V.

In questo stesso anno 1527, nell'ufficio di Segretario dei Dieci, che già era stato onorato dal nome del Machiavelli, entrava Donato Giannotti, assai inferiore a lui, come dice lo stesso Busini. Anche il nuovo segretario volle scrivere di politica, e quelle sue esercitazioni continuò, caduta la repubblica, nell'esilio. Il Giannotti, per altro, era un animo retto ma un intelletto mediocre; e le sue elucubrazioni politiche mancano d'ogni originalità. Da Polibio trae il concetto di governo misto di principato, di aristocrazia e di popolo; e vuole che in questa combinazione abbia prevalenza il popolo mediocre, cioè la democrazia borghese, mentre, rispecchiando le antiche tradizioni fiorentine, ha in avversione i nobili e in grande dispregio il popolo minuto. Tra gli stati moderni prende ad esempio la Repubblica di Venezia, intorno alla quale scrisse un trattato in forma di dialoghi, pregevolissimo; e vuole perfezionata la costituzione data dal Savonarola alla Repubblica Fiorentina. Ma al concetto dello Stato, della patria, che in sè riassume tutti gli interessi, tutti gli affetti, secondo il bellissimo detto di Cicerone: omnes omnium caritates patria una complexa est; a questo concetto, che fu la grande idealità di Niccolò Machiavelli, il Giannotti non s'innalza mai, e non è capace di intenderlo. Egli, invece, dell'affetto e dell'avversione dei cittadini alla cosa pubblica, non trova altre ragioni, se non l'appetito della roba e dell'onore, o la difesa contro il danno o l'ignominia; e a questi interessi, a queste ambizioni, che sono interessi di partiti e di persone, si studia di provvedere con un sistema di equilibrio e di accomodamento, che si rassomiglia, a distanza di tempi e di [201] condizioni, al parlamentarismo moderno; di che gli dia lode chi se ne diletta! E anche riguardo al concetto dell'Italia il Giannotti rimane indietro; nè altro esempio voglio addurne se non il suo Discorso a papa Paolo III sulle cose d'Italia; nel quale, dopo aver ragionato, con una serie d'argomentazioni fredde e infinitamente noiose, dei contrasti possibili tra l'Impero e la Francia, e dell'interesse che possono avervi i potentati italiani; e dopo avere espresso la sua avversione all'Impero, non sa trovare altro rimedio ai mali d'Italia che invocare le armi del Re di Francia; la quale illusione, se fu comune a quasi tutti i fuorusciti repubblicani, mostra che il Giannotti non aveva lo sguardo più acuto degli altri; mostra che, pur mantenendosi un intemerato repubblicano fiorentino, non s'elevò mai al concetto d'un'Italia indipendente da ogni ingerenza straniera. Ma la memoria di lui è, ad ogni modo, degna di venerazione, perchè, in mezzo alla folla irrequieta e procacciante dei fuorusciti, onorò, coi nobili studî, sè e la patria lontana; e si studiò di apparecchiarle quello che a lui pareva il miglior governo possibile, se la patria fiorentina fosse risorta.

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