XI.

Quel tripudio fu lampo fugace. L'assedio diveniva sempre più duro; le citole vestite di bianco, scapigliate e scalze, andavano a processione, gridando: oh Christe audi nos! o intuonando laudi dal verso immensamente piatoso; già ognuno andava a capo basso, senza parlare; appena tre o quattro donne erano rimaste nella loro prima effige; i vivi portavano invidia ai morti; parenti ed amici, incontrandosi, esclamavano: mi è venuto a noia il vivere. Si cuoceva la malva in luogo di pane, perchè facesse ripieno. Il Montluc avea tirato il collo all'unica gallina regalatagli dal Marignano affinchè godesse di qualche uovo fresco, e si era ridotto a mangiare una sola volta al giorno col Bentivoglio ed il Cajazzo, il suo panino di una libbra con un po' di pesce e di lardo; “ma [179] era un pranzo, egli esclama, se tornavamo affaticati e vittoriosi da una scaramuccia„. Dovè consentire alla Signoria di trattare, vedendo che “non c'era rimedio che mangiarci fra noi„. I Francesi e lo Strozzi avevano abbandonata la misera città, promettendole di continuo il soccorso che non arrivava mai. “Almeno, dicevano i popolani, se ci vogliono dare di queste carote facciano che si mangino col pane!„ Il duca stipulò l'accordo, come luogotenente di Cesare; l'antica libertà fu da Cesare, secondo l'uso, promessa e non mantenuta, e Siena, trattata come un feudo di Spagna, finì decaduta e avvilita nelle mani di Cosimo, che, italiano e toscano, era stato il più subdolo e crudele fra i suoi nemici, ed infine il più lieto, facendo dipingere in Palazzo Vecchio il leone e la lupa avvinti dalla stessa catena d'oro; ma su quell'oro quanto sangue!

I padri narrarono ai figli le atrocità di quell'assedio insieme coi ricordi di Montaperti e delle secolari discordie, e nel cuore de' Senesi durò per lungo tempo ancora un risentimento invincibile contro Firenze; fin nel secolo XVII v'erano Senesi ch'esaltavano il loro vernacolo a scapito del fiorentino; che si ostinavano a disconoscere il genio di Dante perchè fiorentino, che facevano le meraviglie se udivano che Firenze era più bella di Siena. La repubblica avea mandati i suoi cannoni contro Firenze, ed ora soccombeva allo stesso destino; era tradita ugualmente; nell'ultima sventura diveniva sorella dell'antica rivale, ma sorella gelosa, irrequieta ed altera.

“Come un turbine spazza via dalle immondezze una piazza, così i poveri Senesi (dice il Sozzini) spazzarono a un tratto la piazza del Campo„ dalle vettovaglie che vi si erano da ogni parte accumulate. Sfido io! Si erano arresi più che al nemico alla fame: per forza, Siena, ripetè il proverbio, o neppure arresi veramente perchè [180] molti uscivano coi Francesi, a bandiere spiegate, ed a tamburo battente, lunga e stupenda processione giù per i poggi brulli e rossastri. Dove sono i cittadini, là è la patria. I profughi aveano avuta dagli Spagnuoli la cortesia di pochi muli per le vecchie e pe' fanciulli, ch'esse presero sulle ginocchia; gli altri procedevano a piedi, uomini e donne; queste ultime portando sul capo le culle dove i lattanti vagivano. Più di cento giovinette seguivano i padri e le madri; molti uomini tenevano per una mano la figliuola e coll'altra la moglie. “Non ho mai visto in vita mia (così il Montluc) partenza sì desolata„. All'Arbiarotta gli Spagnuoli stessi erano accorsi a porger loro il pane della carità, che salvò la vita a più di duecento di quegl'indomiti repubblicani affamati. Mario Bandini era con loro. Siena, divenuta spagnuola e granducale, ridotta da 40 a 7 o 8 mila anime, non era più la patria de' loro cuori e de' loro sogni. La repubblica continuò, risorse in Montalcino coi suoi magistrati, la balzana, la moneta, le sue vecchie passioni. Certo era un simulacro; ma i più umili simulacri, un cencio di bandiera, una logora medaglia non sono anche grandi ricordi, conforto, auguri, speranze? La vita stessa non è un lungo ricordo ed una continua, inquieta speranza?

La repubblica di Montalcino era sotto il regime militare del comandante francese; gli esuli sussidiati dalla Francia; il loro numero si andava sempre più assottigliando, ma pure resistettero, per quattro anni resistettero alle armi, alle lusinghe, ai tradimenti, fra i quali uno proposto da Pietro Fortini turpe nella vita come nelle novelle turpissime. Infine nel trattato di Cateau-Cambrésis insieme colle sorti di regni e di sovrani si definirono pur quelle della minuscola città di Montalcino, e tutta l'Italia si addormentava nel sonno della servitù.

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