Esaminando le opere dei principali lirici del Quattrocento, vediamo che la poesia idillica è la predominante: poi vien quella amorosa, sensuale o elegiaca: poi la popolare, sacra o profana. Vediamo che il Pulci nella sua stravagante e possente fantasia pare un'eco medievole in mezzo al Rinascimento - che il Poliziano è il più essenzialmente greco-latino, e il più artista - che il Magnifico ha più di tutti il senso della realtà, e il Boiardo quello della poesia e della bellezza. In tutti c'è, più o meno, l'intendimento e l'attitudine a rappresentare nel verso la natura esteriore. Sotto un certo aspetto, son tutti poeti naturalisti: ma il metodo descrittivo varia nei diversi poeti. Lorenzo, come in pittura il Ghirlandaio, trascrive la immagine esteriore delle cose, con una grafica precisione. Il Boiardo e il Poliziano, vedono nella figura esteriore qualche altra cosa; e, come il Botticelli, sono immaginosi più che drammatici.
In tutti però, eccetto Lorenzo de' Medici, l'osservazione della natura è piuttosto limitata. Al lettore moderno, che ha letto Rousseau e Goethe, Wordsworth e Shelley, Lamartine e Giorgio Sand, Tennyson e Victor Ugo, pare che quei lirici del Quattrocento non abbian visto che la primavera tra le stagioni, le rose e le viole tra i fiori, e il rosignolo tra gli uccelli. Somigliano un [180] po' a certi lirici tedeschi, i cui Lieder son composti con un limitatissimo e monotono dizionario poetico: cielo, luna, aprile, sorriso, vergine, rose, gigli, rosignoli, amore e dolore.... Ma la nota monotona, insistente come il ritornello d'un merlo, è sempre la Primavera. Talchè, leggendoli, alla lunga ci prende un desiderio, una simpatia, una voglia irresistibile di un po' di pioggia, di neve e di tramontana....
Il vero realista è Lorenzo. Esso il primo interrompe la convenzionale tradizionale ottimista nelle pitture rurali. Ha visto il grano e le rose, ma anche le ortiche ed il concio - le ghirlandette e i pruneti - i rispetti e le serenate, e il sudiciume e la fame.
Nel suo delizioso poemetto, L'Ambra, la piena del fiume è descritta nei più realistici e dolorosi particolari.
Appena è stata a tempo la villana
Pavida a aprire alle bestie la stalla.
Porta il figlio che piange nella zana.
Segue la figlia grande, ed ha la spalla
Grave di panni vili, lino e lana:
Va l'altra vecchia masserizia a galla,
Nuotano spaventati i porci e i buoi....
Non pare staccato da una pagina della Terre di Emilio Zola? E com'è schiettamente contadinesco il Canto d'amore la Nencia da Barberino! Immagini e favola, tutto è perfettamente rusticano e fiorentino.
Non vidi mai fanciulla tanto onesta,
Nè tanto saviamente rilevata:
Non vidi mai la più pulita testa,
Nè sì lucente nè sì ben quadrata.
Ell'ha due occhi che pare una festa
Quand'ella li alza, e che ella ti guata:
E in quel mezzo ha il naso tanto bello
Che par proprio bucato col succhiello.
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E che efficacia di rappresentazione nei suoi Canti Carnascialeschi! Sia nei Mitologici, come le Parche, Bacco e Arianna, il Trionfo d'Amore; sia nelle Mascherate dei Mestieri, come i Cialdonai, le Filatrici d'oro, i Calzolai.... In moltissimi il doppio senso è lubrico, spesso addirittura osceno, quale sarà più tardi in certi Capitoli del Berni, dei Bernieschi, e dell'Aretino - talvolta è velato da una maliziosa ironia, come nel Carro delle Mogli giovani e dei Mariti vecchi.
I Vecchi. - Deh? vogliateci un po' dire
Qual cagion vi fe' partire,
D'aver preso altro amadore
Vi farem tutte pentire.
Le Mogli. - Deh, andatene al malanno,
Vecchi pazzi rimbambiti!
Non ci date più affanno!...
Contentiam nostri appetiti.
Questi giovani puliti
Ci dann'altro che vestire....
E che movimento bacchico, che allegra spensieratezza pagana, che gioconda esultanza di ritmo, nel Trionfo di Bacco e Arianna!
Donne e giovinetti amanti,
Viva Bacco e viva Amore!
Ciascun suoni, balli e canti!
Arda di dolcezza il cuore!
Non fatica, non dolore!
Quel c'ha a esser, convien sia,
Chi vuol esser lieto, sia;
Di doman non v'è certezza.
Quant'è bella giovinezza
Che si fugge tuttavia.
La figura di Sileno in questo medesimo Canto ha tanto rilievo, che par gettata in bronzo dal Pollaiolo.
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Questa soma che vien dreto
Sopra un asino, è Sileno:
Così vecchio, è ebbro e lieto,
Già di carne e d'anni pieno.
Se non può star ritto, almeno
Ride, e gode tuttavia....
Chi vuol esser lieto, sia:
Di doman non v'è certezza.
Lo stesso Lorenzo scriveva poi Laudi e Sacre Rappresentazioni. Spesso, una medesima aria serviva a una Lauda divota, come Crocifisso a capo chino, - e a una lasciva Canzonetta, come Una donna d'amor fino. Lorenzo è un gran dilettante, pel quale tutti i motivi poetici sono buoni - e passa con intrepida disinvoltura dal Canto sacro della Mater dolorosa, al Canto carnescialesco dei Bericuocolai.