XI

Quando Leone uscì dalla scuderia con Mauro e Ninfa, la cavallina di Silvia, ambedue sellati, il primo raggio batteva, in alto, su le estreme vette degli alberi.

Avea piovuto ne la notte e l’aria che venìa dal parco era tutta frizzante di freschissimi aromi.

Piero che attendea Leone osservò bene i due cavalli, se nulla mancava o fallava alla loro sellatura, quindi si fece sotto il Castello.

— Silvia! – chiamò egli.

— Pronta – rispose da l’alto la sorella.

Il vecchio Domenico assisteva alla partenza. Egli, forte de l’autorità che gli davan i suoi vecchi anni, si permise dare qualche prudente consiglio alla padroncina sulle bizze di Ninfa...

— Oh, non temere, Domenico – disse Piero ridendo – sotto il vigile occhio di un vecchio cavalleggere pari mio Ninfa sarà molto docile, te lo prometto...

Mauro, intanto, alta la intelligente bellissima testa, beveva fremente la fresca brezza mattinale, anelando una buona corsa.

Aiutata da Piero, che a mo’ dei cavalieri antichi le porse il ginocchio per montare, Silvia fu d’un balzo in sella.

— Addio, Domenico – gridarono i due giovani, a stento frenando i due impazientissimi cavalli.

E via.

Il parco si svegliava in quel momento. Veniva da sotto le verdi volte, rinfrescate dalla pioggia della notte, una freschissima aura primaverile. La campagna arsa del luglio, risvegliata ora da l’acqua ristoratrice, effondeva tutta, al primo raggio del sole, le sue fragranze pure. I muschi vellutati, le zolle, le foglie lavate, tutto riviveva, verdissimo, dopo l’umido bacio vivificatore.

Piero e Silvia aspiravan intensamente la dolce ebbrezza della purissima ora mattinale.

Essi avean convegno con i due giovani Aldobrazzi alla Cappella del Santo.

Diressero colà i loro cavalli. E videro che Andrea li avea preceduti, sul suo nero cavallone: un buon bestione colossale; il grande amore del forte ragazzo.

Da lì a poco s’udì un frascheggiare nel bosco.

— Eccoli! – gridò Andrea ch’era alla vedetta.

Comparve prima, tra il verde, Fiora.

Fiora, magnifica nell’amazzone color nocciola: fiera figuretta ardita, dallo scudiscio levato in alto a frustare le fronde insolenti che le sfioravan il volto troppo ruvidamente; sopra Fata, la nervosissima sua cavallina.

Vico veniva dietro.

Come stracca la grama figura del giovane principe dopo la magnifica visioncina della sorella!...

Fiora fendè l’aria con lo scudiscio, facendo spiccare un salto a Fata spaurita, e sguisciò a terra.

— State attenta, Fiora – disse Piero, accarezzando Fata che con l’occhio acceso fremeva tutta ancora.

Oh, je ne crains pas le peril – canterellò Fiora, ritta sulla porta della Cappella.

Vico intanto era tutto per Silvia.

Fiora chiamò:

— Sentite, Piero, venite quà...

E preso per mano Piero lo condusse nella Cappella. S’inginocchiò sul bianco gradino, come già altra volta avea fatto Silvia. E sempre tenendo nelle sue manine guantate d’amazzone la mano di Piero l’obbligò a inginocchiarsi presso di lei.

— Era un vostro antenato non è vero, questo Santo? – fece ella.

— Sì – mormorò Piero.

— Bene, pregatelo che mi abbia sotto la sua protezione... perch’io sento che sono veramente in un terribile periglio.

E cinta con le due mani la testa del giovane lo baciò sulla bocca.

— Che pazza siete mai, Fiora! – disse Piero, alzandosi dal pericoloso abbraccio e ridendo suo malgrado.

Ma la folle principessina saltellante era già fuori della Cappella.

— In sella, in sella! – gridò essa.

In un momento tutti furon pronti per la partenza.

Andrea, sopra il suo cavallone, apriva la cavalcata. Egli che conosceva ogni andito del parco, ogni viottolo scosceso, ogni valico d’acque correnti, era veramente un’utilissima guida. Vico e Silvia venivan dopo; Piero e Fiora ultimi.

Piero osservava Silvia a fianco di Vico.

Come era deliziosa la soave figuretta!

Ella, volta verso il giovane, spiccava purissima sul fondo oscuro del parco. Ninfa, l’elegante cavallina, con il passo eguale e cadenzato, imprimeva un armonioso movimento, pieno di grazia e di strano fascino, a tutta la meravigliosa figura.

A un tratto Fata, la cavalla di Fiora, ch’era a lato di Piero, spiccò un salto e prese il galoppo. Passò rapida avanti agli altri e, fatta una improvvisa voltata a destra, prese pel fitto del bosco. Piero, pensando ad uno scherzo improvviso di Fata, spronò Mauro dietro alla cavallina che volava, le redini sul collo anelante. Egli gridò a Fiora di trattenere la cavalla, in quel luogo pericolosissimo, sparso di tronchi atterrati, di cespugli, di buche... Ma Fata, folle, divorava il terreno: saltava tronchi e fossi, e Fiora non pareva darsi intesa del serio pericolo che correva. Mauro eccitato anche lui, faceva sforzi poderosi per liberarsi dalla mano sicura di Piero e abbandonarsi libero e ardente anche lui alla corsa sfrenata, dietro la cavallina fuggente. A un punto questa, madida di sudore, prese su per una breve erta e Piero la seguì.

Fiora arrestò quivi la cavalla e si lasciò scivolare a terra, accesa in volto, ansante. Fata, piena di spuma e molle di sudore, tremava tutta, davanti a lei.

— Bello, bello! – diceva Fiora, ancora ansante, seduta sull’erba.

Piero era occupato a slacciare il morso a Fata, sanguinante alla bocca.

— Del resto – riprese Fiora – bisogna proprio rapirvi così, voi!...

Ma Piero appariva inquieto.

— Èmeglio scendere giù, Fiora... tranquillizzare Vico... e Silvia... che saranno in pena per voi.

Fiora dette in una risata.

— Oh, non temete! Vico e Silvia stan meglio così, credete a me, senza di noi.

Piero si rabbuiò.

— Ma ditemi un poco – disse Fiora ironica – siete forse geloso di vostra sorella?

— Che cosa dite mai, Fiora?

— Sareste innamorato di vostra sorella, voi?

— Siete pazza, Fiora!

— Bene, allora, lasciateli un poco tranquilli. Dopo tutto, non temete, vi è Andrea.

E Fiora dette di nuovo in una delle sue folleggianti risate.

Poi a voce più bassa:

— Sentite: può essere anche che Vico avesse qualcosa da dire a vostra sorella... e potrebbe perciò essere che Fata abbia preso il suo pazzo volo sin qui, appunto per questo... non vi sembra?

E soggiunse ridendo:

— E noi non abbiamo proprio nulla da dirci, o eterno musone?...

La sera, nel saloncino, Piero seppe che Vico aveva parlato di amore a Silvia e che le aveva accennato ad una sua «vecchia e cara idea» che avrebbe mutato, in quei giorni, in realtà.

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