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E Pietro fu testimone più volte degli amori dei due giovani pastori.

Era un'alba chiara; una luce bianca pioveva sugli alberi del bosco e sulle erbe del prato. Il piccolo ruscello scorreva quieto e raccolto. Maria, seduta sulla ripa erbosa, teneva i piccoli piedi bruni e nudi nell'acqua che correva limpida e cheta. Silvio, in piedi, dietro a lei, si chinò fin sulla sua testina nera e vi depose un bacio.

Un'altra volta il cielo era tutto acceso di fiamme e d'oro, pel tramonto. Le alte vette degli alberi eran purpuree. Una grande nuvola di sangue gigantesca e solitaria, correva in alto, nell'azzurro smorto del cielo, verso mezzanotte.

Silvio e Maria erano insieme.

Sullo sfondo ardente dell'orizzonte le due figure parevano nere. La fanciulla aveva una grande rama nelle mani, anch'essa purpurea per i guizzi del sole morente. Ed anche le sue gote, i suoi capelli, tutta la sua personcina snella e ardita era baciata da' guizzi purpurei del sole.

E Silvio, alto, forte, pareva un giovane Iddio pastore vicino alla piccioletta Ninfa sua compagna.

Essi si amavano dunque liberamente: come tutto liberamente intorno ad essi si amava.

Ogni cantuccio del bosco celava un idillio.

La brezza che dal monte scendeva nel bosco, passando tra le fronde del bosco, soleva accarezzare con un fremito gl'infiniti misteriosi amanti, e scendendo nella valle recava con sè, palpito infinito sulle erbe del prato, per farvi vibrare altre creature, la canzone del grande naturale amore che là dentro aveva baciato.

E Silvio e Maria si amavano così, come tutto intorno a loro amava.

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