CAPITOLO VII

Dalla morte di Alarico alla costituzione del regno dei Visigoti nella Gallia

La morte di Alarico mutò sostanzialmente lo stato delle cose. I Goti elessero a succedergli suo cognato Ataulfo, il quale, anche meno di lui, voleva esser nemico dell'Impero. Abbiamo di ciò una preziosa testimonianza in Orosio. Questi narra d'avere incontrato un compagno d'armi d'Ataulfo, del quale gli riferì i discorsi. «Dapprima, avrebbe detto il successore d'Alarico, era stata mia intenzione farmi padrone dell'Impero, ed assumere in esso il posto di Cesare Augusto, trasformando in Gotia la Romania. Ben presto però l'esperienza mi persuase, che ciò non era possibile, perchè Roma aveva dominato il mondo, non solo con le armi, ma anche colle leggi e con la disciplina. E i Goti, per la loro indomita barbarie, non sanno obbedire alle leggi, senza di che Respublica non est Respublica. Pensai perciò di ricondurre, mediante le armi dei Goti, il nome romano all'antica sua gloria. Non potendo essere il distruttore dell'Impero, desiderai, colla pace, esserne il restauratore.»

Ad ispirargli questi sentimenti dovè contribuire ancora un altro fatto. Partendo da Roma, Alarico aveva menato seco, insieme con la preda, molti prigionieri. Fra questi era Galla Placidia, la celebre bellezza, che faceva parte d'una generazione di donne, tutte per questa loro bellezza famose, e che ebbero perciò, come già notammo, una gran parte nei destini del mondo. La sua ava Giustina [78] aveva dominato Valentiniano I. La loro figlia Galla conquistò l'animo di Teodosio I. Galla Placidia, nata dal loro matrimonio, trascinata ora prigioniera in Calabria, innamorò di sè perdutamente Ataulfo, che voleva sposarla, il che lo spingeva sempre più ad atteggiarsi da Romano. Certo è che, appena eletto, Ataulfo abbandonò ogni pensiero della Sicilia e dell'Africa, e ripartì per condurre i suoi nella Gallia, dove sperava trovar per essi una sede adatta, col consenso dell'Impero, di cui voleva possibilmente essere amico. Era il pensiero che, sotto forme diverse, rinasceva sempre, d'unire in qualche modo Romani e barbari, accogliendo i Goti come parte dell'Impero, valendosene a difenderlo. Lo avevano avuto Teodosio, Stilicone ed Alarico stesso; nulla di strano che lo avesse anche Ataulfo. Onorio, è ben vero, s'era a ciò dimostrato avverso; ma lo stato delle cose era divenuto tale adesso, che anch'egli poteva desiderare d'accettare il disegno più volte respinto.

Infatti l'intera Prefettura della Gallia era caduta in gran disordine, un vero caos, e pareva che fosse per staccarsi affatto dall'Impero. Dopo che Stilicone aveva ritirato le legioni dal Reno, i barbari, come vedemmo, erano entrati in essa numerosi (406); e poco dopo arrivava Costantino, già proclamato imperatore nella Britannia. Questi non potè ricacciare i barbari; ma, preso possesso della regione che è ora Alsazia-Lorena, era riuscito ad impedire almeno nuove invasioni, occupando molte città della Gallia, e più tardi anche della Spagna: le altre parti di queste province rimanevano però in potere dei barbari. Il fatto è che dopo la morte di Stilicone e di Arcadio (408), la disciplina militare era andata sempre più scomparendo. I generali, da un pezzo divenuti tutti più o meno quasi capitani di ventura, assai spesso si separavano gli uni dagli altri, operando ciascuno per [79] proprio conto, innalzando nuovi pretendenti all'Impero, che trovavano sempre appoggio in una parte dei soldati. E così, dopo che Costantino era stato eletto nella Britannia, venne nella Spagna proclamato Massimo. In quella Prefettura si trovavano dunque due pretendenti all'Impero, ed una gran moltitudine di barbari, che taglieggiavano e saccheggiavano il paese. Onorio mandò nella Gallia un esercito comandato da Costanzo, soldato valoroso, il quale tentò con energia di ristabilirvi l'autorità del legittimo Imperatore. Massimo allora, ben presto abbandonato dai suoi, fuggì; Costantino, assediato in Arles, si arrese, e fu col figlio Giuliano mandato ad Onorio, il quale, violando la parola del suo generale, li fece uccidere ambedue (411). Così pareva che, spariti i due pretendenti, non rimanessero che i barbari. Ma questi avevano già messo su un altro pretendente all'Impero nella persona di Giovino, appena che il generale Costanzo s'era ritirato in Italia. E da capo scorrevano liberamente per tutto.

In tali condizioni, l'andata d'Ataulfo colà non poteva dispiacere ad Onorio. Prima di tutto si liberava l'Italia dai Goti, il che era già molto. Ataulfo inoltre andava con l'intenzione d'occupare il paese, e per ciò fare doveva combattere Giovino ed i barbari che lo sostenevano. Questo spiega, in qualche parte almeno, il fatto, certo singolarissimo, che Ataulfo potè traversare tutta l'Italia dal sud al nord, senza che si sappia se egli trovò ostacoli di sorta, anzi senza che si sappia nulla addirittura di questo suo lungo viaggio. Entrato nella Gallia (412), egli tenne dapprima una condotta incerta; ma poi attaccò ed uccise Saro generale romano, che s'era volto a favore di Giovino. Subito dopo si mosse contro questo e contro il fratello di lui; li vinse ed uccise ambedue, inviando le loro teste ad Onorio, che le fece esporre a Cartagine. Ivi era stata poco prima domata un'altra ribellione, [80] la quale fece sentire la sua azione indiretta anche nella Gallia.

Ataulfo intanto si mostrava sempre più invaghito di Galla Placidia, e voleva sposarla. Ma ad Onorio ripugnava assai il concedere ad un barbaro la sorella e figlia d'imperatori, tanto più che ne era pazzamente innamorato anche il suo generale Costanzo, cui egli l'avrebbe data assai più volentieri. Ed Ataulfo era tanto desideroso d'accordi, che sembrava ora, non ostante la sua passione, disposto a rimandarla a Ravenna, avendo da Onorio avuto promessa di larghi approvvigionamenti di grano, del quale aveva urgente bisogno per l'esercito. La ribellione d'Africa rese però impossibile il mantener la promessa, ed Ataulfo si sentì allora libero da ogni vincolo verso di Onorio. Prese quindi, per conto proprio Narbona, Tolosa, Bordeaux, e tentò di prendere anche Marsiglia, ma gli fu impedito da Bonifazio, altro valoroso generale di Onorio (413).

Ma quello che è più, invece di pensare a restituire Galla Placidia, la sposò senz'altro a Narbona, nel gennaio del 414. Questo matrimonio, anche pel modo in cui fu celebrato, ebbe addirittura un'importanza storica. Quel giorno infatti non solo la sorella di Onorio, la figlia di Teodosio, sposava un barbaro; ma le nozze furono solennizzate con una pompa affatto romana, in casa d'Ingenuo, uno dei più autorevoli cittadini di Narbona. Il barbaro Ataulfo portava la tunica romana. Dinanzi alla sposa, adorna di splendidi abiti romani, s'inginocchiarono cinquanta giovani, ciascuno dei quali aveva nelle mani due vassoi, l'uno pieno d'oro, l'altro pieno di pietre ed oggetti preziosi, che eran parte della preda fatta nel sacco di Roma, e che ora venivano offerti a lei, preda più preziosa ancora, la quale di prigioniera diveniva regina dei Goti. A rendere sempre più solenne questa singolare cerimonia, si recitarono versi latini. E come per porre il colmo [81] a tutto ciò, il coro era diretto da Attalo, quel preteso imperatore, che noi vedemmo per breve tempo tenuto su da Alarico, il quale poi lo depose. Esso era stato costretto a seguire il campo goto, come una specie d'ostaggio di cui potersi valere qualora se ne presentasse l'occasione. Adesso dirigeva il coro che celebrava le nozze d'Ataulfo e di Galla Placidia! Tutto simboleggiava così quella unione goto-romana, che dopo essere stata un pensiero, un desiderio di moltissimi, doveva finalmente essere in parte attuata da Teodorico. Dal matrimonio allora celebrato nacque un figlio chiamato Teodosio, che ben presto morì.

Di tutto ciò rimasero, per diverse ragioni, scontentissimi Onorio e Costanzo, i quali si trovarono d'accordo nel contrariare i Goti in più modi, specialmente ponendo ogni sorta d'ostacoli all'approdo nella Gallia di navi con vettovaglie. E questo spinse Ataulfo a passare i Pirenei, per andare nella Spagna, paese assai fertile e ricco, non ancora esausto dalle invasioni, più adatto quindi a nutrire le sue genti. Ma qui egli cadde improvvisamente vittima del pugnale d'un assassino (415), sia che fosse una delle vendette molto comuni fra i barbari, sia che fosse opera del partito avverso alle simpatie romane d'Ataulfo, partito assai irritato per le ostilità che in più modi venivano ora dall'Italia. Certo è che fu eletto Singerico, il quale si dimostrò subito avversissimo al nome romano ed alla memoria d'Ataulfo, di cui uccise i figli avuti dalla prima moglie. Non osò fare lo stesso della vedova Galla Placidia; pure la trattò assai duramente, costringendola ad andare a piedi, per dodici miglia, in mezzo ai prigionieri e dinanzi al suo cavallo. Ma anch'egli durò poco, essendo stato dopo soli sette giorni ucciso. Gli successe Valia che, d'indole assai più temperata, venne ben presto ad un accordo con Onorio, cui cedette Galla Placidia, inviandogli anche Attalo; e [82] ne ebbe in compenso 600,000 misure di grano per le sue genti. Onorio celebrò allora il suo undecimo consolato, entrando in Roma come un trionfatore, menando seco, legato al suo carro, Attalo, cui fece tagliar due dita della destra, confinandolo poi nell'isola di Lipari. E Galla Placidia, la quale dapprima sembrava assai restìa a sposare Costanzo, sempre di lei perdutamente innamorato, perchè egli era un soldato rozzo e dedito solo alla vita militare, s'indusse poi a celebrare il matrimonio, e ne ebbe due figli, Onoria e non molto dopo Valentiniano (419), che fu terzo di quel nome come imperatore. Costanzo venne assunto a compagno nell'Impero da Onorio; Galla Placidia ebbe allora il titolo di Augusta, e più tardi, dopo la morte del marito (421) e del fratello (423), fu reggente, perchè suo figlio si trovava tuttavia in età minore.

Valia intanto, mantenendo le promesse fatte, combattè più volte vittoriosamente nella Spagna i Vandali e gli Alani. Prese poi con i suoi Goti stabile dimora nella Gallia (419), occupando varie delle città tenute già prima da Ataulfo, fra cui Bordeaux e Tolosa, dalla quale ultima ebbe nome il nuovo regno visigoto, che fu costituito col consenso d'Onorio, e che si estese poi oltre i Pirenei. Più tardi questo regno ebbe, come vedremo, una grandissima parte nella guerra che l'Impero d'Occidente dovè sostenere contro gli Unni. Narbona però, che da Costanzo era giudicata strategicamente necessaria ai Romani, e Marsiglia furon da essi ritenute. A settentrione e ad oriente scorrazzavano ancora liberamente altri barbari.

Questa può dirsi la fine del primo atto del tragico dramma, cominciato quando gli Unni cacciarono i Goti al di qua del Danubio. Una volta che la Tracia riuscì insufficiente a mantenerli tutti, una buona parte di essi si mossero, sotto Alarico, in cerca di nuove terre; e dopo aver molto vagato e molto combattuto, finalmente si fermarono [83] nella Gallia. E sebbene tutto ciò si fosse da ultimo compiuto d'accordo con l'Impero, fu nondimeno il principio della definitiva separazione dell'intera Prefettura della Gallia dall'Italia. La Britannia infatti, che ne faceva parte, era già abbandonata, e vicina a subire le invasioni barbariche. La Spagna era omai invasa, e tutte le successive spedizioni per riprenderla, salvo le temporanee vittorie di Belisario, non riuscirono a nulla. La Gallia propriamente detta, ad eccezione di poche terre al sud, era interamente nelle mani dei barbari, e quindi destinata anch'essa a separarsi per sempre dall'Italia.

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