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Così era incominciata per lui la vita nuova.

Vita semplice: la vita dei primi uomini, la vita della Natura, la vita della campagna e della innocenza rurale, la vita della pastorizia e della grande pace dei campi, la vita pura della quiete e della poesia infinita dei prati, pieni di erbe in fiore e di pecore pascenti.

Tutto quello che già era stato in lui un giorno, s'era spezzato, annichilito e distrutto: la sua vita d'un giorno era veramente morta. Egli era ormai un altro essere: un essere primitivo, un fanciullo di trent'anni che doveva ricominciare a vivere.

E qualcosa veramente doveva essersi spezzato nel suo essere interiore: qualcosa si era distrutto, affievolito nella sua mente. Egli ora rivedeva, come in sogno, ma infinitamente lontana, la sua vita d'un giorno. E, nuova creatura nascente, egli apriva gli occhi alla luce e vedeva cose nuove, mai vedute per l'innanzi.

Così è che in quella sua nuova esistenza egli provava strani stupori per piccoli fenomeni naturali che gli giungevano nuovi del tutto, sui quali mai la sua mente si era fermata, nell'affannosa e complicata sua vita trascorsa. Ogni filo di erba serbava per lui delle sorprese profonde. Ogni raggio di sole gli procurava meraviglie e sgomenti strani. Un olezzo improvviso di cespuglio selvatico, un'ombra, una voce del bosco, un fremito del prato gli davano violente sensazioni di cose passate e lontane, di cose nuove, di cose ignote: e lo tenevano fermo per delle ore, sotto il dolce tepore del sole che gli accarezzava il dorso, disteso sull'erba, mentre il serpollo e i mentastri schiacciati da' suoi gomiti gli mettevano intorno alla persona il loro olezzo giovane e selvaggio.

Davanti a lui, intanto, le pecore, povere creature ignare e semplici, pascevano tranquillamente quell'erba vergine e sana, della quale parevan le figlie naturali, della quale portavan l'aroma nei candidi riccioli de' timidi dorsi vellosi.

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