XIV.

Pallido, affranto, la febbre che gli ardeva nelle tempie e gli arrossava gli occhi, Febo toccò la porta del salone....

In quel punto un vivido lampo sfolgorò nella sala, guizzando da gli spiragli delle imposte chiuse, e scoppiò fragoroso, giù nella villa, il primo tuono.

E l'uragano scoppiò impetuoso.

A Febo parve sentir la villa scontorcersi e scricchiolare impetuosa e violenta in tutte le sue verdi membra sotto lo schiaffo improvviso e potente del terribile rovescio d'acqua.

Batteva urlante la grandine, che il vento rabbioso rendeva forsennata, contro i balconi che gemevano con voce quasi umana, come possedenti un'anima che dolorasse.

Seguiva ai lampi il rimbombo del tuono. Tutto il palazzo pareva tremare sotto la furia inattesa dell'uragano.

Febo entrò nel salone.

Le sue tempie ardevano: gli occhi bruciavano. La morbosa energia che lo aveva condotto fin là parve volesse abbandonarlo ad un tratto: stese le mani alla parete, nel buio, poichè stava per cadere.

Il respiro affannoso gli straziava il petto: un ardore di follia gli stringeva come un cerchio di fuoco la testa.

Stette alquanto così, appoggiato alla parete, senza procedere, cercando riprender le forze che lo avevano improvvisamente abbandonato.

Una folgore vivissima illuminò per un attimo il grande salone: ed egli lo scorse tutto, nelle sue più lontane profondità, nitido, ardente, pieno di fiamme e di luci: poi ripiombò nelle tenebre.

Proseguì: andò sin contro allo specchio, al terribile specchio che lo attirava, affascinandolo.

Il rombo della tempesta si spandeva giù nella villa: tutto il palazzo n'era squassato nelle più intime membra: il salone fremeva tutto come cosa viva.

Fissò gli occhi nella verde conca dello specchio.

Mille ombre misteriose e informi si aggrovigliavano là dentro, in quella cupa profondità.

Il lampo gettava ogni tratto un'onda vivida di fiamme fra quelle ombre, scompigliandole; poi il buio pauroso ne ritornava padrone.

A un tratto un rombo formidabile, più potente di tutti gli altri che sino a quel momento avevan scosso il palazzo fe' rintronare la sala.

E un guizzo fulmineo, d'una spaventosa vivezza, arse la vôlta, i mobili, il tappeto, illuminando sino in fondo il grande specchio....

E un gran buio si fe' nella sala. Il chiaror delle folgori cessò, il furioso gorgogliar dell'acqua corrente giù nella villa parve tacere.... Come una quiete improvvisa succedette alla furia della tempesta.

Febo sentì passare attraverso tutto il suo corpo il fulmineo palpito di un essere impalpabile; uno spirito, forse di morte e di gelo, che si fermò, stringendolo, alla nuca....

Nello spasimo sollevò la testa.

E gli occhi fissi, sbarrati, dilatati nella convulsione dell'irresistibile terrore, nella fatale lastra dello specchio videro....

E cadde al suolo.

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