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Il sole in alto accendeva vivamente l'azzurro, e le farfalle s'eran fatte innumerevoli ormai, tra il verde colonnato degli steli d'erba. E la terra, sotto quel colonnato, s'era popolata d'una folla tumultuosa di creature vive ed inquiete. Tutta quella folla di bizzarre creature, formiche dalle piccole zampe mai ferme, bestiole strane, gravi, mostruose e multicolori, dai mille tentacoli sempre in azione, tutta quella folla vivace lavorava febbrilmente, tutta intenta al compimento di una grande opera comune.

Ora Pietro, sdraiato nell'erba, inerte in mezzo a tanto lavoro, stava guardando una grande e bellissima farfalla, bianca come la neve, rimasta imprigionata in un cespo di spine, vecchie, aride, bruciato dal sole o dai geli.

La povera farfalla bianca come la neve non poteva sfuggire. Le sue ali palpitanti si protendevano verso l'azzurro intenso del cielo che verso di lei sfolgorava, ma le spine aride e aguzze le chiudevano il passo, morte, fredde, ignare, ma inesorabili.

Così la sua anima. Passato lo sbalordimento dei primi giorni, dileguata la nebbia funerea che, forse per supremo aiuto, aveva tenuto offuscata alquanto la rimembranza atroce, Pietro leggeva ora limpidamente in tutta la sua vita passata.

La percorreva tutta; se la faceva scorrer dinanzi intera, dai giorni inquieti della fanciullezza agli anni turbolenti della sua appassionata giovinezza. La sua anima inquieta, avida, malata nel desiderio d'una gioia ignota di vita che lo consumava, slanciata verso quel lontano fulgore che le spine fredde, aride e inesorabili della vera vita che lo circondava le contendevano, era la farfalla schiava.

E l'anima prigioniera, nella sua follia, era caduta sino in fondo, sino alla colpa, sino al delitto....

Pietro si alzò, andò al cespuglio e, senza curarsi del dolore, pose le dita negli aguzzi spini e liberò la farfalla dalla sua prigione. La farfalla redenta, ebbra di gioia, alzò il volo nell'azzurro, e scomparve.

Pietro la seguì, finchè potè, con lo sguardo: poi abbassò gli occhi. E scorse allora che le sue dita, ferite dagli spini, eran tutte lorde di sangue.

Impallidì e fremette.

Ricordò e rivide. Anche allora quelle mani, così, come ora.... Oh viveva ancora quel passato, dunque! Alzò la testa, violento.

Si fece ad un lato dove correva un'acqua cheta e silenziosa, in mezzo alle cannuccie nane e ai vinchi verdi. In quell'acqua pura e cheta lavò le sue mani lorde e si fermò sul margine ad ascoltar il limpido cammino di quell'acqua.

Così doveva correr d'ora innanzi la sua vita, ignota e oscura, cheta e semplice.... E come quell'acqua aveva lavato le sue mani dal sangue che le insozzava, avrebbe adunque un giorno la purezza della Natura lavato dalla sua anima il ricordo dell'odioso passato?

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