I.

Pietro Trapassi, nato nel 1698 a Roma, quando fu giunto a maturità parve unire in sè quella che il Boccaccio chiamò la gran dolcezza del sangue bolognese, che gli veniva dalla madre, con la bonaria compostezza romana che gli veniva dal padre: ma innanzi fu un gaio e spensierato ragazzo che, sebbene adottato dal Gravina per le grazie dell'ingegno manifestate nell'improvvisare, e già erudito da lui su' Greci e su' Latini negli studii severi, si affrettò a sparnazzarne la conspicua eredità godendosi a Napoli la vita. Una cantante, la Marianna Bulgarelli, la Romanina, che lo conosce per gli Orti Esperidi, [178] lo fa suo e lo protegge, quando egli, ridotto in miseria, studiava l'avvocatura; un'altra Marianna, la Pignattelli D'Althann, che è vedova a Vienna, e può vantarsi amata da Carlo VI, lo fa chiamare là, e anch'ella lo fa suo e lo protegge. A questo modo il figliuolo del droghiere, l'abatino galante, l'avvocatino napoletano, ebbe a presentarsi nel 1730, per la sua qualità di nuovo poeta cesareo, innanzi alla Maestà dell'Imperatore del Sacro Romano Impero, “il più gran personaggio della terra!„ Tre reverenze, una sull'uscio, una a mezzo la sala, una davanti alla persona imperiale; e quest'ultima fu genuflessione: il Metastasio (così il Gravina l'aveva ribattezzato grecamente) restò lì ginocchioni finchè Carlo VI gli disse: - Alzatevi! alzatevi! - Ma allora, ohimè, conveniva aprir bocca, parlare: che dir mai? Era quello, disse, il momento che aveva sospirato fin da' primi anni della vita; e ora che si trovava lì, in faccia all'imperatore, “col glorioso carattere di suo attual servitore,„ avrebbe voluto divenire un Omero, dovesse costargli tutto il sangue delle vene! cercherebbe almeno di fare quel più che potesse, e il titolo di poeta cesareo gli darebbe quella virtù che non gli dava l'ingegno. Piacquero le parole bene artificiate e dette bene; e l'imperatore degnò sorridere, e gli offerse la mano a baciare: “Onde io (narrava il [179] Metastasio) consolato di questa dimostrazione d'amore, strinsi con un trasporto di contento la mano cesarea in entrambe le mie, e le diedi un bacio così sonoro che potè il clementissimo padrone assai bene avvedersi che veniva dal cuore.„

A corte, sulle prime, non si curavano di lui; ma egli vi s'insinuò e vi si abbarbicò presto tenacemente con la garbatezza de' modi, con la simpatia della persona, con l'accortezza mascherata di bonomia onde si regolò sempre, entro i limiti dell'onesto, a vantaggio proprio. E la Marianna lasciata a Napoli, la dolce Romanina? Didone è stata abbandonata da Enea, e Enea non vuole ch'ella lo raggiunga.... a Vienna! E per impedirle il viaggio intrapreso, la ferma, o fa fermare, a Venezia: onde la leggenda, che sarà poi registrata dal Lessing, ch'ella tentò uccidersi con un temperino; nel fatto, pur dolorando, si contentò di promesse e si rassegnò. Anzi, scrisse a un abate, che s'era intromesso tra lei e l'amico, raccomandandogli prendesse cura del marito, che aveva proseguito per conto suo fino a Vienna, e lo consigliasse “a non disgustare il signor Metastasio con qualche sua strana risoluzione; ma lo faccia (aggiungeva) con la sua buona grazia, che non paia mia premura.„ Sta a vedere che il marito correva le poste per costringere l'abate a [180] tornare indietro, o almeno per rimbrottarlo dell'abbandono crudele!

Difficile, perchè già tenuto da Apostolo Zeno, l'ufficio di poeta cesareo: lo Zeno aveva data nobiltà quasi di tragedia al melodramma, col divergerlo dagli enormi spettacoli eroicomici e volgerlo all'efficacia dell'azione dialogata con eletta serietà; e pur conveniva al Metastasio lavorare indefessamente per produrre quelle tante opere all'anno e a tempi determinati, e procurare insieme gli oratorii, le serenate, i complimenti, le canzonette, per uso e consumo della Corte, quanti ne occorressero. Uomo metodico trova le ore e le ispirazioni per tutto e per tutti: sta a tavolino ogni giorno a ora fissa, e si commuove scrivendo o rompe la commozione a volontà, pe' suoi melodrammi; gli c'entra continuare il greco e il latino, quasi per diporto, a ora fissa; serve, come dicevano, le padrone a ora fissa; e la savia regolarità della vita gli permette perfino di far la corte alla D'Althann, a ora fissa; amarla, esserne riamato, sposarla, a quel che pare, segretamente. Poeta, uomo di società, dotto, amico, sa compiere tutti i doveri, sa darsi tutti i pensieri, con facilità graziosa, con ingegno e destrezza impareggiabili.

Muore la Romanina, e memore fin all'ultimo lascia erede lui, usufruttuario il marito: il Metastasio, [181] ch'è galantuomo, rinunzia l'eredità, ma il Metastasio, che è un uomo che bada a' fatti suoi, nello scrivere al marito le condoglianze per la perdita comune, gli chiede che in compenso all'eredità rinunziata si occupi d'amministrargli le rendite in Italia e di provvedere alla famiglia, che è a Roma, come per tanti anni avea fatto la povera morta. Ben provveduto di stipendii, tenuto in onore e amore da Maria Teresa come già da Carlo VI, e più assai, mette da parte: la vita agiata, ma senza passioni, non gli costa quasi nulla: cinquantadue anni di séguito, vale a dire fino alla morte, rimane nella casa stessa dov'era sceso arrivando a Vienna; casa di napoletani che gli risparmiarono perfin la noia d'imparare il tedesco, casa di amici onde ebbe in una terza Marianna una figlia adottiva che lo consolò della morte della D'Althann dopo un legame di cinque lustri. Così la donna, che fu per lui rosa senza spine, gli profumò tutta quanta la vita. Morì nel 1782.

Uomo di buon senso, presente a sè, in ogni momento, in ogni cosa; uomo perfettamente equilibrato, sebbene si affermasse isterico; chè quel suo isterismo, come non gli tolse di campare fino a ottantaquattro anni, e lo lasciò morire d'un raffreddore, così fu sempre domato dalla ragione, subito che questa mostrò al paziente [182] il probabile danno della malattia. Non già ch'ei non sentisse; sentiva, anzi, vivacemente, volta per volta, minuto per minuto, sotto il colpo o la pressione degli affetti; ma poteva, quando gli sembrasse troppo, smettere di sentire nè voleva sentire più di quel tanto. Lavagna dove era agevole scrivere col gesso; donde era del pari agevole cancellare lo scritto con la cimosa. La fantasia vivace, eccitabile; l'animo calmo sempre; come nel mare, dove le onde si agitano soltanto sulla superficie sconvolta. Perciò il Metastasio non vide nella vita universale che l'uomo, e tutto riferì all'uomo, cioè, per l'uomo, a sè stesso.

Nulla gli dicevano i luoghi: gli scenarii de' suoi melodrammi gli bastavano. Era nato a Roma, era stato a Napoli, avea vista la Calabria; della campagna deserta e de' ruderi gloriosi, delle candide ville e de' vigneti sul golfo sotto il Vesuvio che fuma, delle coste infiorate d'aranci e guardate dalle vette del selvoso Appennino, nulla rammentò, nulla fe' passare ne' versi suoi. E a Vienna e in Moravia ciò ch'egli osserva è quanto sia d'agio o disagio, ciò ch'è da desiderare, ciò ch'è da fuggire a chi ama il comodo vivere. Gran bella nevicata, per esempio, quella del 1749 sui boschi moravi della D'Althann! Son tutti coperti di neve; alberi e capanne, perduti i colori, conservano ingrossato il disegno e si profilano [183] candidi nel cielo d'un grigio diffuso: udiamo il poeta: “Considero con sentimento di gratitudine, che quell'amico bosco, che mi difendeva poco anzi coll'ombra da' fervidi raggi del sole, or mi somministra materia onde premunirmi contro l'indiscretezza della fredda stagione. Insulto con diletto all'inverno, ch'io veggo ma non provo nella costante primavera del nostro tepido albergo.„ Non c'è dubbio: “al pari delle altre stagioni ha l'inverno ancora i suoi comodi, le sue bellezze e i suoi vantaggi„ per chi se ne sta innanzi ai caminetto, dimentico così della natura candidamente bella per la nevicata, come degli altri uomini che soffrono il gelo per la nevicata.

Nella soffitta della casa sua sta per più anni il Haydn; ed egli, che scrive pel teatro e s'intende di musica, sa che virtù abbia quel violinista in miseria; ma nulla fa mai per lui. Un vecchio compatriotta, un vecchio amico, il Porpora, cade malato, ha bisogno: è da pensarci, è da provvedere: ecco fatto, ecco mandata una lettera al cantante Farinello, al gemello impareggiabile, favorito del re di Spagna: “Vi sarò personalmente obbligato se mi vorrete evitare il dolore di vedere il naufragio d'un uomo pel quale abbiamo sentito rispetto fin dalla prima gioventù.„ Non si tratta, dunque, tanto di far [184] piacere al compatriotta e all'amico, quanto di schivare una dolorosa commozione e i possibili rimorsi. Dopo scrittone a Madrid, non c'era più ragione di stare in pensiero a Vienna. Al bene, certo, era naturalmente proclive; del male non ne fece mai; ma scomoda tanto fare il bene! Se ci ha da essere scomodo non mette conto, neppure per sè, di muoversi; se ci ha da essere danno, allora sì che è prudente badare solo a' fatti suoi! E rinunziava alla Romanina, rinunziava a rivedere padre, madre, fratelli, rinunziava all'Italia, soffocando le rapide fiammelle della fantasia e del sentimento. Oh Napoli, oh le Calabrie, oh Roma e il palio de' barberi! Ma, per tornare, bisognava buttar all'aria, preparar tutto, bisognava mettersi in via; e laggiù chi sa poi quante chiacchiere uggiose; e lì presso c'era la D'Althann che alla tale ora lo aspettava, o gli amici per la solita lettura d'Orazio. Il Metastasio non rivide mai nè l'Italia nè i suoi.

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