*

La pace era quel giorno tra quegli uomini.

Pietro stava dietro una breve selvetta di alti arbusti fitti e verdissimi, che di poco lo separavano dal praticello ch'era davanti alla Capanna del vecchio Giovanni. E da là, da quel praticello, venivano, passando sulle cime dondolanti della selvetta, le voci allegre dei pastori, i canti, l'abbaiar festante dei cani, che partecipavano anch'essi alla grande gioia del momento. Al di là della selvetta, davanti alle Capanne grandi, si festeggiava la fanciulla che entrava a far parte della famiglia dei pastori: Maria, sposa di Silvio. La festa era grande: e con l'amore felice di quei due giovani si chiudeva anche con la pace e il perdono una cupa storia di peccato e di morte.

Il cielo in alto, sugli alberi verdi, sfolgorava di luce e la pace scendeva calma e radiosa, con i raggi del sole purissimo, sopra quelle anime in gioia. Le fronde, le erbe, i fiori della terra gioivano bevendosi quel sole benefico e quelle anime si alzavano grate verso la somma Luce che tanto tepore di perdono e di sole su loro faceva piovere.

In quel momento quelle anime di uomini eran degne della Terra che li sosteneva e li alimentava.

Pietro si sentiva tocco anche lui da un alito di quel tepore di pace. La sua anima si era aperta un momento alla grande gioia del Bene. Era per lui che ora quelle anime eran felici. Era stato Dio che lo aveva scelto come ministro di riconciliazione e di oblìo. Quella sua mano che aveva ucciso, che aveva versato il sangue, adesso era stata tanto avventurata di poter riunire la vecchia e callosa mano di Giovanni con quella scarna e tremante del vecchio Arcangelo – la mano giovane e forte di Silvio con la piccola bruna mano appassionata di Maria.

E la visione di morte e di sangue che intorno a quelle creature si aggirava, lontana ma insistente, si era dileguata: e per opera sua. Egli che aveva ucciso, aveva potuto ora ridare la vita: da quel cespo di giovinezza che con la rugiada del suo atto benefico egli aveva rinnovellato e ristorato, sarebbe zampillato un nuovo getto di vita, una nuova famiglia che avrebbe benedetto a lui, all'assassino che pur tuttavia, nel silenzioso abisso del suo cuore, sempre avrebbe pianto il delitto commesso, ma sarebbe stato benedetto come fattore di riconciliazione e di pace!...

E il Bene – finalmente – il Bene, il grande sogno dei Santi e dei Poeti, così facile ad amarsi e così difficile ad essere attuato, così adorato sugli altari dagli uomini e così ostacolato dai loro sensi, dal loro sangue, da tutto il loro essere; il Bene – somma luce di Dio e divino seme di amore e di pace – il Bene era venuto da lui, dal suo cuore inquieto e torbido, dal suo cervello turbato, dalle sue mani lorde di sangue!...

Al di là della selvetta le voci gioiose dei pastori si udivano.

Una voce chiamava:

– Pietro! Pietro! ov'è dunque Pietro?

Era la voce di Silvio.

Subito tante altre voci si unirono a quella:

– Pietro! Pietro!

Dal cielo azzurro il sole scendeva sempre più glorioso a baciare la terra e le sue creature. Un soffio di brezza gli portò l'aroma dei fiori e delle erbe dei prati.

E le voci cercanti squillavano:

– Pietro! Pietro!

Un'infinita giocondità era nel cielo, nell'aria calda e luminosa, nel bosco cheto, in tutta la Natura intorno a lui.

– Pietro! Pietro!

E lui cadendo a ginocchi sull'erba, si chinò a baciare la terra. E dalla sua anima volò a Dio la sua preghiera straziante.

Share on Twitter Share on Facebook