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.... Con grande impeto di tromboni e voci il partito della Madonnina era per giungere all'olmo. La viottola essendo diruta e stretta, Anacleto Dell'Orto, Remigio lo zoppo e Silverio detto il Chiù (i traditori) avevano tentato troppo tardi di mettersi innanzi, di precedere a tutti, perchè penetrati fra i «compagni di San Giorgio» avevan dovuto cedere al comando di: - Indietro voi altri! - che Carlone aveva dato loro con faccia minacciosa. A disagio perciò, quasi si credessero scoperti, i tre scambiarono parole sommesse tra i seguaci, in coda.

- Come si fa? - domandava quello scemo di Silverio. E Anacleto:

- Ve l'avevo detto io? Bisognava andar prima!

E Remigio: - Non mi sarei mai creduto che ci venissero in tanti! Saranno quaranta solo quelli di San Martino!

- Si direbbe - aggiungeva tuttavia ridendo Silverio il Chiù - , si direbbe che Carlone ha imparato qualche cosa....

- Tu avrai cantato! - diceva biecamente Remigio lo zoppo.

- Io? Non ho detto niente io! fossi minchione!

Allora Anacleto, lo spaccamonti:

- Ho bell'e visto! Voi altri avete paura!

- Paura io?

- Paura io?

- .... e ridarete i suoi quattrini al bottegaio.

- Ma se non ne ho più uno! - disse ridendo il Chiù, che n'aveva avuti meno degli altri; mentre lo Zoppo, bilioso, mormorava contro Anacleto:

- Perchè non vai innanzi tu, dunque?

Queste rampogne furono udite da un Tizio che sarebbe stato meglio non udisse nulla; un muratore fedele alla Cà scura. Se poi costui fosse informato intorno al tradimento dall'onesto bottegaio e avesse incarico da Carlone stesso di invigilare le tre canaglie, non è certo; è uno di quei punti oscuri che s'incontrano in tutte le storie e senza cui i critici della storia non avrebbero più niente da fare.

Quel Tizio domandò:

- Cosa avete, ragazzi?

- Niente abbiamo - rispose ridendo il Chiù.

- Avete bisogno d'aiuto?

- Avete bisogno voi? - ribattè Anacleto con insolenza. Il muratore, sempre più insospettito, tacque. Tacquero i tre, urtandosi con il gomito l'un l'altro. E il lungo corteo andava più piano; finchè voci e musica cessarono. Ma allora la siepe non contenne più i curiosi: alcuni la saltarono; altri vi fecero un varco; altri l'allargarono; e la gente affrettò e si strinse di qua e di là dal fosso, intorno all'albero; al quale il figlioccio di Carlone aveva già poggiata la scala, già ricevendo dalla priora e dal vecchio la «fioriera», per attaccarla ai rami e fermarvi, nel mezzo, l'imagine.

Ecco il momento. I cospiratori, che vorrebbero far cadere la «fioriera» come per disgrazia, e che a forza di gomiti e di urti si son fatti innanzi quasi per veder meglio, non dovrebbero che dare una spinta alla scala, e la darebbero se il muratore non la tenesse ferma e non vigilasse.

Timoroso, il Chiù ride. Anacleto fissa il muratore con aria di sfida, ma non si muove; lo Zoppo esorta: - Dagli! - Dagli! - susurra anche, ridendo, il Chiù; sicchè Anacleto, mal disposto dallo sguardo del muratore, che ha dinanzi, e dalle sollecitazioni, che ha di dietro, si rivolta e dice troppo forte: - Dategliela voi altri la spinta! Io ho da tener a posto questo qui.

- Me? - il muratore grida con un braccio a difesa della scala e l'altro in aria. Il segreto è svelato, la cospirazione fallita; invano Anacleto risponde: - Dicevo così per ridere....

Tutti vorrebbero sapere:

- Cosa c'è? Cosa c'è?

Ma l'Imagine ha già la gloria dei fiori e comincia il coro ultimo dei fedeli:

Maria, mater gratiae....

Già discende il figlioccio di Carlone: è al penultimo gradino. Quando, oh! - che è? che non è? - il muratore dà una spallata ad Anacleto; il quale s'afferra alla scala; e la scala e l'uomo, che è all'ultimo gradino, precipitano insieme nel fosso. S'odon grida. Cogliendo l'opportunità di farsi onore lo Zoppo e il Chiù s'avventano a difesa del compagno, che il muratore martella di pugni, intanto che s'invoca soccorso....

Mater misericordiae....

Irrompono a difesa del maestro due o tre manovali; s'avanza Carlone per metter pace.

- Ohe, ragazzi! - minaccia. Poi prega: - State buoni, ragazzi! - Ma come pacificarli a parole? - Di questi ci vogliono! - urla uno dei cantori, che è un Ercole e che dove batte, abbatte. - Son qua io, Carlone!

Pur troppo però l'Ercole è d'un'altra parrocchia; e che c'entra lui? Infatti una voce, non si sa di chi, ripete immantinente d'intorno: - Son quelli di San Martino! - Si ripete fra i più lontani: - Tradimento! aiuto! Son quelli di San Martino che portano le liti!... Son pagati dall'ingegnere! Traditori! Addosso!

E i poveri «compagni di San Martino» si raccolgono insieme, si guardano in faccia; spengono le torcie per usarle come armi.

- Dalli a quelli di San Martino!

- Dalli! - grida Anacleto dell'Orto sanguinoso e felice d'essere scampato dalle mani del muratore.

- Addosso! - grida lo Zoppo che nella battaglia par diventato dritto.

- Vigliacchi! - grida Silverio il Chiù, scappando via senza più ridere.

E i «compagni di San Vincenzo» commisti ai «compagni di San Giorgio» si gettan sui «compagni di San Martino», e gli spettatori forestieri sui parrocchiani di Rioronco. Carlone piange, grida pietosamente con le mani nei capelli....

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