II.

E intanto, in quello stesso momento, in una tiepida saletta di un elegantissimo e molto – troppo – profumato quartierino della stessa città, un certo giovanotto magro, dalla zazzera e dagli abiti puro bohèmien, ridendo nervosamente e ammiccando gli occhi inquieti e affondati di vizioso e di vecchio precoce, diceva ad una graziosa ma troppo bionda donnina:

— Dunque, sorellina, hanno tormentato anche te, non è vero?...

La donnina s’era alzata spaventata.

— Taci, per carità, non ti fare sentire!

E corse a chiudere le porte.

Poi mormorò, fremendo ancora, sotto la troppo ampia e fluttuante vestaglia:

— Ne ho ancora tanta paura!

L’altro sorrise e accese una sigaretta.

— Ti hanno frugata tutta, non è vero?

— Tutta – gridò la donnina, indignata, battendo il piede.

E scagliò il pugno contro un nemico lontano per fortuna in quel momento, ma, lo si vedeva, molto odiato e cordialmente.

— Lasciali fare – borbottò il fratello – lasciali. Il tesoro è con noi: e non scappa!

E si lasciò cadere lungo disteso sopra una delle poltroncine di seta che scricchiolò sotto l’urto villano.

— Ah! – mormorò egli con un grande respiro – ah! finalmente! Eccola in mano nostra questa fortuna, questa ricchezza, questo oro maledetto che tanti uomini – io pel primo – e tante donne – tu per la prima – ha fatto, e farà, piangere e delirare e scoppiare mille volte!...

E riprese:

— Siamo ricchi finalmente! Ricchi! Oh che bella parola! E dopo tante fatiche io e.... te, per raggiungerla, questa felicità, senza riuscirvi mai un cavolo! Eccoci arrivati, finalmente e per chi? per merito mio! Nega se lo puoi.

— Sì, ma parla piano – mormorò la sorella.

— Ma chi vuoi che ci senta? I muri forse?

— Non so, ho paura di tutto.

— Sei una sciocca.

— Eh, chi lo sa!

— Sei una sciocca, ti ripeto! Se non era per me tu te lo lasciavi portar via con il tesoro in tasca. Bella cosa sarebbe stata! Io, invece l’uomo dalle idee brillanti e di genio – io, subito, appena l’ho veduto dirigersi al gran viaggio dell'al di là: «facciamogli una visitina alle tasche?... un ricordino, via, un ricordino solo, lo avrà bene, per lasciare agli amici che abbandona per sempre! Gli amici che lo hanno tenuto tanto allegro!» Tu ti sei messa a gridare come un’oca che avevi paura! Hai sempre paura, tu! Benedette donne!

— Parla piano.

— E io, giù!... Una tastatina ai bassi fondi.... sociali, cioè alle tasche dei signori, dei ricchi. Una, due, tre! io era uno straccione! ed eccomi milionario.... o quasi.

— Parla piano, ti ripeto.

— Sono pazzo di gioia, questa volta! E non sono ubbriaco!... Dove sei dunque, o mio bel tesoro? come si canta non so più dove. Vediamo, esci alla luce! mostrati rutilante di future delizie, di gemme e di.... bei biglietti da mille!

E così dicendo il triste giovane si tolse una spilletta dalla cravatta, una spilletta d'oro, nel cavo del cui gambo, finissimamente attorcigliato era il sottile chèque della Banca di Francia che rappresentava la fortuna pianta dai due eredi del morto signore che conosciamo.

— Guardalo, sorellina, guardalo come ci osserva! come ci ammicca! come ci sorride, c’invita, ci lusinga! Fa concorrenza ai tuoi occhi superbi, o mia bella germana! Ma guardalo, dunque....

— Taci.... ho paura.

— E dalli con questa paura! di che hai paura dunque? di essere ricca, una volta?... Sei ben sciocca!

— Non so, non comprendo... ma ho paura.

— Del resto se non la vuoi, tu, la fortuna.... se ti fa paura, come dici.... peggio per te! Lasciala tutta a me. Non dubitare che a me non pesano i bei biglietti da mille!... A me non fa paura quest’oro che ho cacciato tanto, sempre e.... invano!

La sorella pareva pensosa.

— Ed ora che cosa conti di fare?

— Mah! prima di tutto lasciar passare alcuni mesi. Per non cader nel laccio, capisci. Poi si fa un bel viaggetto.... si va a Parigi, alla Banca di Francia.... si riscuote....

— Mi sembri troppo sicuro del fatto tuo, tu.

— O bella! maggior sicurezza di quest’amabile fogliettino che tengo deliziosamente in mano! Dove vorresti trovarne l’eguale?...

— Speriamo.

— Rimettiamolo nella sua custodia! Non si sa mai! – e così dicendo il mariuolo rimetteva lo chèque nella sottile sua guaina d’oro. – Mi facevano ridere ieri, que’ due importanti personaggi, il signor Prefetto – ha una bella barba, però! – e il suo riverito scagnozzo! Erano intorno al tavolo – un gran tavolone verde – e mi tenevano fitti gli occhi addosso. Speravano di farmi impappinare, come quegl’infelici piccoli borsaiuoli coi quali sono usi a trattare ogni giorno! E io impavido. Sono stato superbo: grande – lo sento da me. E mentr’essi mi fissavano con quegli occhi che mi trapanavano quasi per cercar di frugarmi dentro, io me la rideva di cuore. «L’ho qua, l’ho qua, scimmiotti» mi veniva voglia di gridare «l'ho qua, a due dita dal vostro naso e dal vostro illustre cervello! Allungate una mano ed è in vostro potere! Ebbene, no, non potete, vi sfido, trovatelo se potete!...»

— Per carità, caro mio, non ti esaltare così!...

— Sono ebbro, alcoolizzato di gioia, ti dico, sorellina bella! – gridò il mariuolo ridendo.

— Ed io sono stanca, ho sonno – mormorò la donnina stirando le braccia.

— Questo può essere vero.... e lo comprendo – mormorò il triste fratello – dopo tutte le commozioni della giornata!

— Ho sonno – ripetè la donna – va a dormire.

Il fratello si alzò e le fe’ un burlesco inchino.

— Ti ubbidisco.

E continuò:

— E approfitto con entusiasmo del soffice letto che la tua generosità e la tua.... paura t'hanno spinta a mettere a disposizione d’un fratellino prezioso come quello che tu hai ora dinanzi tutto a tua disposizione.

Giacchè la galante sorella, turbata dopo la tragica morte in casa sua del vecchio amico, aveva pregato il fratello di lasciare per alcune notti l’artistica sua soffitta per venire a tenerle compagnia, nel frattempo che cercava un nuovo alloggio che le facesse dimenticare il lugubre dramma di quei giorni.

E pochi minuti dopo, mentre la sorella si gettava, affranta veramente dalle varie commozioni della giornata, sul suo letto, il pittore mancato si sdraiava con delizia e voluttà sopra il morbido letticciuolo che la buona Mary, la cameriera della sorella, gli aveva allestito nell’anticamera.

— Il colpo è fatto! – andava mormorando mentre assaporava il dolce tepore e la morbidezza delle materassine finissime – ormai eccomi gran signore! Il mio sogno d'artista e di viveur! Ah!

E preso tutto dalla strana irrequietezza che da sei giorni lo teneva tutto eccitato e fremente, si ravvoltolava sotto le coperte, e il suo cervello mulinava:

— Ricco! ricco!... Ah! che bella cosa!... E pensare che quel bel figuro di Sua Eccellenza il signor Prefetto.... Ah, io scoppiava davvero! Sì, a due dita dal suo naso.... lo chèque.... lo chèque famoso.... il tesoro.... la ricchezza.... l'avvenire.... a due sole dita! Ah, caro signore, io vi vedeva agitato, turbato, anelante, perchè vi sentivate disarmato contro di me.... il vero padrone del tesoro.... o non potevate, nè lo potete, far nulla!... Mentre bastava per voi allungare la mano.... tac! acciuffare questa spilletta d’oro!... Ma no, non immaginerete mai, mai, com’era facile, com’era vicina, come....

E il cervello eccitato del triste soggetto si ostinava malgrado, con istrana fissità, sopra questo pensiero.

E lentamente – nella stanchezza del corpo stracco per l'irrequietezza nervosa di tanti giorni – quest’idea della semplicità con la quale era riuscito a celare e a rendere impossibile la scoperta dello chèque rubato al Prefetto, prese quasi l’apparenza di un sogno, di un leggero incubo affannoso, che aveva qualcosa di bizzarro, di nuovo, di morboso....

Ad un tratto la testa gli cadde di peso, affondata nei guanciali.

Dormiva.

Un sonno profondo, strano, catalettico, quasi.

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