VII.

A una cosa sola pensa l'avventuriere, di cui stiamo studiando il tipo nel Casanova, pensa a riuscire e a godere. Far fortuna è tutta la sua moralità. Per questo la politica dei giorni nostri, aperta a tutti, è diventata così grande sbocco di questa merce. Nel Settecento invece la politica era alcunchè d'inaccessibile; l'avventuriere, se mai, non vi giungeva che di straforo, per caso e di passaggio (come il Casanova in quella dell'abate di Bernis e della Pompadour) e spesso spesso v'incappava nello sfratto o nella prigione.

La vita sociale, con classi così profondamente divise, era chiusa da tutte le parti; i più s'adattavano a vivacchiare pacifici in queste acque morte; ma certe individualità, che da natura aveano sortita l'indisciplinatezza, l'audacia, la febbre della cupidigia e dell'ambizione, sentivano invece la necessità d'uscirne, di vivere d'un'altra vita, respirare un'altr'aria, muoversi, agitarsi, farsi valere ad ogni costo, anche a costo di rischiare a tal giuoco vita ed onore.

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È per questo che il perfetto avventuriere è una figura rara bensì (quelli che ne hanno solo qualche tratto o incompiuto o transitorio sono invece ben più numerosi) è una figura rara bensì, ma che si stacca con tanta originalità e così caratteristica sul fondo storico della società del secolo scorso; è per questo che la più colossale e complicata figura d'avventuriere, cioè il Casanova, spunta a Venezia, dove un carnevale perpetuo, che attrae i gaudenti di mezz'Europa, eccita tutti gli istinti viziosi, e dove in pari tempo un'oligarchia aristocratica, che ha tradizioni di giustizia e di rettitudine, ma tradizioni altresì di governo chiuso ed inesorabile, comprime tutto inesorabilmente e non lascia altra libertà che di far all'amore in bautta o alla scoperta, giuocarsi i patrimoni al Ridotto e parteggiare per le commedie del Chiari o del Goldoni.

Queste poche licenze non bastano ad un temperamento come quello del Casanova. Il giuoco e le cabale sono la sua base finanziaria. Gli amori sono il suo spasso prediletto e già essi soli lo introducono in molte intimità sociali, alle quali per altre vie non perverrebbe. Ma ha bisogno di qualche cosa di più e si caccia nei segretumi delle Loggie Massoniche, incominciate a diffondersi anche in Venezia, e allora la invisibile mano degli Inquisitori di Stato gli si posa misteriosamente [108] sopra una spalla e dopo averlo, a modo di correzione, tappato una prima volta nel forte di Sant'Andrea, lo tappa di nuovo ai Piombi e questa volta con cinque annetti di condanna. Il Casanova riesce a fuggire, e la sua fuga, prodigiosa d'astuzia e d'audacia, la sua fuga, ammirata, derisa, non creduta, negata per impossibile fino ai giorni nostri, ed oggimai, dopo lo studio del D'Ancona, indiscutibile, la sua fuga diviene una delle fughe celebri del secolo ed egli sfrutterà a lungo tale celebrità. Ma eccolo ribelle e fuoruscito per forza e continuando sempre e dovunque lo stesso tenore di vita, ecco aprirglisi dinanzi non più Venezia e l'Italia soltanto, ma l'Europa intiera, sicchè la scena delle sue Memorie, dopo di aver rappresentata la vita Veneziana e Italiana contemporanea, in alto, in basso, ma sempre nella sua parte più torbida, si slarga ora e si estende via via all'Europa intiera e le sue Memorie divengono così un caleidoscopio immenso, dove sorpreso in mille atteggiamenti e nei più intimi, nei più riposti, nei più inaspettati, s'agita e si divincola tutto un mondo di gente, da quella che è posta in cima della scala sociale allo snob più basso, più vile e strisciante nei più infimi strati, donde s'arrampica a pigliar d'assalto il tremendo problema della vita con gli spedienti più loschi e le professioni più innominabili.

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