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Nella grande quiete del prato risuonò lontano e velato un noto richiamo. Era la campana dei pastori che chiamava a raccolta le gregge per rientrare insieme alle Capanne.

Pietro si alzò, prese il suo bastone e dette la voce alle pecore. Esse avevano già sentito il noto suono del consueto richiamo prima ancora del loro pastore, e, docili e avvezze, si eran già riunite davanti a lui, addossandosi l'una all'altra. E volgevano la testa al pastore, quasi ad attendere i suoi comandi.

Il grosso mastino, compagno di Pietro, si mise alla testa del gregge e, fissi gli occhi intelligenti in quelli del pastore, aspettava da lui il comando di avviarsi. Pietro si mise alla coda, con il suo grosso bastone sulle spalle, e mandò una voce al cane: e il gregge si mosse.

Scendeva sui prati il tramonto. Le erbe si facevano scure: in alto il cielo era già bruno, ma all'orizzonte ardeva ancora delle ultime fiamme. Un palpito di sangue correva ancora di cirro in cirro fino alle montagne lontane: e n'erano tutte vermiglie e accese. Ma quel fuoco ardente s'andava rapidamente offuscando: e in breve anche le montagne lontane furon grigie e brune come, in alto, tutto il cielo ormai.

Pietro camminava molto adagio, aspirando la quietissima brezza della sera. Il prato non era più che un grande tappeto oscuro, tagliato all'orizzonte dalla fascia sanguigna ancora di quel lembo di cielo. La voce della lontana campana dei pastori si diffondeva sul prato lenta e velata: ma Pietro distingueva bene, ora, piccole macchie grigie sullo sfondo ardente dell'orizzonte, le greggi lontane di Silvio che si avviavano lentamente alle Capanne.

Veniva l'aria della sera profumata dei mille aromi delle erbe, che si erano lungamente pasciute di sole durante la bella giornata serena. I mentastri, i serpolli, le salvie selvatiche, le frasinelle resinose univan i loro effluvii agresti in un solo e grande effluvio, ch'era l'alito fresco del prato.

Le pecore alzavano il muso bianco aspirando l'odore del prato che si preparava a dormire. Alcune si fermavano tratto tratto, quasi lasciassero a malincuore la prateria ove avevano trascorso tutto il giorno tra il verde e il sole. Altre, a capo basso, procedevano stanche, il muso a terra, strappando qua e là qualche ultimo ciuffo d'erba de' più alti che arrivava loro a vellicar le narici.

Pietro procedeva innanzi, come in sogno, preso anche lui dalla grande quiete del momento. Egli sentiva invadere tutto il suo essere dalla grande pace di vita che lo circondava. Egli si sentiva vivere della vita naturale di quegli animali e di quelle erbe. Era anche lui una di quelle creature là, semplici e naturali.

Con esse divideva le sensazioni misteriose, il fascino profondo di quel grande momento di riposo della Natura, che posava stanca, sotto il cielo grigio, dopo l'intenso vitale lavoro della giornata di sole. Anche lui si era nutrito di sole, lungo il giorno, come quelle erbe che olezzavano nel buio, come quelle pecore ch'egli conduceva e che procedevano stanche, ben pasciute e avide di riposo.

Per la prima volta in sua vita tutto il suo corpo era compenetrato dalla grande voluttà della vita puramente animale e vegetativa: della vita primitiva, della vita vera perchè semplice e naturale.

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