VII

Ma chi vinse intanto nella lotta seguita dopo la morte di Matilde? I fatti lo provano abbastanza chiaramente. Nell'anno 1119 i Fiorentini uscirono a dar quell'ultimo assalto al castello di Monte Cascioli, cui abbiamo sopra accennato. Ed è in questo momento che incontriamo davvero il già menzionato Rempoctus o Rabodo, che il Villani (IV, 29) con altri cronisti, fa apparire nel 1113, chiamandolo Roberto tedesco, vicario imperiale, e facendolo quell'anno morire in guerra, a difesa del castello. Noi abbiam detto che allora non potevano esserci vicarî imperiali in Toscana, dove furono mandati dopo la morte di Matilde. Infatti i documenti solo adesso cominciano a parlarne, trovandosi l'11 settembre 1116, per la prima volta, ricordato Rabodo ex largitione Imperatoris Marchio Tusciae; e nel 1119, Rabodo Dei gratia si quid est, la stessa formola di cui si serviva Matilde ne' suoi diplomi. Nel 1120 esso scomparisce dalla scena, ed in sua vece troviamo il margravio Corrado. Possiamo dunque ritenere, che Rabodo veramente morí alla difesa di Monte Cascioli, nel 1119, per opera dei Fiorentini, i quali allora finalmente riuscirono a demolire del tutto e bruciare il castello. E cosí la prima loro impresa, dopo la morte di Matilde, fu la distruzione d'un castello dei Cadolingi, con la disfatta e l'uccisione del primo vicario imperiale, mandato allora in Toscana. Ce n'è piú che d'avanzo, per sapere quale fu l'attitudine che essi presero di fronte all'Impero ed ai Teutonici.

L'altro fatto piú notevole ancora, che seguí poco dopo, fu la presa e distruzione di Fiesole nel 1125. Il Sanzanome, che da questa guerra fa incominciare la storia, come esso dice, moderna di Firenze, ce ne dà una descrizione assai lunga, retorica, ampollosa. Dalla quale però caviamo che la vera origine del conflitto fu principalmente il commercio. I Fiesolani avrebbero malmenato, spogliato d'ogni suo avere un mercante fiorentino, che, con le proprie mercatanzie, passava tranquillo per la loro città. E questo fatto, unito alla memoria degli antichi rancori, di altre recenti depredazioni, avrebbe acceso gli animi alla guerra. Immantinente factum est Consilium per tunc dominantes Consules de processu. Uno dei primi cittadini arringò il popolo, incominciando: Si de nobili Romanorum prosapia originem duximus.... decet nos patrum adherere vestigiis. Dopo di che, illico a Consulibus exivit edictum. Un Fiesolano, invece, alludendo alla origine leggendaria della propria città, cosí cominciava la sua perorazione: Viri frates, qui ab Ytalo sumpsistis originem, a quo tota Ytalia dicitur esse derivata. Tutta questa retorica erudita, che, in uno scrittore dei primi del secolo xiii, ci fa sempre piú vedere quanto pieni di tradizioni romane fossero gli antichi Fiorentini, innanzi e dopo la formazione del loro Comune, non può nascondere l'origine vera della guerra, quale ci vien confermata anche dal Villani, che incomincia adesso ad avere assai maggiore importanza storica. Fiesole, questi dice, era divenuta un vero nido di Cattani e masnadieri, i quali infestavano le strade ed il contado fiorentino. Eran sempre quei signori feudali, che dalle loro rocche volevano impedire il commercio e l'espansione del Comune.

Ma in questo caso v'erano speciali ragioni, che dovevano rendere inevitabile e piú sanguinosa la guerra. I comitati o contadi delle due città s'erano, come avvenne anche altrove, formati sul territorio delle diocesi, che a lor volta erano stati calcati sulle antiche divisioni romane. Essendo però, non solo vicini, ma quasi intrecciati, compenetrati fra loro, e i rispettivi vescovi non avendo mai avuto, come in Lombardia, l'autorità ed il potere di conti, ne seguí, che finirono col formare una sola giudiciaria. I documenti infatti parlano spessissimo del contado o giudiciaria di Fiesole e di Firenze, come se fosse una sola medesima cosa. Era quindi naturale che, alla morte di Matilde, Firenze, col divenire un Comune indipendente, volesse dominare sui due contadi, come era naturale che Fiesole a ciò si opponesse vivamente, e però, sebbene assai piú piccola, valendosi della sua forte e fortificata posizione, s'alleasse coi nobili di contado, li accogliesse nella sua rocca, e di là dessero insieme noia continua ai mercanti fiorentini, e depredassero le campagne. Cosí incominciò la guerra. I particolari di essa ci restano ignoti, perché il Sanzanome li esagera in modo da renderli incredibili, e gli altri ne tacciono affatto. Non dovette però essere breve, né facile, a cagione della forte posizione di Fiesole, e fini certo con stragi crudeli, con la quasi distruzione di quella città. Né ce lo dicono solo i cronisti. L'abate Atto di Vallombrosa, poco dopo, invocava da papa Onorio II perdono pro Florentinorum excessibus, adducendo, a loro scusa, che fra di essi v'erano pure vecchi, donne e bambini, che certo non avevano potuto prender parte alla fesulana destruccio, e che molti di quelli che erano andati al campo, dichiaravano ora di volersi correggere, perché sinceramente pentiti di tutti gli eccessi, che non meditata nequitia commisere . La memoria del fatto, sopravvissuta poi lungamente in Firenze, s'incontra spesso nei documenti, ed è certo che con esso e con la disfatta del vicario imperiale a Monte Cascioli, la indipendenza del Comune fu assicurata stabilmente.

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