IX.

Tre insigni paesisti del secolo XVII dimorarono lungamente in Roma: Poussin, Claude Lorrain, Salvator Rosa. Il paesaggio dei primi due, sopratutto del primo, ha carattere essenzialmente romano. Poussin, benchè metta troppa architettura e troppa archeologia nelle sue tele, ebbe vivissimo il sentimento della campagna romana. Claudio mise primo nei suoi paesaggi effetti di sole e di luce, prospettive aeree, la diversa poesia dei cieli, i fasci di raggi luminosi, le rose dell'aurora, gli incendî del tramonto, le forme varie e incessantemente mutabili delle nuvole. Salvatore è il pittore delle foreste - misteriose, sinistre, minacciose - popolate di banditi, e di querci fulminate o atterrate. Lo accusan perciò di non essere abbastanza meridionale: ma l'accusa non ha fondamento; perchè i boschi e molti paesaggi meridionali sono in realtà più sinistri e paurosi dei paesaggi del Nord. Sparse di spenti vulcani e di viventi solfatare, certe selve meridionali somigliano alla selva dei suicidi di Dante; e gli alberi sembrano agonizzare in attitudini disperate. Salvatore li vide così, e così li dipinse.

[418]

Ce damnnè Salvator, come lo chiama Michelet, è il pittore delle selvagge solitudini, del furore degli elementi scatenati, dei boschi tormentati dalla bufera, delle piagge flagellate dai flutti sconvolti, delle irte scogliere, degli antri tenebrosi, delle battaglie feroci combattute su terreni desolati, o fra selve incendiate....

Ha talvolta del manierato, del barocco; verissimo; ma noi ci troviamo dinanzi a una possente personalità. Tale l'artista. L'uomo poi era superbo, violento, chiuso ai domestici affetti - ma rimane nonostante uno dei pochissimi caratteri virili e sinceri in un'epoca di falsità e di barocchismo. Ha una fierezza indomabile in quel secolo adulatore e cortigianesco: e nelle sue satire strappa il velo a tutte le piaghe civili, sociali, ed artistiche: attacca la triplice tirannia feudale, sacerdotale, e soldatesca, con generosi rabbuffi, con invettive larghe ed eloquenti, con un impeto tribunesco, che se talora diventa un po' declamatorio, è sempre di una penetrante efficacia.

Quest'uomo crede a qualche cosa; è come ammalato alla vista delle miserie e delle vergogne di quella Italia Spagnola; dell'agonia delle plebi, languenti negli stenti e nella fame.... Ha un ideale religioso, un ideale patriottico, un ideale estetico, fra tutti quei contemporanei che non credono a nulla; è un uomo-realtà fra tutti quelli [419] uomini-fantasmi. Tra il fracidume d'allora sente l'alito dei tempi nuovi; e sembra stender la mano al Parini ed al Beccaria.

Di alcune sue satire può dirsi davvero che facit indignatio versum. Ecco come egli apostrofa i poeti contemporanei, cortigiani e voluttuosi, e che facevan dell'arte un trastullo o un pervertimento:

“Uscite fuor dei favolosi intrichi,

Accordate la lira ai pianti, ai gridi,

Di tanti orfani, vedove e mendichi!

Dite senza timor gli orridi stridi

Della terra, che invan geme abbattuta,

Spolpata affatto da tiranni infidi.

Dite la vita infame e dissoluta

Che fanno tanti Roboàm moderni,

La giustizia negata o rivenduta.

Dite che ai tribunali ed ai governi

Si mandan solo gli avvoltoi rapaci.

. . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . .

Dite che sol dai principi si pensa

A bandir pésche e cacce, onde gli avari

Su la fame comune alzan la mensa.

. . . . . . . . . . . . . . . . .

Dite che ognor degli Epuloni al soglio

I Lazzeri cadenti e semivivi

Mangian pane di segala e di loglio.

Dite che il sangue giusto scorre a rivi,

Che esenti dalle pene in faccia al cielo

Son gl'iniqui, ed i rei felici e vivi.

Queste cose v'inspiri un santo zelo,

Nè state a dir quanto diletta e piace

Chioma dorata sotto un bianco velo!

[420]

È una voce isolata e magnanima, clamans in deserto. Poi la notte s'addensa anche più buia, e l'Italia per quasi due secoli sembra morta. Per quanti lunghi anni parlarono con insultante leggerezza di lei, come di persona profondamente sepolta fra i morti! “Sì, essa fu, essi dicevano, - così il poeta di Atalanta e di Mary Stuart - essa fu, quando i tempi eran giovani; ma ora più non è. I brandelli del suo sudario tremolano nell'aria sepolcrale: remote stagioni di anni immemorabili avvolgono ormai il suo antico e freddo cadavere, su cui son passati tanti vènti d'inverno, e tante pallide primavere; essa non è più una cosa di questo mondo. Nè importa che la sua morta testa conservi sempre, come una viva ghirlanda, l'aurea lunga chioma che le scorre giù sul petto fino ai piedi. Morte regine, la cui vita era stata lieta e trionfale, furon trovate così fredde, così composte, così coronate, con ogni cosa appassita addosso e d'attorno, eccetto una sola cosa bella, - la loro antica chioma immortale, - mentre la carne e l'ossa diventavan polvere, appena esposte alla luce. E l'Italia è morta come loro!.... Ma mentre essi parlavan così, l'Italia riebbe a un tratto il suo possente respiro; e il latino sangue gentile ricircolò nelle esauste sue vene.„

[421]

Share on Twitter Share on Facebook