III

Ma le condizioni di Firenze erano molto diverse da quelle di Pisa e di Lucca. Queste due città, già lo vedemmo, erano da gran tempo state piú prospere. Esse avevano spesso combattuto fra loro; Pisa, fiera e baldanzosa sui mari, aveva, sin dalla metà del decimo secolo, cominciato una guerra lunga ed ardita contro i Musulmani in Sicilia, nella Spagna, in Africa. Firenze, invece, parteggiando per Matilde, si trovava di necessità nemica di tutta quella grossa nobiltà feudale del contado, che da ogni parte la circondava, e che, sin dai tempi di Bonifazio III, scontenta del modo come era stata trattata dai marchesi di Toscana, aderiva in parte non piccola all'Impero. Il suo antagonismo con la Città era reso maggiore, non solamente dall'essere i nobili di origine germanica, come germaniche erano le istituzioni feudali, quando invece in Firenze s'era riunita una popolazione principalmente artigiana, di origine e di tradizioni romane; ma anche dalla stessa posizione geografica della Città. Se questa fosse stata sulla pianura, come Pisa e Lucca, o sul monte, come Siena ed Arezzo, la nobiltà feudale avrebbe avuto assai maggiore interesse ad entrarvi. Ma si trovava in una valle, in mezzo ad un cerchio di colline, su cui s'erano incastellati i nobili, che da ogni lato la circondavano minacciavano e stringevano, chiudendo tutte le vie al suo commercio.

Queste condizioni geografiche portarono conseguenze non lievi nel destino futuro di Firenze; anzi contribuirono non poco a dare alla sua storia la particolare fisonomia che essa ebbe. Prima di tutto ne resultò piú inevitabile, piú sanguinoso il conflitto tra i nobili feudali e la Città, che sin dal principio dimostrò un carattere assai piú democratico; ne fu inoltre molto ritardata la proclamazione d'indipendenza. Perché questa fosse possibile, era infatti necessario che Firenze giungesse ad aver forze sue proprie, tali da poter combattere contro i tanti nemici che l'accerchiavano. Fino a che ciò non avveniva, ogni suo interesse la induceva a starsene amica e sottomessa a Matilde, che sola poteva tenere a freno i nobili, e che, abbandonandola, l'avrebbe lasciata in preda sicura ai loro odî. Ciò spiega, insieme col ritardo della proclamata indipendenza, anche la totale mancanza di documenti intorno alle origini di un Comune, il quale aveva già acquistato forze notevoli, e cominciava a far guerre per suo conto, prima che avesse una esistenza ufficialmente riconosciuta. Quelle guerre continuavano ad esser fatte in nome di Matilde, che qualche volta si trovava presente in campo; la Città non compariva nei pubblici atti, perché non aveva ancora una personalità propria. Ciò non ostante, noi dobbiamo riconoscere i primi segni della sua vita comunale nelle guerre da essa cominciate contro i nobili del contado, a tutela del proprio commercio, guerre che andarono sempre crescendo di numero e di forza, né cessarono mai fino al totale annientamento d'ogni nobiltà feudale. Questo fu il punto di partenza e il punto di mira di tutta quanta la storia fiorentina.

Di certo, sin dal principio noi troviamo anche in Firenze non poche famiglie che possono dirsi nobili. Tali sono i Donati, i Caponsacchi, gli Uberti, i Lamberti e quegli altri che abbiam visti nei tribunali, e troveremo fra poco nel Consolato. Sono essi che comandano, che governano, che stanno alla testa della Città. Ma non erano né conti, né marchesi, né duchi, come i conti Cadolingi, Guidi, Alberti, che dimoravano nel contado; non appartenevano a quei Cattani lombardi, come li chiamavano allora, per indicare appunto la loro origine germanica. Piú che veri nobili, essi erano dei Boni Homines, dei Grandi, senza titoli feudali; gente salita in Città a maggiore fortuna, o discesa dalla piccola nobiltà feudale, oppressa nel contado, e rifugiatasi perciò dentro le mura. Essi ben presto s'assimilarono col popolo, alla cui testa si trovarono; presero parte a tutte le sue guerre contro i vicini castelli, e le guidarono. Né è raro il caso, come vedremo, di trovare piú tardi alcuni di essi, che esercitano il commercio o sono a capo delle Arti, non appena che queste si furono costituite un po' stabilmente. Ed è un fatto certo non privo d'importanza, il vedere che nei tumulti seguiti a Pisa, a Siena, altrove, s'incontrano spesso veri e propri nobili cittadini, come conti, visconti e simili, i quali non s'incontrano mai a Firenze. Nei documenti non c'è quasi mai avvenuto, quando si parla dei Fiorentini, d'imbatterci nella parola nobiles, che invece è usata non di rado quando si parla dei Pisani, dei Senesi o di altri. Troviamo, è vero, di frequente, la parola Milites; ma se questi non erano popolani, che certo allora non facevano parte della cavalleria, non erano in Firenze neppure nobili feudali; erano quei maggiori cittadini, che non attendevano ai mestieri, quei Grandi, di cui abbiamo piú sopra fatto cenno. Accolti da Matilde nei tribunali, adoperati da lei in piú modi, essi comandavano il municipale praesidium, ad essi era molto probabilmente affidato l'ufficio di Præses, essi conducevano le guerre. Piú culti, piú ricchi, piú adatti alla politica ed alle armi, perché non costretti al lavoro giornaliero, erano quei Boni viri, quei Sapientes, quei Milites, che troviamo piú o meno per tutto, e qui con un carattere diverso.

Ma con questo Preside e presidio, con questi tribunali, sappiamo assai poco del modo in cui era governata, amministrata una società, la quale già cominciava a prosperare non poco, ad avere svariati interessi. Il governo esercitato da Matilde doveva in Firenze essere poca cosa, una volta che la Città poté cominciare a far guerre per proprio conto, nel suo proprio interesse, sia pure che le facesse ancora in nome di lei. A misura che la sua prosperità commerciale cresceva, e la lotta coll'Impero teneva Matilde sempre piú occupata, la Città doveva rimanere sempre piú abbandonata a sé stessa. La conseguenza fu che sin d'allora si andarono formando quelle associazioni, in cui la cittadinanza si divise ed organizzò, e che piú tardi noi troviamo già forti e vigorose. Questo faceva sí che quasi senza un governo centrale, esistesse un governo locale, e che le forze del Comune s'apparecchiassero di lunga mano, prima che esso proclamasse la sua indipendenza. E spiega come è che quando esso fu sorto davvero, poté subito con grande rapidità progredire e mettersi a capo della Toscana. Certo è che, nella seconda metà del secolo xii, noi vediamo da una parte i Grandi o, se cosí vogliamo chiamarli, i nobili ordinati in Società delle torri, delle quali ben presto troveremo anche gli statuti; e vediamo dall'altra le associazioni delle Arti non solo esistere, ma avere anche una politica importanza tale da far loro assumere qualche volta la rappresentanza stessa della Repubblica. È possibile supporre che ciò avvenisse senza una lunga preparazione antecedente? Le Scholae, da cui vennero poi le Arti, non continuarono nel basso Impero, non le troviamo in tutto il Medio Evo dividere la società intera, anche l'esercito, anche gli stranieri a Roma, a Ravenna? Potevano averle distrutte i barbari, che non esercitavano i mestieri, di cui pure avevano bisogno? Il commercio e l'industria fiorentina erano già, sotto la contessa Matilde, cresciuti di certo. Il diploma del 1081 ce ne ha dato una prova, e le prime guerre iniziate dai Fiorentini, nell'interesse del loro commercio, ce ne dànno una sicura conferma. Se in tali condizioni noi non ammettessimo le associazioni delle Arti, dovremmo ammettere sin d'allora l'operaio moderno, isolato, indipendente, il che non è possibile nel Medio Evo. Era un tempo in cui tutti i mestieri venivano esercitati da gruppi di famiglie, e tradizionalmente si trasmettevano da padre in figlio. Spesso anche gli ufficî pubblici venivano serbati ad alcune famiglie. Era una società di gruppi e di caste, quella da cui il Comune cavò poi lo Stato moderno, ma di questo non v'era allora neppur l'idea. Supporre, come fanno alcuni, che le Arti sieno cominciate solo quando ebbero proprî statuti, è assurdo. Questi formularono sempre ciò che da un pezzo già esisteva, ed a Firenze ogni cosa ci fa credere che le associazioni, sebbene ancora embrionali, delle Arti e delle Torri, dovettero precedere la formazione del Comune, che da esse si svolse.

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