SCENA VII.

Il conte Lamberti. - Il signor Giovanni Ansperti e detti, poi, infine, Demostene.

Fratti va incontro a Lamberti e fissandolo gli stende la mano in silenzio.

Lamberti stringe la mano al Fratti e allo Strassèr; poi a Don Carlo, vivamente.

Lei che conosce la mia vita e le mie amarezze, lei non è stupito di vedermi qui? Mi aspettava qui, non è vero?

Don Carlo commosso.

E la benedico. E a sua volta, signor conte, non si stupisca lei di trovar qui, un povero prete. - Qui si soffre e si spera, è dunque il nostro posto, il più degno!

Giovanni stringendo la mano a Don Carlo.

Voi siete la bontà e la giustizia.

Lamberti.

Un vero, un degno prete. Invece a Venezia... - Ecco ciò che preme, ciò di cui dovevo avvertirvi.

Tutti lo circondano con ansia.

Lamberti.

A Venezia, al servizio dell'auditore militare, c'è un prete ben diverso e che compie un ben diverso ministero.

Fratti.

L'abate Bianconi?

Strassèr.

Un fanatico austriacante?

Giuditta.

Bianconi? Un Italiano? Un altro rinnegato?

Lamberti.

Costui commettendo un sacrilegio...

si sente Demostene che batte più in fretta il mortaio.

Giovanni subito, correndo a sedersi attorno alla tavola seguito da tutti gli altri.

Al giuoco!

Tutti meno Vitaliano e la Giuditta.

Giuochiamo!

Giovanni distribuisce una carta a ognuno, cominciando il giuoco del sette e mezzo.

Giuditta sottovoce al Lamberti.

La ronda o qualche figura sospetta. Demostene dà l'avviso pestando più forte nel mortaio.

Fratti a Giovanni continuando il giuoco.

Carta; un'altra, un'altra... ancora una carta... Sto.

Faustino.

Sto.

Don Carlo dopo aver guardata la sua carta.

Anch'io; sto.

Demostene torna a pestare lentamente col tono cadenzato di prima.

Strassèr.

Dieci kraiser: carte.

prendendo le carte che gli dà Giovanni Ansperti.

È stato un falso allarme. Quattro

vedendo l'ultima carta.

e quattro otto!

Faustino sottovoce.

Vado io a vedere.

si alza, esce.

Giuditta macchinalmente, seguendo Faustino con lo sguardo.

Carta!

Giovanni le dà le carte pure macchinalmente. Demostene sospende di picchiare perchè parla con Faustino.

Giuditta.

Ancora... - Un'altra... - Sette e mezzo.

Faustino ritornando, mentre tutti si voltano verso di lui.

Due gendarmi. Hanno cacciato il grugno in bottega, poi sono spariti.

tutti circondano ansiosi il Lamberti.

Giovanni.

Dunque?

Giuditta.

L'abate Bianconi?...

Lamberti.

Sapete che un mese fa, a Milano, all'osteria della «Mezzalingua», è stato arrestato il cappellaio Rossetti?

Giuditta spaventata.

Sì, ma il Rossetti è sicuro!

Strassèr.

Sicurissimo!

Fratti.

Sono pronto io a giurare per lui!

Giovanni imponendo silenzio, con forza.

Sst!

Faustino.

Lasciatelo parlare!

Giuditta angosciata.

Dio, Dio, mio Dio!

Lamberti continuando.

Orbene, quando il Rossetti dalle carceri di Milano fu trasferito a quelle di Venezia...

Giuditta.

Allo Stokhaus?

Ansperti.

Con mio figlio!

Fratti con ira.

Anche voi! Ma lasciatelo parlare!

Lamberti continuando.

Fu subito assalito da una febbre fortissima, poi rimase prostrato, abbattuto, in preda a cupe malinconie, a scrupoli religiosi...

Strassèr.

Scrupoli religiosi?

Fratti.

Il Rossetti?

Faustino.

Un mangia-preti?

Don Carlo.

Ha però una sorella monaca, a Brescia, al Sacro Cuore...

Lamberti continuando.

Era turbato da visioni spaventevoli! gli appariva, credeva di vedere il demonio.

si torna a sentir lento, misurato, cadenzato, il pestar di Demostene nel mortaio.

Il commissario di polizia approfittò dell'occasione e gli pose accanto, in segreta, l'abate Bianconi, mentitore, traditore fin con l'aspetto venerando!... Costui s'insinuò nell'animo debole del convalescente, lo sbigottì con le minacce dell'inferno e lo consolò con le promesse del paradiso, purchè fosse disposto a mettere in pace la propria coscienza, con una confessione generale.

Don Carlo si nasconde la faccia con le mani, in atto di orrore.

Lamberti continuando.

Fra i peccati il più grave, la diffusione di certi libri proibiti dalla Chiesa, che turbano la mente dei giovani, che offendono il sentimento religioso, che diffondono il pervertimento e la corruzione, e il povero Rossetti, non dubitando che un vecchio ministro di Dio potesse commettere un sacrilegio...

Don Carlo.

Un tanto sacrilegio!

Lamberti continuando.

Confessò di essere stato lui stesso l'intermediario che all'osteria della «Mezzalingua» e a quella della «Noce» riceveva i libri e gli stampati introdotti nel Lombardo-Veneto da Tito Ansperti.

Giuditta si alza con un grido, poi si lascia ricadere sulla sedia.

Giovanni.

Mio figlio!... Il nome di mio figlio!

Don Carlo.

Un prete!

toccandosi gli abiti con orrore.

Un vecchio prete!

Faustino.

Anche il Rossetti!

Strassèr.

Anche il Rossetti!

Lamberti.

Sst!.

impone silenzio guardando inquieto nella farmacia.

Giuditta continua a piangere. Per un istante non si sentono che i suoi singhiozzi, e il pestare che fa Demostene nel mortaio.

Lamberti dopo un momento.

Si tratta della vostra sicurezza! Della vostra vita! A Venezia...

esitando, guardando Giuditta, poi decidendosi.

Il Tribunale Militare è già stato radunato!

Giuditta alzandosi di colpo.

Condannato! Lo hanno condannato?...

Lamberti.

Più tardi lo saprò!

correndo vicino a Giuditta.

Al carcere! non potrà essere che al carcere! Ha sempre negato! Avrà continuato a negare!

Giuditta con impeto, a Faustino.

Gliel'ho detto! Anche stasera! Il mio Tito, no!... Ma un altro! Un altro che non abbia la sua forza!

Faustino, don Carlo, lo Strassèr, il Lamberti circondano Giuditta confortandola, facendola sedere, stringendole le mani con affetto. Giovanni Ansperti ed il Fratti restano un po' in disparte, l'Ansperti appoggiato al Fratti osserva Giuditta. Il Fratti fissa il Lamberti mostrandosi incredulo.

Faustino.

Coraggio! Non si perda di coraggio!

Don Carlo.

Io ho tanta fede! Abbia la mia fede!

Lamberti come scusandosi.

Io non potevo tacere! Non avrei potuto tacere!

Giovanni mormorando.

Povera donna! Povera donna!

Strassèr.

Maledetto il traditore!

Faustino.

Il vigliacco!

Fratti avanzandosi con impeto.

Aspettate a maledire e a giudicare! Io ho visto il Rossetti nel quarantotto sulle barricate! L'ho visto l'anno scorso nella giornata del sei febbraio! È ammalato! Può essere ancora il delirio della febbre! Non si giudicano gli uomini, non si condanna un fratello con la paura!

Tutti meno Giuditta, il Lamberti e Don Carlo fanno atto di sdegno.

Faustino.

Paura?...

Strassèr.

Chi paura?

Giovanni imponendosi.

Nessuno ha paura!

Fratti al Lamberti.

Lei, intanto, signor conte, dica un po': come ha potuto avere tante notizie, i tanti particolari?

Lamberti risentito.

Ho rivelato all'Associazione quanto poteva esserle utile. Ora basta: io ho finito.

Prende il cappello e il mantello e fa per andarsene.

Giuditta con un grido trattenendolo.

No!

Giovanni con autorità.

Si fermi!

Don Carlo sottovoce al Fratti.

Vorreste costringerlo a fare il nome di sua madre o quello del conte di Rienz?

Lamberti fa di nuovo per andarsene.

Giovanni.

Ha chiesto a mio figlio e a me di appartenere alla Giovine Italia. Siamo tutti pronti ad accettare il suo giuramento, ad accoglierlo come fratello.

Fratti al Lamberti.

Nelle mie parole non c'era altro che l'impeto, il desiderio di poter difendere un amico; ma non un'ombra di diffidenza verso di lei! Francamente, lealmente: mi creda e mi dia la mano. Mi dichiaro io stesso il suo iniziatore.

Giovanni al Lamberti.

E la formula della promessa?

Lamberti.

La so, da vostro figlio.

Giuditta con voce fioca.

Anche Demostene...

si avvicina all'uscio della farmacia, lo apre, e chiama Demostene con la mano. - Demostene entra, fa un passo verso il gruppo, rimanendo un po' discosto. - Giuditta resta in piedi, appoggiata alla credenza, vicino alla finestra.

Lamberti lento, solenne, come chi ripete parole imparate a mente.

«... Nel nome di Dio e dell'Italia. Nel nome di tutti i martiri della santa causa italiana, caduti sotto i colpi della tirannide straniera o domestica. Pei doveri che mi legano alla terra ove Dio m'ha posto, e ai fratelli che Dio m'ha dati... Per l'amore, innato in ogni uomo, ai luoghi ove nacque mio padre e dove vivranno i miei figli... Per l'odio innato in ogni uomo, al male, all'ingiustizia, all'usurpazione, all'arbitrio... Pel rossore che io sento in faccia ai cittadini dell'altre nazioni, del non aver nome, nè diritti di cittadino, nè bandiera di nazione, nè patria... Per fremito dell'anima mia creata alla libertà, impotente ad esercitarla, creata all'attività nel bene e impotente a farlo nel silenzio e nell'isolamento della servitù... Per la memoria dell'antica potenza... Per la coscienza della presente abbiezione... Per le lacrime delle madri italiane, pei figli morti sul palco, nelle prigioni, in esilio, io, Vitaliano Lamberti conte di Agliate, credente nella forza commessa da Dio all'Italia e convinto che il popolo è Depositario di questa forza - che nel dirigerla pel popolo e col popolo, sta il secreto della vittoria... - Dò il mio nome alla Giovine Italia, associazione d'uomini credenti nella stessa fede, e giuro: di consacrarmi tutto e per sempre a costituire con essi l'Italia in nazione una, libera, indipendente; - Giuro, invocando sulla mia testa l'ira di Dio, l'abbominio degli uomini e l'infamia dello spergiuro, se io tradissi in tutto o in parte il mio giuramento.»

Fratti.

Fratello!

si abbracciano.

Lamberti

abbraccia Giovanni Ansperti e Don Carlo.

Faustino fa cenno a Demostene di rientrare nella farmacia, e sorvegliare la porta di strada.

Lamberti chiamandoli tutti vicini, meno Giuditta che rimane sempre immobile.

Finora il solo compromesso è Tito Ansperti. Forte, coraggioso, saprà resistere alle insidie dell'interrogatorio e salvarsi. Ma l'abate Bianconi è ancora vicino al Rossetti. - Chi ha avuto rapporti con costui? In caso di pericolo, metto a vostra disposizione uomini fidati e danaro.

Fratti.

Il Rossetti non apparteneva al nostro comitato.

Giovanni.

Era in quello di Milano.

Don Carlo.

Non lo vedo dall'anno scorso.

Strassèr.

Io torno adesso da Londra.

Lamberti vivamente.

Garibaldi?

Strassèr.

Sì!... Si è riconciliato con Mazzini!

Fratti.

«Fallito il moto del 6 Febbraio» sono parole del Maestro, «l'Italia è paurosa, svogliata, inerte; bisogna ridestarla all'azione.»

Strassèr.

Egli sta preparando un nuovo piano. - Medici incomincierà il moto nella Lunigiana; seguirà Garibaldi in Sicilia; Kossuth nella Valtellina!

Lamberti.

Ora non sarà più come l'anno scorso. Avremo le armi, perchè avremo il danaro.

Giovanni.

Sst! la ronda! Sono le dieci e mezzo, bisogna chiudere.

Faustino a Demostene.

Si chiude!

Demostene dalla farmacia.

Prontòòò!

Lamberti al Fratti e a don Carlo.

Domani a casa mia. Voi due!

Demostene.

I gendarmi!

Tutti.

I gendarmi?

corrono al tavolo da gioco.

Giuditta guardando dalla finestra della farmacia.

Il Baraffini!

spaventata buttandosi fra le braccia di Giovanni Ansperti, come per proteggerlo.

Per lei babbo! Questa volta è venuto per lei.

Giovanni.

Su! Su! Non ti veda tremare quel rinnegato! Mi sento sicuro come mio figlio.

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