SCENA III.

Giuditta e il conte Lamberti nella retrobottega.

Nella farmacia - a suo tempo, e seguendo l'azione come è indicata nella scena II

Faustino, Demostene e la DONNA DI SERVIZIO.

Giuditta.

In questi mesi a Como si crèpa di salute! se non ci fosse un po' di lavoro in coloniali, con la farmacia non si caverebbero le spese!

Lamberti fa un atto di stizza, passeggiando in su e in giù.

Giuditta sforzandosi di sorridere.

Misericordia che nuvoloni! È giovine, è ricco... La signora contessa è una dea fra le più ammirate dell'Olimpo milanese di tutto il Lombardo-Veneto! Dovrebbe essere allegro, felice e invece è sempre tetro e brontolone, come il vecchio Silva dell'Ernani!

Lamberti fissandola.

Lei, invece signora Giuditta, lei, la moglie di Tito Ansperti... si mostra troppo di buon umore con me.

prorompendo.

Per Dio, non sono una spia!

Giuditta, spaventata.

Signor conte!

frattanto nella farmacia si svolge l'azione tra Faustino e Demostene com'è indicato nella scena II.

Lamberti.

E allora, perchè - tutti qui! diffidate di me? Lei, signora Giuditta, col suo ridere forzato, mentre è pallida, ancora stravolta dal dolore? E anche il signor Faustino, il dottore, anche don Carlo, tutti! E più di tutti il vecchio Ansperti, suo suocero!

Giuditta inquieta per sè commossa per il Lamberti.

Quel povero vecchio, dopo che gli hanno arrestato il figliuolo... in seguito ad una falsa denunzia... a sospetti senza fondamento, non ha più la testa a posto.

Lamberti avvicinandosi: sottovoce.

Giovanni Ansperti il Presidente della Fratellanza Repubblicana Comasca, ha il cuore sempre forte e la testa sempre a posto!

Giuditta lo fissa pallida, esterrefatta.

Lamberti.

So tutto; e stasera prenderò parte anch'io al vostro gioco del sette e mezzo. - Dov'è il signor Ansperti?... Di sopra?... Lo faccia venir giù. Se io fossi soltanto un imprudente - lei lo sa - Tito Ansperti a quest'ora sarebbe impiccato. Per chi è trovato in possesso di una cedola del prestito di Mazzini, c'è la pena di morte - e Tito Ansperti ne ha vendute cinquecento per cinquanta mila svanziche in un giorno solo e a Como soltanto! E il contrabbando? E la diffusione dei libri rivoluzionari?

con un impeto di collera.

Ma si fidi di me! Ha tanta fiducia nel signor Faustino, il direttore della sua farmacia, che conosce da pochi mesi, e in me no, che mi ha sempre veduto? Si fida di Demostene - il suo facchino - e non si fiderebbe di me, che ho avuto per trent'anni il fratello di suo suocero in casa mia, mio amministratore, mio procuratore? - Ma guardi la mia faccia. Legga nei miei occhi! Le par possibile che io possa essere un traditore, ovvero un pusillanime, un vigliacco?

Giuditta dopo un momento.

Io credo in lei? ma... e gli altri?...

esitando.

Ella sa perchè, non la sua persona, ma il suo nome è circondato da tanta...

Lamberti.

Antipatia, da tanto odio? Lo so.

Giuditta.

Da tanta diffidenza.

Lamberti.

Per mia madre! - Mia madre una duchessa di Landro, italiana, ma che chiamano «la Tirolese» perchè è tirolese il conte di Rienz! - Mia madre devota a casa d'Austria, mia madre la cugina, l'amica... Sì, l'amica, è falso, è un'infamia, ma tutti lo credono per gettarmelo in faccia! Mia madre l'amica di quel Conte di Rienz, del consigliere, dell'ispiratore mandato da Vienna all'arciduca!

Giuditta.

Signor conte! Signor conte!

Lamberti.

Ebbene, tutto questo è un grande dolore per me! È la vergogna che pesa sopra di me! Ma imputarmelo a colpa, no! - Dov'è la giustizia? E la giustizia dev'essere il sangue giovine e nuovo di un popolo nuovo e giovine! - È la mia disgrazia, terribile, signora Giuditta! Per mia madre, anche in casa mia, trovo la freddezza e l'indifferenza!

con un impeto di sincerità.

Io amo mia moglie con tutta la poesia, con tutta la passione, ma non sono riamato! - L'ho detto anche a Tito Ansperti: la patria prima; ma poi anche il mio nome da redimere, anche l'amore da inspirare, una famiglia mia da conquistare!

cambiando.

Ci vogliono prove?

Giuditta.

Non per me...

Lamberti.

Prove materiali, non ne ho, ma riuscirò a convincere lei e gli altri. - Dovevo essere iniziato alla Giovine Italia, presentato ai fratelli da suo marito. Quando egli fu arrestato, speravo che da un giorno all'altro fosse prosciolto...

Giuditta con un grido.

Sperava?... Oggi non spera più?

Lamberti deludendo la domanda di Giuditta.

Oggi ho alcune gravi rivelazioni da fare alla Società. Qualunque indugio potrebbe essere fatale.

più sottovoce afferrandole la mano.

I fratelli si raccolgono qui anche stasera?

vedendola esitante.

Ancora? - Ebbene lo dirò come ci siamo intesi io e suo marito, e mi crederà!

Giuditta lasciandosi cadere sopra una seggiola fissa ancora Lamberti che resta in piedi, davanti a lei.

Lamberti.

Anche Tito Ansperti era, come me, un cacciatore appassionato: ci incontravamo spesso, nei boschi lontani, e si cacciava poi insieme, soli io e lui, le intere giornate.

Giuditta.

So, so; ebbene?

Lamberti.

Una mattina prestissimo, ai primi di settembre...

Giuditta interrompendolo.

Il giorno stesso in cui sono venuti i gendarmi?

Lamberti.

No. Tito Ansperti è stato arrestato il venerdì: noi, invece, ci siamo incontrati la mattina del mercoledì: sono date che non si dimenticano.

Giuditta come un'eco: quasi cupamente.

Alle otto di sera, il cinque settembre: venerdì. Sono date che non si dimenticano!

Lamberti.

Io avevo fissato la posta dietro la villa del Pizzo, alle prime boscaglie che salgono poi, a dirupo, lungo la montagna. L'alba non spuntava ancora: io avevo attraversato il grande giardino dell'albergo «Alla Regina d'Inghilterra», avevo scavalcato il muro di confine fra il giardino dell'Albergo e quello della villa e mi ero lasciato cader giù, di colpo, nel recinto della villa stessa, quando vedo passarmi davanti agli occhi il lucicore di una canna di fucile e sento una mano forte, di ferro stringermi alla gola.

Giuditta.

Tito?

Lamberti.

«Che fate qui? - Dove andate?» - borbotta il mio aggressore, in tono di minaccia e di collera.

Giuditta.

Era lui?... Era Tito?...

Lamberti.

Ma allora, subito...

Si ode il campanello della farmacia: entra la donna com'è indicato nella scena seconda.

Giuditta con voce indifferente, avvicinandosi all'uscio a vetri.

Come sta la padrona?

Donna di dentro.

Stasera è quasi senza febbre!

Giuditta.

Buon segno! Speriamo!

rientra: torna a sedersi come prima: con la stessa intonazione di prima.

Era lui? Era Tito?...

Lamberti.

Lo riconosco alla voce! «amici!...» rispondo «Lamberti!» L'altro rallenta la mano, mi lascia libero, ma il suo viso - la penombra a mano a mano diradava - rimaneva accigliato, inquieto. - «Non è la buona strada, signor conte! - Per di là! Per di là!» - E mi respinge a viva forza verso il muro di cinta, quando ad un tratto si ode nella boscaglia un frastuono, un precipitare di passi e dal dirupo erto, scosceso due giovani montanari piombano, d'un salto, in mezzo a noi, e buttati vari pacchi di libri e di carte ai nostri piedi, continuano sempre giù, a precipizio, e spariscono nella discesa!

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