IV.

Fu la sera di quell'istesso giorno che il vecchio Savello salì su alla Direzione e ottenuto il permesso di entrare si avanzò sino ad Andrea e gli si gettò ai piedi.

Andrea, turbato, cercò di rialzarlo.

– Ma cosa fate? via, dunque, Savello, alzatevi!

– No, – gemeva il vecchio, china la bianca testa davanti al padrone, – no, questo è il mio posto: io vi debbo chiedere scusa, non per me, ma voi sapete per chi.... per qualcuno che non oso nominare.

Andrea, a forza, sollevò il vecchio operaio.

– Perdono, perdono! – seguitava a gemere il Savello.

Era un'alta e poderosa figura di operaio. La mano callosa, ora da molti anni usa alla penna degli uffici, mostrava però che in altri, e per molto tempo, aveva maneggiato il ferro del semplice lavoratore.... Anche il collo nudo, che non si era mai saputo assoggettare alla tirannia di un colletto qualsiasi, mostrava la vigoria e la turgidezza dell'operaio. Andrea gli porse la mano.

– Datemi la vostra, – mormorò egli, – e siate altero: la vostra mano è quella di un galantuomo.... e tutti possono sempre stringerla.

Il volto del vecchio Savello si animò e un lampo passò nel suo sguardo.

– Ah, questo sì! – esclamò; – questa mano è pura.... come la vostra, padrone! e potete stringerla senza paura ! È lui.... colui.... ch'io non oso chiamare mio figlio.... che è indegno d'essere ricordato qua dentro.... davanti a voi.

– Lasciate, Savello, lasciate.... non pensatevi più, – mormorò Andrea.

– No, padrone, lasciatemi dire. Dopo quanto avete fatto per me.... e per lui! Sento qualcosa qui nella strozza e nel cervello!... Ma c'è una cosa che non posso capire, che non posso mandar giù.... c'è un pensiero che mi avvelena, che mi ammazza!...

Il vecchio Savello si fermò: ansava; si vedeva che soffriva realmente.

– Calmatevi, – mormorò Andrea, scosso suo malgrado.

– C'è un pensiero che mi ammazza, vi dico.... che non mi vuol andare giù. Io sono sempre stato onesto, io! Queste mani, lo avete detto voi, padrone! – sono pulite, oneste, leali. Ogni galantuomo le può stringere con sicurezza! Io sono onesto, io! Io non sono mai stato ladro, io!... Come ha potuto venire da me, un.... farabutto, un ladro dunque?...

– Tacete, Savello, – mormorò Andrea.

E abbassò gli occhi irresistibilmente costretto, davanti a quel vecchio, alto dinanzi a lui.

– Ah, padrone! Mia moglie, quella povera disgraziata al par di me, piange da sei giorni. Non fa che piangere! Da dove è venuto questo figliuolo?... Come s'è generata dal mio sangue questa triste creatura che ci avvelena la vita?... Ditelo voi, padrone, se potete!

Il vecchio, pallido, eretto davanti ad Andrea, lo guardava, terribile, quasi, nella passione, nella vergogna, nell'ira che lo animava in quel momento. Grosse lagrime colavano dalle sue guancie e stringeva i pugni, quasi per colpire il fato che aveva dato a lui, uomo onesto e laborioso, un figlio ladro e colpevole.

– Calmatevi, Savello, – ripetè Andrea, a stento nascondendo il suo turbamento.

–Io sono onesto, io! – ripeteva Savello esasperato.

Andrea alzò gli occhi su quel volto che il dolore trasfigurava.

"Ah no, povero vecchio, – gli gridava in quel momento il suo cuore e la sua coscienza, – ah no, povero vecchio! Rassicurati, ritorna calmo, e sereno, e tranquillo. Tu sei onesto e buono, e leale, e laborioso! E da te non potevan che provenire creature buone, oneste, leali, laboriose, come te. Il tuo sangue, sano e puro, non poteva che generare esseri sani e buoni. Sono io – miserabile e ladro – sono io che ti ho cacciato fra' piedi, ancora una volta falso, e per tutta la vita, un essere basso, abbietto, infame come me! Io generatore di ladri a me somiglianti, che ho rubato il tuo nome onesto e sacro di operaio per darlo ad un.... mio bastardo, che non ne aveva alcuno; io che col mio danaro ti ho fatto coperchio de' miei amorazzi di gioventù.... Ed ora, sputami pure in viso, o vecchio, chè ne hai il diritto!"

Questo gridò il cuore e la coscienza di Andrea mentre guardava il povero e onesto volto del vecchio Savello trasfigurato dal dolore.

Ma le labbra, immote, tacquero.

– Ci perdonate, dunque? disse ancora una volta il Savello, chinando la canuta testa davanti al padrone.

– Oh, Savello!... – mormorò Andrea.

– Grazie, padrone, grazie!

E il vecchio si chinò a baciare la mano tremante del padrone che aveva afferrato. E vi lasciò cadere sopra alcune delle sue lagrime.... E Andrea lo vide uscire, curva la poderosa persona, china la bianca testa, vacillante il passo. E si buttò a sedere, stracco e disfatto, davanti al suo tavolo, ove si ammontavano le lettere e i telegrammi d'affari.

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