XIV.

LA SCONFITTA DEL VENETO.

Se non che, mentre il martello piemontese batteva qua e là l'incudine del quadrilatero, il Nugent attraversava il Veneto.

Questa regione, che mezzo secolo prima era stata il teatro delle gesta fulminee di Napoleone, parve ripiombata nel medio evo! Venezia aveva rialzato il vessillo di San Marco: ogni città, ogni comune pretese farsi centro della difesa italica, sembrò ritornata in onore la guerra di campanile. I crociati giuravano di morire sul recinto dell'avito comune, il popolo chiamava i vescovi a benedire le barricate.

Fra errori, colpe e deliri rifulge isolata e magnifica la difesa del Cadore, affidata dal Manin al capitano Calvi, e dove i montanari nostri, imperterriti, con ogni possa si opposero all'invasione. Al trinceamento di Chiapuzza colle forche, cogli spiedi, coi tridenti, quei prodi combattono; le donne seguono in battaglia i mariti, i figli, e vincono. Ad Ospitale [116] la difesa è tenace, al Passo della morte si ruzzolan giù pei dirupi massi di pietre, che pongono in fuga i nemici, a Rucorvo, a Rivalgo (28 maggio) le resistenze son decisive e fortunate. Dalle miniere di Auronzo si traeva il piombo, dalle cantine il salnitro, da ogni ferro un'arma, da ogni essere un combattente.

Fa bene all'anima il ricordare questi fatti, che potrebbero nell'avvenire ripetersi, e che ci danno un'idea di quanto possiamo sperare dalle Alpi organizzate a difesa.

Ma il precipitar della valanga era nel '48 fatale. Le discordie e la gelosia fra i generali Durando e Ferrari dell'esercito pontificio, la nessuna unità di concetti fra questi, la legione francese del generale Antonino, la brigata del Guidotti, che disperato corse incontro a certa morte, le forze del generale Alberto La Marmora (il quale ultimo agiva in nome del governo Veneto) fecero sì che la difesa del Brenta, affidata a 18,000 uomini, (corpi franchi, guardie civiche e volontari) non fosse, malgrado alcuni fatti isolati e di positivo valore, che una serie di errori militari. Così l'esercito di soccorso austriaco sotto il nuovo comandante Thurn (stante una malattia sopravvenuta al Nugent) passato con facilità l'Isonzo, il Tagliamento, [117] la Piave, e sollecitato dal Radetzky, seguiva la sua marcia verso Verona, ed il 22 maggio, a San Bonifazio, riunivasi alle forze del Maresciallo.

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