecero lo stesso.... Ma cos’è mai? Giunto all’altezza delle labbra ogni bicchierino rimane immobile. Una forza misteriosa sembra impedire al liquore di penetrare nella bocca: un senso invincibile di nausea, di repugnanza, di fastidio prende tutti quei famosi bevitori al solo effluvio del liquore.... Io stesso non riesco ad assaggiarne una gocciola: una stilla mi cade sulla lingua e provo un bruciore, un senso di disgusto infinito e irresistibile: allontano con forza e istintivamente il bicchierino versandone in parte, nell’atto improvviso, il contenuto sulla tavola....

Volgo uno sguardo all’intorno. Tutti i bicchierini sono ancora pieni: alcuni si sforzano d’inghiottire il liquore, ma sono costretti con una smorfia irresistibile a ricacciarlo fuori, a sputarlo, a respingere il bicchiere....

Il Presidente – il famoso Presidente, il più celebre alcoolista di Parigi e forse di Europa – fa anche lui sforzi inauditi, titanici, per ingoiare il suo.... Invano. Egli non può. Una forza magnetica, a cui è inutile resistere e ribellarsi, si è impossessata di lui.... e lo costringe ineluttabilmente ad allontanare da sè il miserabile cognac.

Egli scaglia lontano da sè con una bestemmia il vetro....

Lo sfidatore intanto, calmo, impassibile, con un sottile sorriso sulle labbra, sopra la barbetta nera, osserva in silenzio la scena.

Quindi avvicinando alle labbra il suo bicchierino ancora colmo, esclama:

— Alla vostra salute, Signori!

E ingoia d’un fiato il cognac.

Un clamore confuso di voci, di urla, di bestemmie, di esclamazioni bizzarre si alza intorno alla tavola.

— Ci ha stregati.

— È ipnotismo.

— Siamo suggestionati.

— È un prestidigitatore.

— Un mago.

— Una burletta!

— Non è cognac, questo.... chissà che razza di diavoleria ci hanno dato!

Lo sfidatore, lasciata calmare in silenzio la tempesta, alzò la mano, in atto di chiedere ascolto, e ottenutolo, cosi parlò:

— Niente affatto, signori. La cosa è semplicissima. Io vi ho semplicemente inoculati....

— Come? come? – si gridò d’intorno.

— Sì, o signori. La mia missione, sopra voi, e sopra quanti altri vi hanno assomigliato e, pur troppo, ancora vi assomigliano, è eminentemente umanitaria e morale: io distruggo in voi il morbo dell’alcoolismo con lo stesso metodo che la scienza moderna ha insegnato al medico per guarire e per immunizzare da altri morbi quanto il vostro terribili e perniciosi. Voglio dire inoculandovi un siero che distrugge il morbo, che lo annichilisce e lo uccide....

Lo sfidatore alzò la mano e mostro un grosso anello che aveva in dito.

— Voi avrete notato le mie vigorose strette di mano. Signori, questo anello altro non è che una minuscola siringa da iniezioni: la cosa non è nuova, la trovata non è mia, la storia vi parla di celebri principi che iniettavano in tal modo il veleno a chi piaceva loro far scomparire dal mondo.... Io invece, tutto preso dalla mia missione pacifica e umanitaria, adopero il mio classico anello per ben altro scopo, come avete potuto vedere.

Lo sfidatore – seguitiamo a chiamarlo così – si fermò un istante dal parlare, guardò in volto i soci della «Patte noire», tutti smarriti e confusi, quindi esclamò alzandosi:

— Signori, la mia missione è finita! Voi siete salvi. Voi siete guariti ormai da una delle più terribili degenerazioni moderne; l’alcoolismo. Vi ho restituiti alla vita; alla vita sana e operosa, e con voi i vostri figli, destinati altrimenti all’epilessia, al manicomio, all’ergastolo.... Signori, ho finito e vi saluto.

Nessuno rispose. Uno solo esclamò con voce lacrimosa:

— Non possiamo più neppur bere alla salute del nostro.... salvatore, come dice lui!...

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Giorni fa, scorrendo i giornali mi cadde sott’occhi il seguente articoletto, che non sarà certamente sfuggito neppure ai miei sagaci lettori:

«All’accademia di medicina di Parigi venne tenuta ieri una conferenza sopra un tema curioso e interessante.

I dottori Sappellier e Thébault annunziarono ufficialmente alla dotta assemblea di avere scoperto ed esperimentato in collaborazione col farmacista Broca, un siero contro l'alcoolismo.

Questo siero, estratto dalle vene di un cavallo artificialmente alcoolizzato, sarebbe, a quanto dicesi, di una efficacia talmente forte da inspirare agli alcoolici un invincibile disgusto per le bevande alcooliche.

Venne subito nominata una commissione speciale per controllare le affermazioni dei signori Sappellier, Thébault e Broca, i quali invocano in loro appoggio un certo numero di esperimenti».

Questa notizia mi richiamò in mente il curiosissimo fatto avvenutomi l'inverno scorso a Parigi e che ho testè finito di raccontarvi.

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