VIII.

Fin da principio fu guerra spietata. Il duca ordinava che le reda de' Senesi a balia nel ducato fossero tenuti prigionieri ad istanzia sua; verso il fine dell'impresa per dieci miglia intorno a Siena non si trovava più erba, nè paglia, nè grano, nè abitanti; al campo, che pure orribilmente soffriva, i viveri doveano esser portati da Firenze; da questa città fino a Siena, ed a Montalcino non vi era niente sulla terra per dar da mangiare ai cavalli. Fin da principio i soldati, meno feroci dei capitani, protestavano di voler far tra loro a buona guerra, eppoi non vollero consegnare i fuorusciti fiorentini fatti prigionieri, per non aiutare il bargello, talchè la crudeltà si sfogò tutta sui villani. Fu eretto un infame e scellerato tribunale dove si teneva un registro de' villani colti la prima volta con qualche vettovaglia; se incappavano la seconda erano subito appiccati, pagandoli due scudi l'uno a chi li acciuffasse. Ne furono appesi oltre a 1500 ad alberi infecondi appositamente risparmiati, orrendi trofei, quasi maledizione degli uomini, su quella campagna benedetta da Dio. Il Marignano poi condannava alle forche i terrazzani che aspettassero per arrendersi il primo colpo di cannone.

In più volte furono cacciate dalla città le bocche inutili; erano donne del popolo con un bambino al petto ed uno per mano, col fagotto de' poveri cenci sul capo; erano trovatelli dell'ospedale dai 6 ai 10 anni entro a barelle, a cestarelle, o giovinetti dai 10 ai 15 anni, piangenti, a piedi, con una canna in mano. Ahimè! Appena usciti sono rincalciati indietro, colle mani e gli orecchi tagliati, e i più piccini rimanevano “semivivi a diacere [171] per terra con strida e lamenti che avrebbero fatto piangere un Nerone; ed io (esclama il Sozzini) avrei pagati 25 scudi a non li aver visti; per tre giorni non poteva mangiare nè bere che pro mi facesse„. Il rettore dell'ospedale, un Venturi, andò a trovare lo Strozzi, e con lacrime generose di pietà e di sdegno, disse “a buona ciera„ che non volea cavarne più, piantò l'ufficio, e si tappò in casa senza più ricevere alcuno. Di quelle povere bocche inutili, beate quelle ch'esalavano subito l'ultimo fiato! Non poche ne rimasero a pascer l'erba a guisa di selvaggi animali, fra le mura e i bastioni, quasi fra taglienti forbici (così il Bargagli, novelliere, ch'ebbe il coraggio mostruosamente rettorico di far novellare le sue gentildonne fra quegli spettacoli) finchè spiravano ed erano lasciate insepolte, talchè si videro cani tornare a Siena cogli stinchi e i teschi scarniti, ed una madre estinta col bambino ancor vivo all'esausta, fredda, lacerata mammella. Ho taciute le vergogne: basti che un ragazzo, afferrato il pugnale di uno spagnuolo, lo cacciava nel seno alla sorella bellissima. Eppure quali esempi di fede e di abnegazione in quei poveri, in quei contadini!

A Torrita una vecchia di 75 anni cadeva in mano dei Tedeschi; più per burla che per altro volevano che gridasse: duca, duca; ed essa negava, e gridava: lupa, lupa. I Tedeschi cominciano a montare in collera, ella sempre: lupa. Spogliata nuda, condotta ad una porta del castello è minacciata di crocifissione; ma non fu possibile indurla ad altro che a dire: lupa, lupa. “Con quattro buoni e grossi aguti (son parole d'un contemporaneo) conficcarono a braccia ed a gambe aperte la vecchia su quella porta, e mai non volle dir altra parola che lupa. Con una sbarra di legno le sbarrarono la bocca; ma ben si vedea dalle dimostrazioni del viso e degli occhi, che tuttavia dicea: lupa, lupa.„ Siena, come i grandi ideali, ebbe adunque i suoi martiri!

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I gentiluomini davano e ricevevano esempi che i Greci ed i Romani stessi non dettero. È nota l'apostrofe del Montluc alle Senesi, che posseggono così squisito quel supremo ornamento della bellezza, il segreto dell'eterno femminile, la grazia, la eleganza soave, carezzevole delle forme, dello sguardo e del sorriso. Eppure quanta forza in quei petti delicati! “Alcuni gentiluomini (così il bravo generale) mi additarono un gran numero di gentildonne con delle ceste piene di terra sul capo. Non sarà mai, dame senesi, che io non renda immortale il vostro nome fino a che il libro del Montluc vivrà, perchè in verità siete degne di lode immortale quanto mai donne al mondo. Al principio della bella risoluzione che questo popolo fece di difendere la sua libertà, tutte le donne della città si divisero in tre schiere: la prima era condotta dalla signora Forteguerra, vestita di violetto, e tutte quelle che la seguivano adottarono lo stesso colore, con un guarnello corto a guisa di ninfe; la seconda da una Piccolomini, e vestiva d'incarnato; la terza da Livia Fausti, con abiti bianchi e concordi insegne.„ Erano tremila, nobili e borghesi, con vaghi motti ed imprese, ed andavano attorno collo instancabile vigore del quale la donna è capace, così tra i vortici inebrianti della danza, come fra i dolori di un ospedale e di un assedio, portando corbe, picche, terra e fascine, e lavorando ai bastioni, mentre cantavano un inno in onore della Francia. Il Termes assicurava “di non aver mai vista in vita sua cosa più bella„. “Vorrei aver dato (così il Montluc) il miglior cavallo per aver quell'inno, e poterlo qui riferire.„ E soggiunge: “non conobbi pur un solo di quei cittadini temere„; gentiluomini, contadini, preti, frati, donne e fanciulli, al suono di un campanello, o al grido: forza, forza, correvano a lavorare ai terrapieni, di giorno e di notte, e una volta fin quaranta ragazzi fecero una sortita con frombole e [173] partigianelle. Presto cominciarono gli stenti. Non vuo' tediarvi colla enumerazione de' prezzi delle cose più necessarie alla vita: due grappoli d'uva in un fazzoletto erano un gran dono; i topi e i gatti divennero un cibo di lusso; un'insalata squisita l'erbacce che crescono a piè delle mura. Ognuno avea in casa il suo bravo mulino con certe macinelle piccole a mano; eppure, fra tanta penuria, non mancarono a Siena i dolci e il pan pepato: “bericuocoli e pan pepati (narra il Sozzini) appena cotti si portavano in piazza, ed erano subito spacciati caldi, caldi„. Un soldato ne mangiò una cesta piena, e si lagnava di non essere satollo.

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