Il fascismo in Sicilia

Anche in Sicilia il fascismo ha tentato la prova, ma finora con esito disgraziatissimo, nonostante la solita protezione sbirresca.

Mentre l’ignominia fascista imperversava più furiosa nel continente, qui avemmo un primo tentativo a Cefalù, che finì miseramente con una magnifica rottura di teste nazionali e ardite. È superfluo dire che i carabinieri e il beccamorto togato del luogo si gettarono addosso, non ai codardi e più numerosi aggressori, ma agli aggrediti, che non avevano altro torto se non quello di essersi difesi e di avere respinto come si conveniva i mussoliniani mascalzoni.

Venne dopo la volta di Palermo, dove in quei giorni si era tenuto un congresso nazionalista sotto l’alto patronato del dison. Feder...cazzoni l’incitatore e il confortatore dei teppisti di Bologna. I nazionali ricottari palermitani, scaldati dalla presenza e dagli sproloqui federcazzoniani, il giorno dopo la chiusura del congresso marciarono in colonna serrata contro i metallurgici del cantiere navale, colla scusa che questi ultimi avevano canzonato alcuni operai nazionalisti (nove in tutto), di cui nessuno nel cantiere s’era mai accorto, essendo una vera quantità trascurabile, e perciò neanche tale da destare il riso.

L’esercito del Federcazzoni dunque, con qualche legionario fiumano alla testa, si provò di dare l’assalto al cantiere navale, credendo di essere a Bologna. Sennonché invece di tortellini e di tortelloni petroniani trovò nodosi randelli e lame ben temprate alla siciliana. Persua fortuna ebbe l’immancabile protezione della guardia regia, senza la quale con certezza assoluta sarebbe finito tutto quanto in mare presso il camposanto dei Rotoli. Peccato che il generale Federcazzoni si sia tenuto lontano dal luogo della battaglia; perché, se avesse preso parte all’assalto, i suoi colleghi di Montecitorio lo avrebbero visto arrivare a Roma per via acquea, trasportatovi dalle onde marine.

Vogliamo intanto sperare che né quella matricolata canaglia di Benito Mussolini né il dison. Federcazzoni trovino mai fortuna in Sicilia, che non è terra da fascismo, specialmente la Sicilia occidentale. In ogni modo è bene che i lavoratori vigilino e si tengano pronti a respingere vigorosamente e con tutti i mezzi qualsiasi aggressione federcazzoniana o mussoliniana che sia, contro cui va applicata la legge del contrappasso o del taglione. Si ricordino i compagni siciliani che un solo Michele Angiolillo vale più d’un milione di tesserati imbelli e rassegnati, che si lasciano codardamente acciaccare da poche centinaia di fascisti, mentre continuano a pendere dalle labbra scimmiesche d’un Turati o dalla sudicia barba d’un porco Aragonese.

Nel congresso di Livorno il medagliettato Baldesi, col cretinismo e colla malafede che gli son proprii, disse:

''Il potere si può afferrare coi mezzi legali. Se il mezzogiorno d’Italia fosse stato all’altezza elettorale del settentrione, i socialisti avrebbero già conquistato il potere legalmente''.

Accidenti all’altezza del campanile di Giotto e della torre degli Asinelli! Se noi per nostra disgrazia avessimo avuto in mezzo a noi qualche dozzina di Baldesi, di Turacciolati e di Trampolini, a quest’ora i fascisti ci avrebbero ingravidati tutti quanti. Per fortuna nostra di siffatte canaglie la Sicilia proletaria non ne ha mandate al circo equestre di Monteciborio ; ma nello stesso tempo essa sa tenere a posto il fascismo e, occorrendo, anche la mafia. Qual è la razza superiore? Quale la razza inferiore? Quali sono i sudici?

L’altro giorno mi diceva un contadino della provincia di Girgenti, al quale spiegavo il fascismo e le sue imprese:

"Io non sono anarchico, io non sono socialista, perché non comprendo né l’anarchismo né il socialismo, e per di più sono interamente analfabeta come quasi tutti i lavoratori della mia provincia: ma le devo confessare che non riesco a comprendere come mai milioni e milioni di proletarii, di cui una gran parte avvezzi al fuoco della guerra borghese, si facciano bastonare, calpestare, scannare da poche centinaia di fascisti, che, simili agli eroi dei Reali di Francia, corrono vittoriosi mezza Italia. Se una impresa simile fosse tentata a Girgenti, i fucili appesi alle pareti si staccherebbero da soli e da soli farebbero fuoco. Non un solo fascista uscirebbe vivo dalla cerchia dei tempii greci e delle vicine zolfare. Se i guerrieri della mortadella voglion provare, non hanno che da venire alla prima occasione, e le prometto che li ficcheremo tutti in una zolfara, nonostante la protezione delle guardie regie e dei reali carabinieri".

Guarda intanto che stranezze del caso! La provincia di Siracusa, che è la meno siciliana in tutto e per tutto, che ha tuttora un’impronta schiettamente greca, che ha avuto una delinquenza minima, che non ha conosciuto né mafia né abigeato, che ha per lo meno metà degli analfabeti della provincia di Girgenti, che è più progredita di qualsiasi altra regione del continente, che è stata celebrata da un’infinità di poeti e di scrittori stranieri per la sua civiltà e la sua ospitalità: la provincia di Siracusa colta, mite, gentile, è l’unica in Sicilia che oggi sia devastata dal fascismo e dalla più sfrenata delinquenza politica.

E sapete perché? Perché il socialismo deformato l’ha invasa e avvelenata. Infatti il pontefice massimo di quella provincia è il famigerato Vincenzo Vacirca, il medagliettato dalla "povertà francescana", che poi, oltre le quindicimila lire annue degli onorevoli lazzaroni, possiede una moglie così denarosa da poter concorrere alla compra-vendita dei latifondi, conformemente alle notizie domestiche che ci ha dato lo stesso marito francescano.

Come si vede dunque non è la violenza dei ribelli che ha generato il fascismo, secondo afferma quel vile gesuita di Filippo Turati; perché il fascismo imperversa maggiormente dove impera il ciuccialismo schedaiuolo, tesserato e deformato. Invece è il tradimento dei pompieri e degli impostori che l’ha prodotto; è la codardia dei pecori elettorali che lo incoraggia; è il farabuttismo dei ciuccialisti pagnottificati che lo alimenta.

Se la violenza ribelle si fosse manifestata in tutta la sua potenza, se la forza proletaria fosse davvero entrata in azione, a quest’ora il fascismo e i fascisti, la guardia regia e i carabinieri sarebbero andati a far compagnia a Denikin e a Kolciak.

Ma sarà mai possibile ciò se prima non si fucilano alla schiena i traditori, i pompieri, i saltimbanchi e gli arruffoni?

L’artigliere

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