XIII.

Era molto pallida e sbattuta Silvia quando uscì dalla camera della madre. Era stata molto, troppo, la fanciulla là dentro, con la madre, sola. E Piero l’avea attesa inquieto, nel saloncino vuoto e triste. E non appena la sorella apparve sul vano della porta, bianca, gelida, smarrita egli tutto comprese. Lo sapeva pur bene! Era inutile lottare con la madre.

Silvia si appoggiò al fratello.

— Oh Piero! – susurrò – è stato inutile, tutto inutile...

— Lo sapevo – mormorò Piero, sordamente.

— Pensa, Piero, che è stata lei, lei a combinar tutto – continuò tremante la giovinetta – lei!... come vogliam noi che ella pensi ora a distrugger l’opera sua...

— E te lo ha ben detto, essa, questo, no?

— Oh, Piero...

E Silvia si abbandonò quasi inerte fra le braccia di Piero.

E ruppe in lacrime.

Ella piangeva, così, silenziosa: e le lacrime dolorosissime cadevan libere giù pel volto.

E Piero sentiva fremere sopra il suo petto il corpo della giovinetta sorella, mentre la sua testa bruna cadeva sul suo seno, inerte.

Egli l’avea così tutta fra le braccia, la cara creatura adorata.

Lo stesso dolore li univa: l’arcano, il misterioso dolore che ancor non avean saputo comprendere...

Un impeto di folle tenerezza prese il fratello.

Chinò il volto a baciare la dolorosa testa perduta sul suo petto; la baciò sul volto, la strinse tutta pazzamente contro di sè.

— No – mormorò veemente – no, tu non sarai di Vico... mai, mai, mai... oh, Silvia!

La giovinetta presa dall’istesso impeto, accesa del medesimo fuoco, inconscia, ricambiò, sotto le lacrime, i baci, si avvinghiò vieppiù al fratello...

Ma ad un tratto ristette.

Come uno stupore la colse.

Un mortale pallore velò il suo volto.

Si svincolò dall’abbraccio: si scostò alquanto. Quando alzò il volto un fiotto di sangue l’avea fatto di fuoco.

Qual rapido turbamento?... quale improvvisa rivelazione?...

Silvia restò così, immota, smarrita, tremante davanti al fratello.

E anche Piero colpito, turbato, accasciato dalla stessa idea, rimase immoto, in mezzo al saloncino triste, davanti alla sorella, senza una parola.

La rivide più tardi.

Veniva dal parco. Era pallida ma sicura in volto. E sorrise dolcemente al fratello.

— Sono stata dal Santo, Piero.

Piero la interrogò con lo sguardo.

— Oh, Piero! Il Santo mi ha risposto...

Silvia disse questo pianamente, molto soavemente: una grande calma, come una vaga gioia era quasi nella sua voce.

Ella prese il braccio del fratello e continuò:

— Ho pregato a lungo, sai?... Se tu sapessi quante cose mi ha detto, il Santo!

Piero ascoltava, indeciso, non sapendo...

— Senti, Piero. Oh! io comprendo ormai la parola del Santo... Egli è abituato a parlare alla mia anima da tanto tempo!... Ascoltami, Piero.

Silvia condusse Piero verso un angolo del giardino, sotto un grande oleandro in fiore.

— Io non posso unirmi a Vico... – cominciò, convinta, la giovinetta.

E a voce più bassa, quasi un soffio aggiunse:

— Nè ad altri.

Piero lievemente fremette.

— Il Santo mi ha suggerito... Io debbo imitar lui, Piero.

— Che intendi tu dire? – domandò Piero turbato.

— Mi farò monaca – disse con dolcezza Silvia.

Piero la fisò.

Una rapida tempesta di affetti tumultuò nel suo cuore. La sua mente si dibattè un istante smarrita in quel rapido vortice doloroso. Si prese la testa fra le mani e stette cosi alcun tempo.

— Senti, Silvia – disse alfine – aspetta. Lascia ancora ch’io parli a nostra madre, dopo... vedrai...

— Tu vuoi parlare alla mamma? – chiese Silvia con la dolce sua voce accorata.

— So, Silvia... ciò che pensi, tu. Ma lascia che io provi...

La sorella gli porse la mano, ch’egli baciò con tenerezza e a lungo, in silenzio.

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