VI.

Troveremo noi maggiore sincerità negli amori dell'avventuriere? Neppure in questi, quantunque, sino a che la gioventù gli dura, le donne siano il fondamento principale e l'istrumento maggiore della sua fortuna. Se non che nel Cagliostro questo argomento non ha nè grande importanza, nè alcuna estetica vaghezza. Il suo matrimonio con la bella Lorenza Feliciani, figlia [103] di un tintore romano, è la più turpe di tutte le sue speculazioni, e gli altri amori sono episodi senza alcun intimo legame col misterioso laberinto della sua esistenza. Nel Casanova invece gli amori sono il pernio centrale della sua vita e di fronte ad essi è episodico tutto il resto. I suoi amori riempiono quasi gli otto volumi delle sue Memorie e si può credere s'egli ha avuto e s'è dato agio di variare questa dolce musica su tutti i toni possibili, dal più carnalmente e giovenilmente boccaccesco fino ad un sentimento così passionato e così raffinato della pura bellezza plastica, che il Sainte-Beuve, buon giudice, scambia addirittura il Casanova per un artista greco, e che un raggio di estetica idealità scende, si voglia o no, da qualche angolo di cielo pagano e traversa ed illumina tutta questa, starei per dire, nuda oscenità di racconti.

Non per questo si può affermare che passione vera s'incontri mai nelle sue infinite variazioni dell'eterno tema dell'amore, e sarebbe del resto assai strano incontrarla in un uomo, pel quale l'amore non è altro, com'esso dice, che “una curiosità più o meno viva, dominata dalla gran legge di natura, che assicura la perpetuità della specie.„

Il Casanova non prova quindi la passione, nè la inspira. Fra le tante donne amate da lui o che [104] lo hanno amato, per lo più donne libere e ragazze (notevole singolarità nell'età dei Cavalieri Serventi) egli non s'imbatte mai in quelle amanti indiavolate, che l'infedeltà o l'abbandono mutano in Menadi scapigliate e furibonde, o in vittime deboli e desolate, che si struggono in lagrime e, per colmo d'imbarazzo, sono anche capaci d'ammalarsi e morire. No. Le donne del Casanova, queste gioconde e sorridenti figurine del secolo XVIII, nè minacciano, nè s'ammalano, nè muoiono. Non dimenticano bensì, nè si consolano subito, che sarebbe troppo, ma al momento del distacco promettono di vivere ancora e di cercare nel mondo qualche altra consolazione. Così l'amore non procura mai a questo gaudente girovago nè uggie, nè soste, nè rimorsi; l'amore per lui è mezzo, non fine, e quindi egli sta in guardia contro sè stesso per non abbandonarsi mai del tutto a nessuna ebbrezza d'amore che gli tolga la libertà delle sue determinazioni e dei suoi movimenti. Direi ch'egli tratta l'amore, come il vino. Quando s'accorge, che gliene salgono i fumi al cervello, egli lo anacqua o cessa di bere, nè fra i tanti eccessi di questa vera rincarnazione Settecentista del vecchio mito di Don Giovanni Tenorio vi avverrà mai di vederlo ubbriaco, cioè senza più coscienza esatta di sè e in balia degli altri.

Tuttavia una presa di matto c'è nel Casanova [105] ed è ciò che qualche volta lo può rendere anche simpatico e gli ha fatto trovare più difensori che non merita; ma siamo savi noi, e non ci lasciamo ingarbugliare.

Anche quando giuoca tutto il suo denaro o giuoca la vita con tanta spensieratezza, in fondo in fondo il calcolo c'è sempre. Quanto al danaro, più la fortuna lo abbandona oggi e più lo compenserà domani; non lo compensasse, ed egli, messo alle strette, non esiterebbe a correggerla.

Questa suprema necessità è anzi sempre la difesa, ch'egli invoca, ogniqualvolta le sue azioni non stanno entro il circolo chiuso della morale, e neppure nei dintorni della morale.

Quanto a giuocar la vita, ammetto ch'egli è coraggioso, anzi audace, ma consideratelo, ad esempio, nel famoso duello col conte Braniki a Varsavia e v'accorgerete che il battersi a morte con un grande del regno e favorito del Re Stanislao Augusto Poniatowski, a proposito d'una qualunque ballerina Veneziana, di cui al Casanova non importa nulla, è per lui un'occasione di mantenersi prestigio e posizione, anche cavallerescamente onorata, in una corte e in una società, che è tutta d'avventurieri, a cominciare dal re, e non se la lascia scappare. Se n'esce bene, il Casanova ne approfitterà, ed in che modo! Se gli va male?... Ma a questo il Casanova [106] non pensa neppure. Ed ecco anzi il vero punto psicologico dell'avventuriere. Se ci pensasse, sarebbe un altr'uomo!!

Share on Twitter Share on Facebook