II.

Nel secolo XVII, come nel XVI e poi nel XVIII, Roma è città sterile d'arte e di artisti proprii; ma è come il gran mercato dove si eseguivano, o si trasportavano, le opere dei più insigni artisti italiani e stranieri: un gran centro di ecletticismo. Lorenzo Bernini, nato di famiglia fiorentina a Napoli, visse e lavorò quasi sempre in Roma. Fa spavento il pensare quanti sono i lavori di lui nella sola Roma; fra chiese, palazzi, colonnati, archi, fontane, scale, statue, gruppi, busti, mausolei.... Si direbbe una legione di artisti. Nella prodigiosa fecondità gli sono solo paragonabili Rubens e il Tintoretto. Genio veramente creatore e moderno, dipinse nel marmo, e mise nei suoi ritratti la vita ed il movimento; rilevando con possente efficacia la fisonomia caratteristica dei personaggi. Nell'architettura, spirò una trionfale grandezza. Le sole fontane basterebbero a immortalare il suo nome. Prima di lui, nessuno, nè antichi nè moderni, avevan capito la poesia e il carattere dell'acqua, messa in movimenti armonici e pittoreschi. Chi non è [388] stato a Roma non ha idea di fontane. Le più celebri fuori di Roma, e in Italia e all'estero, non sono che spruzzi d'acqua, o docce da bagno, o saliere. Vuotatele, e potrete figurarvele, senz'alcuna repugnanza, piene di qualunque altro materiale; - vuotate quelle del Bernini, e a nessuno verrà il minimo dubbio che lì c'era, e doveva essere, il fluido irrequieto elemento - la fresca abbondante e sonante acqua romana. Alcuni critici d'arte chiamano bella ma barocca la fontana di Piazza Navona, dove sono le grandi statue del Danubio, del Nilo, del Gange, del Rio della Plata, in attitudini ondeggianti e serpentine come l'acqua. Se veramente questa fontana è barocca, vuol dire allora che l'ideale di una fontana è il barocchismo, - che una fontana per essere bella e caratteristica e pittoresca, deve esser barocca. Ma vi son taluni pei quali ogni nuovità, ogni ardimento è barocchismo.

A proposito delle statue del Bernini, e ne ha delle stupende e perfette come la Santa Bibiana ed il Davide, si è fatto un gran declamare contro gli svolazzi dei manti del suo Apollo, dei suoi Angioli del Colonnato. Ma hanno mai pensato cotesti rigidi censori che Apollo è in atto di inseguire una Ninfa, e che questo Apollo inseguente Dafne, era destinato a una villa, all'aria aperta, e non alla sala di un Museo come lo vediamo [389] ora, fra le dee greche dai pepli corretti e dalle tuniche aderenti? Era possibile e logico che il manto del Dio non svolazzasse? L'Apollo è ammirabile nel suo movimento impetuoso, come la Dafne nello stupore di sentirsi conversa in pianta, e i piedi tramutarsi in radici, e fiorirle i capelli, e il sangue aggelarsi, e la carne attonita diventar vegetale. E quei santi e angeli sui culmini di San Pietro, del Colonnato, di San Giovanni Laterano, campati in aria, dai gesti drammatici violenti, agitanti delle croci gigantesche con movimenti aerei, saranno barocchi quanto volete, ma lì dove sono stanno bene, e spiccano a cinque miglia di distanza, e armonizzano con la Cupola e con la immensa campagna. Metteteci invece delle belle figure corrette e composte, non si vedrebber nemmeno. I barocchi, anche i più decadenti, ebbero un vivo sentimento dell'ambiente, come i grandi artisti moderni. Così le Susanne del Bernini bisognerebbe vederle là per dove eran fatte, presso la vasca di una villa romana, all'ombra verdastra delle elci secolari, e non nelle sale d'un Museo. Come certi grandi vasi da fiori del Secento, ammirabili come decorazione (i Barocchi e i Giapponesi sono i più insigni decoratori del mondo), non si possono giudicare vedendoli vuoti, e in una collezione - ma bisognerebbe vederli sulle scalee di una villa, o [390] in un grande giardino dell'epoca e pieni di fiori, non vuoti. Ogni opera d'arte, o signori, anche se perfetta in sè stessa, perde di pregio, quando la contempliamo in un ambiente troppo diverso da quello nel quale e per il quale fu fatta. Pochi giorni fa, in una visita al nostro Museo Nazionale, vidi murate alle grandi pareti di due immense sale, una moltitudine di Madonne dei Robbia; bellissime e adorabili ciascuna per sè, ma lì tutte in fila, mi parvero a un certo momento, Dio mi perdoni, tanti soldatini delle scatole di Nurimberga.... E pensavo all'effetto grande, inevitabile e delizioso, che una sola di quelle Madonnine faceva quando era dove doveva essere, in un chiostro solitario dell'Appennino, o nella penombra mistica di una chiesa.

Anche per apprezzare equamente la Santa Teresa del Bernini, bisogna rammentare e il carattere religioso della Riforma Cattolica, e il misticismo rêveur del Secento, e Molinos e Madama Guyon. Questa Santa Teresa non è una santa del Medio Evo, ma una gran dama devota del secolo XVII; avvezza ai grandi cerimoniali liturgici del Gesù e di San Pietro, all'odore degl'incensi, al sacro lume dei ceri, alle melodie dell'organo, all'oro dei piviali, alla penombra mistica del confessionale, al monotono gemito delle salmodie. Guardatela sotto questo aspetto e la troverete [391] ammirabile. Dicono troppo adulto ed equivoco l'angelo che la ferisce con lo strale del divino amore. Sarà. Però, è abbastanza curioso, che per giudicare della bellezza della santa, si debba prima esaminare la fede di nascita di quell'angelo, il quale, qualunque età abbia, è piuttosto bruttino. Ma che ardor di passione in questa Santa Teresa! “Elle a séchè dans le feu, dans les larmes„, attendendo lo Sposo celeste. Svenuta d'amore, gli occhi semichiusi, è caduta in un'estasi dolorosa e voluttuosa ad un tempo. Il bel viso è magro, la bocca sospira, le mani sono languidamente abbandonate. Vista una volta, non si dimentica più. Il Taine, credibilissimo giudice, e piuttosto severo per il Bernini, ha scritto di questa statua: “Bernini a trouvé ici la sculpture moderne, toute fondée sur l'expression.„

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