VII.

LA GUARDIA CIVICA.

La guardia civica, portato dell'epoca, rispondeva all'eco lontana della rivoluzione francese: parea in essa rivivesse l'antico comune italiano uso a sorgere in armi, coronando di guerrieri gli spalti cittadini, al primo apparire dell'oste nemica.

Cosicchè gli statuti la reclamarono come il palladio delle libertà cittadine, come un contrapposto [97] delle truppe stanziali che, devote al principe, poco affidavano in caso di meditati conflitti.

Ma il medio evo era passato, l'assetto abituale dei popoli non era più la guerra, nè l'odio perenne pel vicino. Le battaglie non erano più lotte fra città e città, ma fra nazione e nazione, ed una milizia legata al patrio focolare, usa alle lusinghe cittadine, non poteva essere truppa da grossa guerra.

Ne di ciò fu tardo ad avvedersi il popolo, che nelle satire lepide e pungenti, nelle umoristiche illustrazioni dell'epoca, lasciò traccia del suo pensiero e della sua limitata fiducia nella guardia civica: gli stessi poeti ne trassero argomento di facezie rimate.

Vi furono episodi onorevolissimi e pugne nelle quali la Civica lasciò bella fama, ma nel complesso mancò la proporzione tra l'enorme suo sviluppo ed 1 risultati che se ne ottennero, e sarebbe stato ottimo provvedimento concentrare le armi ed il denaro, per essa prodigato, nelle schiere realmente combattenti e di prima linea.

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