§ III. — Istruzioni e ricette diverse risguardanti l’economia rurale e l’arte del giardiniere .

729. Maniera di far germogliare la cicoria. Raccogli le piante di cicoria avanti le prime brinate; tagliane via le foglie, legale nel mezzo a mazzetti di 5 o 6 pollici di diametro, e sotterrale in cantina, ovvero in una tinozza piena di terra, e qua e là bucata, situandola in sito caldo. Ben presto la cicoria mette novelli germogli, e produce certe foglie o barbe, quasi bianche, lunghe un palmo circa, le quali servono d’insalata per tutto l’inverno.

730. Modo di aver ciriege senza nocciolo. - Scegli un giovine ciriegio proveniente da nocciolo, e che non abbia messo più d’un germoglio: in primavera, avanti che sia pienamente in succhio, fendilo in due, dall’estremità superiore infino al forcheggiar delle radici: indi con un pezzo di legno togli via leggiermente e con destrezza tutto il midollo dell’albero, e per non risicare di alterar troppo i suoi organi, adopera il coltello ed altri ferri solo in principio dell’operazione. Ciò fatto, riunisci le due parti dell’albero, legale con corda di lana, e copri esattamente le fenditure quanto son lunghe con quella specie di cera di cui si servono i fonditori per far le loro forme. Il succhio non tarderà molto a rammarginarle. Allora taglia pure la legatura; e l’albero darà ciriege cosi belle e cosi buone come quelle degli altri ciriegi, fuorchè in luogo di nocciolo avranno un certo che di bianco senza consistenza.

731. Maniera d’aumentare il ricolto de’ frutti. — Togliendo agli alberi un anello di corteccia, sei od otto giorni prima che fioriscano, si ottiene lo scopo. Tale operazione si può fare ancora dopo che i rami sono incominciati ad andare in succhio, e durante tutto il tempo del fiorire; ma torna meglio che ciò si faccia piuttosto vicino al momento di mettere i fiori, che troppo dopo. Praticata troppo tardi, per esempio, quest’operazione non preserverebbe la vite dall’intristire, sebbene per altro non lascerebbe di accelerare di molto la sua maturità, e di farle menar frutti in maggior abbondanza, più belli e più saporiti. Si pratica la detta operazione tanto sul tronco che sui rami, ed anche sui rimessiticci. Praticandola sulla vite, pare che si debba preferire il fusto dell’anno antecedente; poichè i rimessiticci sono quelli che producono i grappoli, e si trovano ancora troppo teneri al tempo assegnato all’operazione suddetta.

Ecco come si procede: si spicca un anello di corteccia in tutta la circonferenza d’un tronco, d’un fusto, d’un ramo, variandone la larghezza in ragione della grossezza della parte su cui si opera; giacchè la piccola piaga che ne risulta, ha da essere rimarginata prima che sopraggiunga l’inverno. In generale sopra un fusto od un ramo di 4 pollici di grossezza, l’anello di corteccia non deve oltrepassare 4 linee di larghezza; ma vuol essere un poco più stretto sui meli e ancor più sui cotogni, che sui peri.

Facendo un’incisione troppo grande, e la piaga non rimarginandosi prima che venga l’inverno, il ramo operato si muore all’altra primavera.

732. Modo di conservar le pere. — Scegli sull’albero le più belle pere, e raccoglile tagliando loro il gambo, più alto che sia possibile, colle forbici. Indi fa cadere sul taglio del gambo una goccia di ceralacca, e annoda intorno ad esso gambo uno spago a cappio, per appendere poi le pere. Piglia tanti fogli di carta bianca consistente, quante sono le pere che vuoi conservare; ravvolgi e chiudi con gomma ciascun foglio, in guisa da farne tanti cartocci a cui lascerai un piccolo buco sulla punta; introduci lo spago d’ogni pera nel buco d’un cartoccio, in modo che esse rimangano sospese entro i detti cartocci; e finalmente chiudi, sia la punta quanto la bocca di ciascun cartoccio, incerando in modo che non possa penetrarvi dentro l’aria. Così preparate, appendi le tue pere per il loro spago a tanti chiodi, e le conserverai per molto tempo, se le terrai in luogo asciutto e temperato.

733. Modo di conservar le frutta. — Si conservano fresche le frutta, come le albicocche, le pesche, le prugne, ecc., fasciandole di stoppa, e quindi immergendole nella cera gialla liquefatta, la quale, freddandosi, forma un intonaco impenetrabile all’aria. Avverti però che la stoppa ricopra bene tutto il frutto, acciò la cera non arrivi ad impiastrarne la buccia; come pure sii lesto a ritirare il fruito appena immerso nella cera liquefatta, onde non abbia a sentirne il calore.

734. Prugne secche. — Le prugne più atte a conservarsi sono quelle rosse del pernicone, la santa Caterina, la regina Claudia, la mirabella, e quelle di Provenza, dette da’ Francesi brignoles. Metti queste prugne sopra nettissimi cannicci, e portale al forno non troppo caldo, o meglio alla stufa. a meno che tu potessi farle seccare all’ardore del sole, come si pratica ne’ paesi meridionali.

Allorchè sono mezzo cotte, le esporrai all’aria aperta, affinchè si rammolliscano e si spoglino di tutta la loro acqua, poi torna a metterle nella stufa, e lasciavele stare finchè le sieno bastantemente secche.

735. Maniera di conservar fresche le uve. — Per cogliere le uve che vuoi conservare, scegli un tempo asciuttissimo ed una giornata di bel sole; levane via colle forbici gli acini guasti o troppo maturi, i quali farebbero infallibilmente marcire gli altri. Disponi con diligenza i tuoi grappoli sopra cannicci guerniti di muschio secchissimo, ed abbi cura che i detti cannicci sieno fatti in modo da poterli facilmente trasportare in casa e ne’ luoghi dove possano ricevere per più giorni consecutivi i raggi del sole. Ciò fatto, porrai i cannicci coperti d’uva in una stanza asciuttissima e poco ariosa, dove li chiuderai. Oppure, dopo che avrai fatto prendere un po’ di sole all’uva, come abbiam detto sopra, la distenderai, appendendola a tanti spaghi tesi in alto entro una stanza asciutta; ed avrai l’avvertenza di visitarla ogni giorno, a fine di rimondarla dagli acini che per avventura si fossero guastati.

Invece di lasciare l’uva appesa, come abbiam detto, in una stanza, la si può sospendere in casse esattamente chiuse con un intonaco di gesso, le quali si mettono in cantina dentro un letto d’arena asciuttissima, che le copra perfettamente fino a mezzo braccio e più al di sopra.

Ancora si possono conservare lungamente le uve, immergendole in una poltiglia molto liquida di acqua e cenere, in modo da invilupparne tutti gli acini. Allora si dispone un suolo d’uve così preparate fra due suoli di cenere asciuttissima, e così successivamente, fino a riempierne una cassetta, la quale ben chiusa si porta in cantina. Allorchè si vuol mangiare di quest’uva, si estrae dalla cenere, o s’immerge replicatamente nell’acqua, finchè questa ne resti limpida.

736. Maniera di fare le uve passe. — Allorchè le uve che si destinano a tal uso sono quasi mature, si fa un’intaccatura alla metà del picciuolo del grappolo, acciocchè il frutto non riceva più se non che una parte del succo dell’albero, e si vada a poco a poco seccando per la forza del sole. Poi, quando l’uva è abbastanza secca, la si raccoglie e si ripone nelle cassette per conservarla o venderla.

Si procede anche nel seguente modo. Allora quando si potano le viti, si prendono i sermenti, di mano in mano che si tagliano, e se ne formano tanti fasci che si conservano fino al tempo della vendemmia. Allora si lascia un poco appassire l’uva raccolta, e, intanto che la si prosciuga, si abbruciano i detti sermenti, se ne raccoglie la cenere, se ne fa una forte lisciva, e dopo aver empiuto di questa lisciva un tino, vi si tuffano i grappoli, e indi si mettono a sgocciolare sopra un canniccio collocato sul tino stesso. Ciò fatto, si porta il canniccio sopra un’aja esposta a tutto l’ardore del sole, e quivi si lasciano seccare le uve, avendo cura di rivoltarle di tempo in tempo.

737. Modo di seccare i fichi. — Si seccano i fichi alla stufa; ed anche si segue lo stesso metodo che per far l’uva passa (vedi sopra), meno che in luogo di cenere di sermenti, si fa uso di cenere di legno di fico per la lisciva.

738. Maniera di conservare le castagne. — Si fanno bollire per 15 o 20 minuti, e quindi si espongono al calor del forno, un’ora dopo che se n’è cavato il pane. Mediante questa doppia operazione, le castagne acquistano un grado di cottura e di prosciugamento, che vale a conservarle per molto tempo, avvertendo però di riporle in luogo asciuttissimo.

Si fanno pure seccare le castagne sopra graticci per mezzo del fuoco. Per tal modo esse divengono così dure, che le si possono macinare e ridurre in farina.

739. Maniera di conservare i poponi. — Togli de’ poponi tardivi, che non sieno giunti a perfetta maturità: asciugali leggiermente con un pannolino, e lasciali stare per un giorno o due in luogo asciutto. Indi metti della cenere stacciata in un barile ben netto; collocavi sopra i tuoi poponi, e ricoprili con altra cenere in modo che tutti ne rimangano perfettamente coperti. Avverti però di non porre il barile in luogo esposto al gelo.

I poponi cosi condizionati, si conservano fino al dicembre e al gennajo.

740. Maniera di conservare i grani. — La maniera più semplice consiste nel tenere i grani o le farine in sacchi ben chiusi; nel collocar questi sacchi sopra basi da garantirli dai topi; nel frapporre una certa distanza dall’un sacco all’altro, e nel serbarli in tal modo fino al momento di manometterli.

Quando le farine di frumento son guaste, si adoperano per far l’amido.

741. Modo di conservare i fiori. — Scegli i bottoni più perfetti de’ fiori che vuoi conservare, e tagliali colle forbici, avvertendo di lasciar loro un gambo d’oltre tre pollici. Ciò fatto, chiudi subito l’estremità del gambo stesso con ceralacca, e, dopo aver un pochetto compresso i bottoni, e mezzo aperto coll’ugna le loro sommità, avviluppali, ciascuno separatamente, in carta netta e bene asciutta. In tal modo li conserverai per un anno.

Per farli schiudere d’inverno, o in qualunque altra stagione, taglierai alla sera l’estremità dello stelo incerato con la ceralacca, e porrai i bottoni in acqua leggiermente nitrata. Il giorno seguente troverai i tuoi fiori sbocciati, freschi e odorosi.

742. Fiori doppii. — Per ottener fiori doppii da una pianta di fiori semplici, devi trapiantarla più volte, come a dire di primavera e d’autunno, il primo e il secondo anno senza lasciarla fiorire; e cosi finalmente ne avrai i fiori doppii che desideri.

743. Modo di seccare i fiori. — Nel seccare i fiori, bisogna aver principalmente riguardo al loro odore, colore e tessuto.

Ne’ fiori in cui lo spirito rettore è unito ad un principio acquoso, come nelle viole mammole e nel tiglio, l’odore si dissipa durante l’essiccazione, o svanisce interamente dopo alcuni giorni.

Quelli che hanno un tessuto più compatto, come il meliloto, non perdono sì facilmente lo spirito rettore.

I fiori oleosi balsamici, come la salvia e lo spigo, conservano l’aroma, purchè sieno convenientemente seccati.

La disseccazione di quelli che hanno un tessuto floscio e molle, come i fiori di ninfèa e di peonia, è più difficile; e il contrario si dica de’ fiori d’un tessuto più compatto, come quelli di ginestra, di fiorrancio e simili.

Benchè nel colore non risieda alcuna virtù medicinale, tuttavia la sua alterazione mostra che il disseccamento non si fece a dovere: ora, si arriva a conservarlo, almeno in parte, avviluppando i fiori nella carta quando si fanno seccare.

I fiori d’un tessuto floscio, aromatico, non oleoso, come quelli de’ gigli e delle viole mammole, bisogna distenderli sopra uno staccio, ed aver cura d’esporli a’ raggi del sole, od al calore della stufa, e di voltarli e rivoltarli, finchè sieno friabili.

I fiori d’un tessuto più compatto, come quelli di sambuco, di tiglio ed altri tali, seccano facilmente all’ombra.

I fiori oleosi e balsamici, come quelli di melarancio, di camomilla, ed altri di questo genere, vogliono essere seccati al sole in tre o quattr’ore, circondati di carta; indi si depongono in una stanza ariosa per due o tre giorni, avvertendo di voltarli di quando in quando.

I fiori abbondanti di succo, come quelli del papavero salvatico ed altri simili, si debbono distendere e seccare prestamente al calor della stufa o del sole.

I fiori magri, come quelli di primavera e di fava, si fanno seccar sopra uno staccio coperto di carta ed esposto al sole od al calore della stufa.

744. Maniera di far cambiar colore ai garòfani. — Prendi un getto di garofano, inseriscilo in un torsolo di cavolo, piantalo, e avrai de’ garofani verdi.

Per averne di rossi, margotta un ramicello di garofano in una barbabietola.

Se ne vuoi di bianchi, margotta in una rapa.

745. Maniera di far cambiar colore alle rose. — Se vuoi aver rose verdi, pianta un rosajo vicino ad un agrifoglio, ovvero un agrifoglio vicino ad un rosajo; togli un poco di buccia sì all’uno che all’altro, e congiungi insieme parecchi de’ loro rami; poni sui tagli un po’ di muschio d’albero, e assicuravelo con del filo, acciocchè il sole non vi arrechi alcun danno, e sopra al muschio metti un poco di terra. Formata che sia la radice, tagliala e trapiantala. Così facendo, avrai rose verdi bellissime.

Per ottenere rose rosse, bisogna che tu abbi una barbabietola vicino al rosajo, e che tu operi in guisa d’inserirvene un ramo, tenendone coperta l’inserzione con terra fino a che il detto ramo abbia messo le radici: allora trapiantalo, e le tue rose saranno rosse a meraviglia.

Volendo aver rose gialle, invece di una barbabietola ti servirai d’una carota.

746. Modo per far che una pianta di viole dia fiori di più colori. — Se vuoi che una stessa pianta produca viole di varii colori, piglia de’ rami di viole doppie di tanti colori, quanti ne vuoi unire insieme; tagliali a basso a piè di cervo; leva a ciascuno da una parte la tenera buccia che li ricopre; applica questi rami dalla parte sbucciata gli uni contro gli altri, legandoli fortemente con una foglia di porro; poi introduci i detti rami così uniti in un cannello di sambuco, in modo che ne escano di sotto per un pollice, e piantali in terra. Il succo di questi rami, confondendosi dalla parte ove sono sbucciati, li unisce intimamente, e più non si vede che un solo stelo, il quale porta de’ fiori di differenti colori.

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