IV.

FORZE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE.

Quanto faceva difetto nelle sfere del comando delle truppe piemontesi non sarebbe forse stato impossibile ritrovarlo nell'esercito napoletano, se, pari all'ingegno, alla spigliatezza naturale, fossero state in esso tutte le altre virtù militari.

La parte migliore dell'esercito napoletano (che per numero avrebbe dovuto essere il più ragguardevole della Penisola) era costituita dagli ufficiali uscenti dalla Scuola dell'Annunziatella. Ivi in un col sapere vi avevano assorbite le idee liberali, in contrasto colle idee egoistiche e ristrette del Principe.

La truppa usciva in gran parte da famiglie facenti un sol tutto coll'esercito, abituate ai favori, ai sussidi governativi: vivevano tali famiglie appartate dalla nazione, e solitamente in locali prossimi alle caserme.

I soldati erano adunque come accampati in mezzo ad una popolazione buona, ma facilmente [92] infiammabile, erano ligi al padrone, ed insolenti coi liberali. Il Principe se ne serviva, ma tenevali in poca considerazione, e prediligeva i quattro reggimenti svizzeri, assoldati a guisa di pretoriani.

Malgrado tutto ciò, è fuor di dubbio che le forze stanziali del napoletano avrebbero potuto esercitare un'influenza decisiva sui campi del Lombardo-Veneto: nella marcia attraverso l'Italia si comportarono bene, ed i capi, valorosi ed intelligenti, le avrebbero ben presto agguerrite ove gli eventi si fossero svolti a seconda.

Le reclute del mezzogiorno assorbono con facilità l'ambiente che le circonda, son facili all'entusiasmo, e noi dobbiamo certamente concludere che più funesto dell'enciclica papale fu, per la causa italiana, il richiamo nel Regno di Napoli delle truppe del generale Pepe, sebbene una cosa sia stata conseguenza dell'altra.

La nobile condotta del Pepe e di moltissimi ufficiali suoi, la bella difesa di Venezia, rafforzano a tal riguardo i nostri convincimenti.

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