XII.

Don Paolo, chiamato a sè Piero nello studio, gli disse subito che il mattino il Principe Aldobrazzi gli aveva fatto l’onore di chiedergli la mano di Silvia pel figliuolo.

Piero non rispose subito.

Egli attendeva ciò: però non credeva che Vico avesse tanto affrettato.

— Mi sembra – continuò il conte – una cosa molto conveniente e anche molto lusinghiera per la nostra casa... in ispecial modo, ahimè! date tante ragioni e certe condizioni... Tu mi comprendi, Piero!

Don Paolo continuò:

— È un onore per casa Sergio e anche un pochino... una riabilitazione – e si fermò alla frase dolorosa.

Piero abbassò il capo.

— A Roma... nel tuo mondo... si parlerà molto di questo lieto avvenimento.. Casa Aldobrazzi è molto altera delle sue tradizioni... e una Sergio non potrà che camminare a testa molto alta al fianco del giovane principe Vico Aldobrazzi.

Seguì un breve silenzio.

— Che ne dice Silvia? – chiese Piero.

— Ma... tua sorella, lo sai, è ancora un poco bambina... – rispose il padre, alquanto imbarazzato.

— Ma che ne dice Silvia? – ripetè Piero, fermamente.

— Sai, non era preparata...

— Silvia è contraria – confermò Piero.

— Non ha avuto tempo di riflettere, Piero.

— Oh, padre mio. Silvia sa ciò che pensa... e da molto tempo!

— Lo so, questo, Piero: tua sorella è molto sennata: ma questa volta, converrai, avrebbe torto ad opporsi...

Piero alzò lo sguardo in volto a suo padre e disse fermamente:

— Silvia ha ragione, padre mio.

Don Paolo corrugò la fronte.

— Perchè dici cotesto, Piero?

— Voi non conoscete Vico, padre mio!

— Ebbene?

— Voi non lo conoscete, come io lo conosco. È un vizioso, un cinico: un essere vissuto sino ad oggi ne l’orgia sfrenata...

Don Paolo, sorpreso, guardò il figlio. Era Piero che parlava in tal modo!

— Egli è indegno di Silvia... che è un angiolo – continuò Piero.

Don Paolo tacque.

— Io non posso pensare a mia sorella tra le braccia di colui! E non posso credere che a voi, padre mio, passi neppur per la mente di costringere in alcun modo Silvia, angiolo di purezza e di candore, al fianco di quel corrotto libertino...

E Piero prese a passeggiare concitato per lo studiolo quieto.

— Vico è innamorato... lo vedi – riprese a dire il conte – ed è sincero. E questo amore, nato qui, nella purezza della campagna, e non da ora, giacchè Vico conosce Silvia da bambina...

— Comprendo adesso – notò Piero sarcastico – le attenzioni che mi usava Vico, in altri giorni... tra un trionfo e l’altro della nostra vita scapigliata...

— Questo amore, io diceva – ripigliò il padre – questo amore sincero, farà mutare i suoi sentimenti...

— Lo credete, padre mio? Questo amore che voi dite altro non è che un capriccio di libertino sazio... eccitato dal fascino della purezza, ch’ei non conosce ancora...

— Ma tu esageri, Piero.

— È così, padre mio.

— E io che aveva pensato... – notò il padre a voce bassa.

— Che cosa, padre mio?

— Ma... di ricorrere a te, precisamente, per convincere Silvia. Io faceva assegnamento su la grande influenza che tu hai sopra tua sorella... Tu l’avresti convinta...

— A imbrattarsi tra le braccia di Vico? Giammai, padre mio.

Piero disse ciò con voce ferma, convinto, guardando in volto il padre.

— Pensa Piero, a quello che fai! – disse don Paolo, pensoso.

— Silvia non può, non deve sposare Vico – riprese Piero veemente – un essere abbietto, corrotto: il mio compagno di orgie...

— Siete tutti così, voi, ora!... Ma quello che tu dici, Piero, è esagerato, ti ripeto: ed io non ti comprendo!

— Vi ripeto, padre mio: Silvia è troppo in alto per un essere simile...

Don Paolo si prese la testa fra le mani non sapendo che pensare.

— E voi ci aiuterete, padre mio – disse Piero dolcemente – a che questo non avvenga, mai.

Don Paolo guardò smarrito il figliuolo.

Questi comprese.

Non era lui il solo padrone, in casa Sergio. Ben altra potenza esisteva là dentro!

E Piero pensando alla madre rabbrividì.

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