553. Idromele. — Si ottiene questo liquore vinoso colla combinazione del miele e dell’acqua col lievito in pasta. Eccone le proporzioni ed il modo di procedere nella preparazione.
Poni in un tino 50 boccali d’acqua, e favvi disciogliere 10 libbre di buon miele. Fa disciogliere a parte in pochissima acqua 3 once di lievito, ed uniscilo poi all’altro liquido mescolando bene insieme il tutto. Colloca allora il tino in luogo la cui temperatura sia da 15 a 20 gradi, e lascia fermentare. Compiuta la fermentazione, riponi il tuo liquore in cantina, in recipiente adattato, osservando di mantenerlo sempre pieno; al quale scopo debbesi tenere in pronto alcune bottiglie ripiene dello stesso liquore, per aggiungerne al tino ogni mese o a più lunghi intervalli.
Quest’idromele è però troppo forte per farne una bevanda ordinaria: ma si può ottenere più debole adoperando doppia dose d’acqua per la stessa quantità di miele, o viceversa, metà dose di miele per la stessa quantità d’acqua. L’idromele migliora sempre invecchiando. Gli si possono dare sapori e odori varii, aggiungendovi nel tempo della fermentazione succhi di frutti od aromi: cosi si perviene ad imitare i vini di Costanza, di Malaga, di Malvasia, di Rota ed altri. Adoperando fiori di sambuco in proporzione d’un pugno per ogni boccale di liquore, si ottiene il gusto del vino di moscato. Purificando il miele, basta averlo fatto abbastanza bollire, per comunicargli un leggier gusto di cotto e dare all’idromele che ne risulta un sapore che si avvicina molto al vino di Madera.
554. Purificazione del miele. — Se il miele che si vuole adoperare per la fabbricazione dell’idromele avesse un aroma ed un sapore spiacevole, bisognerebbe liberarnelo purificandolo prima di farne uso. A tal uopo si scioglie il miele con un quarto del suo peso d’acqua, e vi si aggiunge il ventesimo del peso stesso di carbone pestato grossamente. Si fa bollire il tutto in una caldaja per un quarto d’ora: e se il miele avesse un sapore acido, vi si dovrebbe aggiungere un po’ di creta. Fatta quest’operazione, si passa il miele per feltro affinchè ne esca limpido e non ritenga più particelle di carbone.
555. Idromele senza fermentazione. — Per preparare questo idromele, occorre meno tempo, ed il risultamento è il medesimo. Prendi 10 boccali d’acqua, scioglivi 10 libbre di miele; e purifica al carbone (num. 554): passa indi il liquore per feltro di carta o di tela, ed aggiungivi poi 7 libbre di acquavite, in cui avrai fatto infondere, alcuni giorni prima, un pugno di fiori di sambuco ed altrettanti di giaggiuolo di Firenze con tre mandorle amare. Mescola il tutto insieme, esponi il miscuglio per 15 giorni al sole e feltra poscia un’altra volta.
556. Osservazioni sul sidro. — È questa una bevanda preparata col succo di mele fermentate, la quale quando sia ben fatta e venga usata con moderazione, è sana e nutritiva, ed è inoltre tenuta per un ottimo antiscorbutico. Ma l’uso smodato del sidro, massime se egli è troppo recente, è talvolta cagione di coliche, affezioni reumatiche ed altri mali di natura pituitosa. L’ubriachezza prodotta dal sidro dura più che quella cagionata dal vino.
557. Modo di fare il sidro. — Le mele con cui si prepara il sidro debbon essere perfettamente mature. Le si schiacciano sotto una specie di macina; poi con una paletta le si collocano sur un banco di legno, in modo che formino un suolo di 6 o 8 dita di grossezza, sul quale si pone un sottilissimo letto di paglia di segale. Indi si fa un altro suolo di mele ed un altro di paglia, e finalmente si mette su quest’ultima paglia una gran tavola di legno. Allora si sottopone il tutto all’azione dello strettojo, comprimendo quanto più è possibile. In tal modo ottiensi il primo sidro. Per estrarre poi il secondo, si ritira il residuo della prima operazione, se ne leva via la paglia, e si mette sotto la macina con sufficiente quantità d’acqua, a fine di schiacciare del tutto le mele che non furono ben schiacciate la prima volta. Si ripone il tutto sotto lo strettojo e se ne spreme il liquore, il quale ordinariamente si aggiunge al primo. L’ultimo residuo delle mele, mescolato con un po’ di farina o di crusca, serve a nutrire le vacche ed i majali. Gettandolo nel letame, ne aumenta le buone qualità.
558. Sidro economico. — Getta in una botte, in cui sia stato prima del vino, la quantità che stimerai sufficiente di mele tagliate a spicchi e disseccate aI forno. Avverti che più le frutta saranno in quantità a confronto dell’acqua, e più buono riuscirà il liquore. Del resto sarai sempre in tempo ad aggiungere acqua nella proporzione che meglio desideri. Riempi la botte fino a tre quarte parti, gettavi un bicchiere di lievito di birra e due boccali di melassa, e lascia fermentare per alcuni giorni, avvertendo altresì di turare leggiermente la botte con turacciolo di carta.
D’inverno la botte vuol esser posta in luogo caldo, ed a tale oggetto è eccellente il caldano del fornajo: d’estate bastano i raggi del sole. Allorchè si manifesta la fermentazione vinosa, e prima che passi ad inacidirsi, riempi la botte di nuova acqua, e turala fortemente. Un mese dopo potrai cominciare ad adoperare il tuo sidro. Serbato in bottiglie ha forza di far saltare il turacciolo.
Si può cavar dalla botte la metà del liquore ed imbottigliarlo, e riempirla nuovamente con acqua: per tal modo otterresti un ottimo vinello per bevanda giornaliera. La feccia si da a’ majali.
559. Sidro cotto. — Metti al fuoco in una caldaja, o riduci a metà 12 boccali di sidro dolce; schiumalo, e versalo bollente in una vettina dove sieno 6 boccali d’acquavite; aggiungi un pizzico d’anici e di coriandoli, un po’ di cannella, ed il legno di parecchi noccioli di albicocche o di pesche. Dopo due giorni d’infusione, passa il miscuglio per tela bagnata, e rimetti a macerare per qualche mese.
Si fa uso del medesimo processo pel sidro di pere.
560. Maniera di fare la birra. — Prendi 100 libbre d’orzo, una libbra di luppolo, e 160 boccali d’acqua. Invece di 100 libbre d’orzo, si può mettervene soltanto 80 o 90, e compiere il peso di cento libbre con tanto frumento. Il luppolo da adoperarsi non dev’essere recente, ma bensì d’un anno almeno.
Monda i grani e falli germogliare; al quale effetto li gitterai in un tinello, e vi verserai sopra tanta acqua tiepida, quanto basta perchè ne rimangano coperti i grani. che vi lascierai in molle per 3 ore. Cava indi l’acqua dal tino, ed ammucchia i grani fino all’altezza di 4 a 5 pollici, in luogo dove la temperatura sia un po’ calda. Copri il cumulo de’ grani con coperte, affinchè non si secchi nè perda il suo calore. Lascialo in questo stato infino a tanto che incominci a germinare: quando i germi sonosi appena manifestati, la germinazione è abbastanza inoltrata: quindi affrettati di trasportare il tuo grano all’aria ed al sole, e distendilo in uno strato sottilissimo per farlo prosciugare più presto che sia possibile. D’inverno si fa seccare il grano in una stufa: anzi è questa la maniera che si pratica ordinariamente nelle fabbriche; ma è sempre da preferirsi la disseccazione all’aria.
Quando i grani sono bastevolmente seccati, si fanno macinare o pestare grossamente. Allora mettili così macinati in un tino, la cui capacità sia tale che i grani non arrivino oltre la sua metà. Fa scaldare l’acqua in una caldaja più vicino che puoi al tino. Versa nel tino stesso l’acqua della caldaja in tre volte. La prima volta quando l’acqua sarà a 25 gradi di temperatura, cioè a dire un po’ più che tiepida: la sua quantità dev’essere sufficiente da impregnare i grani e soprannuotarvi alcune linee; avvertendo d’agitar ben bene il miscuglio con un bastone. La seconda volta prenderai l’acqua, che intanto continuava a scaldarsi, alla temperatura di circa 50 gradi, vale a dire allorchè la mano comincia a non poterla sopportare senza molestia: versane allora quanto basta per empiere la metà della parte vuota del tino, e agita di nuovo il miscuglio. La terza volta finalmente, prenderai l’acqua allorchè è bollente, versandone nel tino tanta da finirlo d’empiere, e sempre seguitando a rimestare.
Bada bene che rimanga dell’acqua bollente nella caldaja; versa il luppolo in quest’acqua, e lascia bollire adagio avvertendo di allentare il fuoco se fosse troppo gagliardo. Frattanto procedi a feltrare il mosto di birra, o diremo l’infusione del grano macinato. Tale feltrazione si eseguisce mediante un cocchiume di legno che chiude un foro praticato nel fondo del tino. Il cocchiume entra sforzato in un cerchio di paglia assicurato sul fondo del tino con chiodi. Si feltra dunque il liquore; e l’otterrai assai chiaro, ritirando un poco il cocchiume, in guisa che il liquore sgoccioli lentamente fra esso ed il cerchio di paglia. Si potrebbe anche eseguire la feltrazione togliendo affatto il cocchiume di legno, e sostituendovi un turacciolo di paglia non troppo compresso. Raccoglierai il liquido che n’esce in una tinozza, e subito lo verserai nella caldaja del luppolo. Fa bollire tutto questo liquore insiem col luppolo fino a che sia ridotto alla metà. Indi travasalo in botti, facendolo passare per istaccio o pannolino, a fine di tenere indietro il luppolo.
Ciò fatto piglia uno o due boccali di lievito; stemperalo in una quantità pressochè doppia di mosto di birra tiepido. Questo fermento così stemperato vuol esser misto ad un quartuccio di mosto tiepido ancor esso: lascialo in luogo dove continui a mantenersi un po’ meglio che tiepido, infino a tanto che fermenti, o come dicono, finchè bolla. Bene attuata che sia la fermentazione, versa il tuo lievito (a cui si dà allora il nome di fermento) nelle botti che contengono il mosto di birra, che avrai avuto cura di conservar tiepidetto o di mettere in cantina. Ma non devi empiere affatto queste botti; e vi porrai d’intorno alcune tinozze per ricevere la schiuma che n’esce durante la fermentazione. Rimetti questa schiuma nelle botti di mano in mano che la fermentazione va scemando. Nè ti sarai dimenticato di conservare del mosto di birra, in cui vuol esser posto un poco di fermento, per finir di riempiere le botti. Quando sono piene, turale leggiermente, e lascia che la birra si chiarifichi. Se in termine di 6 od 8 giorni non la vedi per anche ben chiarita, devi colarla, e chiarificata che sia, imbottigliarla.
Questa birra non fa saltare il turacciolo, nè spumeggia che in capo ad 8 o 10 giorni.
561. Altro processo per fare la birra. — Poni l’orzo nell’acqua per 48 ore, affinchè si rammollisca; distendilo sopra un pavimento in modo da formarne uno strato di due o tre pollici di grossezza; in capo a 24 ore rivoltalo con pala di legno, acciocchè non si riscaldi soverchiamente: ricomincierai quest’operazione due volte al giorno. Verso il quinto giorno vedrai manifestarsi i segni della germinazione, che lascerai progredire per 24 ore. Dopo questo tempo fa d’uopo arrestarla, ponendo l’orzo al sole o nella stufa per farlo seccare prontamente. Se vuoi che la birra abbia un rosso carico, farai abbrustolire l’orzo in forno, dopo d’averlo fatto prosciugare ad una temperatura meno elevata. Allora fa macinare grossamente il grano e tienlo in macerazione per 2 o 3 ore nella metà dell’acqua, che farai scaldare al segno di non poter più la mano sopportarla, e che manterrai a questo grado di calore. Decanta il tuo liquore, e rimetti l’altra metà dell’acqua sul grano; riscaldala infino alla medesima temperatura, e lasciala tuttavia in questo stato per 2 o 3 ore. Indi la decanterai alla sua volta, e la verserai in una caldaja insieme col la prima decozione d’orzo germinato; aggiungi il luppolo, e bolli ogni cosa insieme fino alla consumazione della metà. Passa questo liquore per istaccio o per pannolino, a fine di tenere indietro il luppolo, e ponilo in tini larghi, acciocchè si raffreddi prontamente: allorchè il liquore non sia più che un po’ tiepido, versalo in un tino di gran capacità per farvelo fermentare. Stemperavi dentro un boccale e mezzo di lievito, che avrai cura di agitare e dimenare, affinchè riesca bene il miscuglio. (Il lievito non è altro che la schiuma della birra che ha già fermentato, e che vuol esser conservata a questo fine.) Ben tosto si sviluppa la fermentazione, ed il liquore ribolle fortemente e spinge molta schiuma alla superficie. Raccogli questa schiuma, o lievito, che serve a promuovere la fermentazione di novella birra, e i fabbricatori vendono per diversi usi. Quando il moto di fermentazione è calmato, versa la birra in piccole botti e lasciale stare all’aria per alcuni giorni: intanto la fermentazione continua. Allorchè non vedrai formarsi più schiuma, cola ed imbottiglia la tua birra.
La birra fabbricata co’ due processi che abbiamo descritti, è amarissima, e può serbarsi per moltissimo tempo. Chi volesse farne uso subitamente, dovrebbe impiegare 8 o 10 once soltanto di luppolo invece d’una libbra, come si è di sopra indicato. Allora è meno amara.
562. P iccola birra. — Si può anche procacciarsi una piccola birra gradevole e leggiera, tenendo in macerazione l’orzo germinato, che ha già servito per la prima birra, in acqua caldissima per lo spazio di 4 o 5 ore, e facendo bollire questo liquore con un pochetto di luppolo. Si potrebbe, per esempio, impiegare 4 o 6 once di luppolo per 100 boccali di questa decozione, da ridursi a soli 70 o 80 boccali col mezzo dell’ebullizione. Indi bisogna promuovere la fermentazione mediante il lievito.
Questa piccola birra è sana, leggiera e grata, ma non può esser lungamente conservata.
563. Birra casalinga. — Togli uno, due o più staja di buon cruschello di frumento, mondato con diligenza; fa bollire mezz’ora con acqua di pozzo in una caldaja di ragionevole capacità, e aggiungi, durante l’ebullizione, qualche pizzico di fiori di sambuco secchi ed un pugno di fiori di luppolo. Bollito che abbia ogni cosa, leva la caldaja dal fuoco, e spegnilo sotto di essa; e quando la decozione è quasi fredda, passala per istaccio, e colmane una botte di adequata capacità, la quale se avrà ultimamente contenuto del vino sarà meglio. Quando la birra è imbottata, piglia un bicchier di lievito, stemperalo e allungalo con acqua, e versalo nella botte pel cocchiume; indi rimesta il tutto ben bene. Questa birra bollirà e fermenterà come la fosse della migliore, e otto giorni dopo la troverai chiarificata. Allora potrai manometterla, avvertendo che i due o tre primi boccali essendo torbidi, bisogna lasciarli posare a parte.
Se vuoi una birra più spiritosa, potrai gettare nella botte una o due libbre di miele, o qualche pugno d’uve passe. Questa birra si conserva benissimo in bottiglie; ma dacchè l’avrai manomessa dovrai berla prestamente. Il vero momento di servirsene è quando essa ha perduto il sapor di mosto, ed ha cominciato a prendere un po’ di frizzante.
564. Maniera di conservare la birra. — Metti in ogni barile di birra un quartuccio di spirito di vino, e per tal modo conserverai la tua birra più anni.
Per rimediare alla birra alterata, mescola un po’ di lievito cogli avanzi di ciò che già servì a fare della birra forte, e lascia al fuòco questo miscuglio per qualche tempo; indi fanne uso per rinnovare la fermentazione della tua birra. In mancanza di lievito di birra, potrai valerti di miele, di lievito di fornajo, o di melassa. Quando è vecchio anche il lievilo, bisogna mischiarvi alcun poco di fior di farina, di zucchero, di sale e di birra calda, oppure dell’acqua calda semplicemente e dello zucchero.
565. Infusione di caffè. — La più semplice maniera di fare l’infusione di caffè, o, come dicesi, il caffè nero, è quella conosciuta di porre in un vaso qualunque, mentre l’acqua bolle, una conveniente dose di caffè tostato e polverizzato, stando bene attenti di ritirarlo dal fuoco allorchè minaccia di dar di fuori, e facendo quest’operazione per tre o quattro volte per poi ritirarlo definitivamente e lasciarlo riposare acciò si chiarisca.
In luogo d’acqua pura si può adoperare dell’acqua in cui abbiasi fatto ribollire la fondata del caffè del giorno innanzi. In tal caso occorre minor quantità di polvere di caffè per egual dose d’acqua.
Si fa uso anche della caffettiera alla Dubelloi , che consiste in un cilindro vuoto di latta, aperto di sopra e chiuso inferiormente con un disco, pure di latta forato a piccolissimi buchi. Si colloca questo cilindro sopra apposita caffettiera, e vi si mette la polvere di caffè, versandovi poi sopra dell’acqua bollente attraverso un colatojo che la fa cadere a guisa di pioggia. Per tal modo il caffè s’inumidisce lentamente, e l’acqua s’impregna con più facilità dell’aroma, e scola nella caffettiera convertito in infusione di caffè. La polvere rimane allora spoglia di tutto il suo aroma, e lo prova il fatto, che se vi si ripassa dell’acqua bollente, questa ne esce poco colorita, e con odore e sapore assai sgradevoli.
Con questo ultimo metodo si può ottenere quasi un’essenza di caffè, facendo passare l’acqua bollente con molta lentezza attraverso la polvere di caffè, la quale in questo caso vuoi esser in molta quantità, in confronto dell’acqua che vuolsi adoperare. Questa infusione allora è suscettibile a conservarsi in vasi ben chiusi, avvertendo di aggiungervi dello zucchero. Quando uno se ne vuol servire, basta che ne prenda un quarto di chicchera, la quale finirà d’empiere con acqua bollente.
Molte altre macchinette furono immaginate in questi ultimi tempi, per ottenere in poco tempo un’eccellente infusione di caffè. Il modo di servirsene viene spiegato dagli stessi fabbricatori o venditori di tali macchinette.
566. Infusione di thè. — Vi sono molte specie di thè, le quali tutte possono ridursi a due classi principali: il thè verde, ed il thè nero. Quello verde è fortissimo e agisce sui nervi; il nero è più dolcificante. Coloro che fanno molto uso di thè, sogliono mescolare metà del verde con metà del nero.
Per fare l’infusione di thè, mettine in vaso adatto un pugno per quattro tazze di liquido; versavi sopra una tazza d’actqua bollente, e dopo pochi minuti aggiungi le altre tre tazze d’acqua egualmente bollente. Lascia in riposo per 10 minuti tale infusione, indi servitene addolcendola con zucchero in pani.
567. Cioccolata in bevanda. — Metti in una cioccolattiera tante chicchere d’acqua quanto vuoi ottenerne di bevanda. Gratta due once di cioccolata per ogni chicchera d’acqua, e unisci il tutto, facendo scioglier bene la cioccolata mediante un frullino che agiterai continuamente nel liquido. Ciò fatto poni la cioccolattiera sul fuoco lento, e lascia cuocere. Al momento di servirtene, frulla alquanto la tua cioccolata a fine di farle levare la schiuma.
568. Modo di fare i punchs. —Metti in un bicchiere comune tre cucchiajate da tavola di eccellente rum, e un poco di più se desideri il tuo punch alquanto carico; aggiungivi due cucchiajate di zucchero in pani polverizzato, ed un poco di sugo di limone. Empisci il bicchiere con acqua ben calda; travasa il punch in altro bicchiere, passandolo per istaccio di seta, e spremivi sopra lo spirito contenuto nelle scorze del limone. Si serve caldissimo.
Secondo i gusti si fa il punch più spiritoso o più dolce, aumentando la dose del rum, ovvero adoperando più zucchero.
569. Punch alla parigina. — Poni in un bicchiere bastantemente grande e forte un tuorlo d’uovo fresco; frullalo ben bene, e versavi poi sopra a poco a poco il punch nel modo che abbiamo già indicato, seguitando sempre a frullare, onde ottenere molta schiuma. Affinchè il punch non si raffreddi, è bene tenerlo sul fuoco fino al momento di versarlo sull’uovo, avvertendo però che non bolla.
570. Punch rosso per signore. —Si fa nello stesso modo che quello già descritto al num. 568, solo adoperando metà alchermes e metà rum, invece di tutto rum.
571. Punch alla turca. — Adoperando caffè invece di acqua pel punch descritto al num. 568, si ottiene il vero punch alla turca.