V.

Mai con più lena il campanaro di Rioronco s'attaccò alla corda delle sue campane festaiole; mai i parrocchiani d'ogni età e d'ambo i sessi godettero più di allora in un consenso d'allegrezza, nell'attesa dei vesperi solenni al dì di San Michele; mai più di quel giorno il Santo nell'atto di configgere la lancia sul serpente (di stucco anch'esso) sembrò sorridere dall'altar maggiore e dire a' suoi protetti: All'inferno il demonio!; sia pace e gioia a voi, uomini e donne di buona volontà!

Fino il curato era allegro; perchè lo scisma ridotto a quell'innocente bipartirsi della processione, accresceva magnificenza alla festa; significava come due prove di fervor religioso in una volta o due modi di onorare pomposamente il Santo.

Ma pienamente felice era Carlone: libero di timori, libero di rimorsi; orgoglioso del suo panciotto damascato e della giacca di velluto e più orgoglioso che la nuora priora fosse tutta vestita di nero col velo bianco, quando la rettora non aveva che un abito di lana verde. Suo giudicava il trionfo: tale che aveva permesso a quelle delle «figlie di Maria» ch'erano rimaste al suo partito di andar con le altre, bastandogli al fasto della sua parte le tre «compagnie»: quella di San Vincenzo, con le mantelline rosse, quella di San Martino, con le mantelline gialle; e quella di San Giorgio con le mantelline celesti. Poi, gli parve che i suoi sonatori e i suoi cantori avessero più fiato degli altri quando la processione s'incamminò e lui e la priora si mossero dal loro luogo con la stupenda «fioriera» da portare alla Madonna. Così cantando inni e sonando, fra i doppi delle campane e lo scoppiar dei mortaretti, e fra l'ammirazione degli spettatori, la processione partiva dalla chiesa.

In questo mentre i due soli carabinieri venuti dalla stazione della Pieve erano corsi innanzi, all'angolo del bivio; e si eran messi là, immobili, di malavoglia. Ciò che stava per succedere e di cui tardi avevan avuta notizia e, più che interrogando, ascoltando le voci della folla, li teneva perplessi; maledicevano il Governo timorosi d'un disastro. Ma quando la processione giunse al bivio e sostò, non accadde che un po' di subbuglio nel separarsi delle due parti e nel comporsi di ciascuna processione in capo alla propria strada. Alla prima, ubbidendo a Carlone, precedette uno dei lampadari per far le veci del crocifero o del portastendardo: súbito dopo si mise la prima «compagnia di San Martino»; poi i cantori e i suonatori; quindi la numerosa «compagnia di San Vincenzo», a cui seguirono, come preceduti da quella «guardia del corpo», il priore e Carlone con la corona dei fiori finti, e dietro la terza «compagnia» e il seguito delle donne e dei partigiani. Alcuni di questi s'abbandonavano a una commozione di riso; altri avevan le lagrime agli occhi. Un po' a stento, eppur bene, si formò la seconda schiera: le figlie di Maria presero il posto delle «compagnie» dopo ai cantori e ai suonatori, e nonostante che il cappellano dicesse: - aspettate! aspettate! - le vergini ripresero l'inno con voci acute e alte, quasi per sfida, appena udirono dall'altra parte l'intonare della musica. E si avviarono anche i preti col Santo.

Per tal modo, in mezzo ai curiosi e dinanzi ai carabinieri, passavano lentamente le due file rivolte alle lor mete diverse. Ma passate che furono, i carabinieri avanzarono, e certi entrambi del da fare, come per un accordo che non avevano conchiuso, l'uno si volse a destra e l'altro a sinistra. Di che, meravigliati a vicenda, dissero a una voce: - Di qua! - ; ciascuno non trovando ragionevole l'errore del compagno.

L'uno era piemontese, l'altro toscano, nè tra quei due bravi giovani c'era mai stata parola a dire da quando si trovavano nella stessa stazione e da quando infrangevano insieme il regolamento per far all'amore a certa cascina dove avevano due belle ragazze, una per uno.

- Per da sì! - ripetè il piemontese. - Noi dovuma stè a j ourdin! I ourdin a soun d'andé à prés à la processioun, e la processioun bouna a l'è coula!

Ribattè il toscano:

- Bada, amio. Il nostro doere gli è quello di attende all'ordine pubblio; e chi lo minaccia 'un son mia i preti: sono i rivoluzionari! Dunque s'ha ire 'on esti!

Ma il compagno non l'intendeva; scoteva la testa brontolando:

- Noi en doi, miraco i podouma nen fene!

Se sempre l'unione fa la forza, tanto più l'unione è necessaria quando la forza è rappresentata da due persone sole: che due carabinieri possono impaurire, ma un solo, tra la folla, muoverebbe a riso. E loro non eran che due, e non potevano dividersi; non potevan fare miracoli.

- Ma l'ourdin à l'è d'andé à prés à la processioun, à la processioun ufficiale! - Evidentemente il piemontese sperò di piegare il compagno con questa grave parola. Invece l'altro:

- Giuraddio! Mi faresti scappà la pazienza! Bada: do'è che stanno i più scontenti? i più curiosi? là! Dunque si dee ire là!

Che! I bugianen son bugianen! Il buon piemontese non cercava ragioni da opporre; voleva essere ubbidito, poichè egli si sapeva nelle grazie del brigadiere e aveva fede nel tenente e s'aspettava da un giorno all'altro la promozione ad appuntato; e, oltre a ciò, era più vecchio d'anni e di servizio. Egli dunque severamente chiamò l'amico per il cognome:

- Rappaini! l'ansiano soun mi! Andouma!

- Oh che anziani e che non anziani! Io vo' far il mi doere! 'Un vo' mia gastighi per motio tuo! 'Un vo' mia perdere il grado se mi fanno appuntao!

- Cribio!... Rappaini, andouma!

- Io? piuttosto, ve', 'un mi movo! Fo così! - E il toscano si mise a sedere sul paracarri; si pose il moschetto a traverso, su le ginocchia; su queste puntò i gomiti e poggiando la faccia alle mani guardava l'amico.

Il quale, a tal vista, si era acceso in volto, con tali occhi da spaventare. Ma Rappaini ch'era più furbo riprese:

- Tanto; voaltri piemontesi d'idee vu nun n'aete! Dimmi un po'....

S'allontanavano i canti e i suoni delle processioni.

- ....Di': se ha a succede qualche 'osa indòe dee succedere? Io dio, che succederà qui, quando torneranno indreo! No? Qui. Se se danno, se le daranno qui! e no quando i du' partiti sian fuor di tiro!

L'argomento era giusto solo in parte: perchè essi a quel punto dell'incontro avrebbero potuto trovarcisi anche accompagnando una delle processioni. Ma i toscani hanno il cervello fine.

- Ci vol prudenza, ci vol! Noi s'ha a mostrà ch'un si diffida nè di esti nè di elli!

E fu tale argomento che il piemontese, vinto e tutto contento d'essere stato vinto, alla fine esclamò ridendo:

- Voi autri toscani con le vostre ciàciare i stuparie la buca a' na foumna! Ma par sta volta, va!, at a rasoun! - E andò a sedere anche lui sul paracarri di fronte; deponendo il moschetto da lato e su le ginocchia la borsa della corrispondenza.

Amici dunque più di prima tornarono a discorrere di ciò che più loro premeva, mentre guardavan le processioni che dilungavano, già scomparivano. Ah! le loro ragazze non eran venute alla festa di Rioronco....

- .... Quando la pigli tu, la Balbira?

- Quanc i' divento vicebrigadie, i' la sposo dal parroco. - Prendeva la «ferma», faceva la carriera. Ma il compagno, che a sentir lui poteva vivere di rendita, disse:

- Se possono passà esti du anni, io me ne vo; che n'ho auto abbastanza della patria! Vo a lavorà il mi podere, la mi vigna.... Uh! Se tu sentissi il mi vino!... Me la porto 'on me, la mi ragazza....

.... Eppure, strada facendo, nell'una processione e nell'altra s'estese un nuovo malcontento; sia perchè la realtà riesce sempre inferiore all'aspettazione, sia perchè Carlon de' Carli aveva avuto il torto di non lasciare almeno una «compagnia» al curato e questi aveva avuto il torto di non concedere almeno un prete in cambio di tante «figlie di Maria». In entrambe le schiere serpeva quel malessere che dan le cose imperfette; quel malanimo che dopo le risoluzioni pacifiche talvolta rinasce anche ne' più docili e generosi avversari. Or come fu pervenuta alla villa Stoia e vi fu accolta da tal frastuono di mortai che pareva il finimondo, la processione sacerdotale avanzò e ristette all'oratorio dove per la porta spalancata era esposta agli sguardi di fuori l'altare tuttoadorno e luminoso. Ivi, dopo il Jube Domine, San Michele s'inchinò a destra e a sinistra a benedire la folla genuflessa, tra cui erano molti signori e signore; e cantori e preti ripresero il canto; e il cappellano diede l'ordine del ritorno.

Per ritornare come nella venuta, si comprende che gli uomini, i quali prima erano in coda, avrebbero dovuto far ala sì che passassero lo «scalco», il lampadaro, il crocifero, il vessillifero e quindi le «figlie di Maria». Ma non tutti così fecero. Quasi la funzione fosse compiuta, alcuni rimasero proprio in mezzo alla strada, per alloccaggine e storditezza; e quando giunsero le vergini, non si ritrassero; ne interruppero, confusi e confondendo, la prima fila. Era tra quelli il Moretto, uno di quei due giovani che, già si disse, amavano con incerta fortuna la stessa «figlia di Maria»; mentre l'altro, il Sartoretto, attendeva e guardava bieco a costa della strada. E il restare del primo là in mezzo fu sospettosamente interpretato dal secondo, il quale appena la bella gli fu dinanzi con le compagne, senza tante cerimonie le si mise a fianco.

Arrossì la vergine. E impallidì e si fermò allorchè il Moretto, d'improvviso, affrontava il rivale e diceva:

- Cosa pretendi tu?

- Io? - ribattè il Sartoretto. - Fare i miei comodi! e tira via, milordo, che è ora!

Il milordo gli lasciò andare uno sgrugnone: il colpito l'afferrò, e, accapigliati, caddero. Tutto ciò in minor tempo di quanto bisogna a raccontarlo; così presto che, quantunque costrette anch'esse ad arrestarsi, le ultime ragazze e i preti non avrebbero pensato a una lite se non avessero visto accorrere di qua e di là coloro che speravano dividere i contendenti.

- Cosa c'è? cosa è stato? Avanti! avanti!

Di dietro, chi spinge; chi interroga; chi allunga il collo: arriva don Sigismondo. Ma d'innanzi, le prime ragazze si son voltate; il crocifero chiama lo «scalco»; questi, che giungendo un momento prima avrebbe subito fatto largo, ora lascia andar bastonate alla cieca sui litiganti e sui pacieri: e un paciere afferra lui; e lui, perduto il mazzuolo, invoca aiuto. Don Sigismondo intanto con le mani nei capelli e gridando misericordia torna indietro, verso i colleghi e il curato; e i suonatori e i cantori corrono innanzi ad aiutare il crocifero e il vessillifero, che son corsi ad aiutare lo scalco.

Chi l'avrebbe mai detto? Parve una scintilla in un pagliaio; forse perchè, alle esortazioni e alle preghiere di don Sigismondo, i sacerdoti furon concordi nel pensiero e nell'errore di riportare il Santo all'Oratorio; e tutta quella gente rimase come senza ritegno, senza rispetto a nulla, senza timor di Dio. Accesa da un'improvvisa voglia di combattere, la folla precipitò d'ogni parte alla mischia; addosso ai cantori e ai suonatori o a chi capitava, capitava. Addosso! addosso con i ceri, con giannette e randelli e pugni; e bòtte da orbi. Ci furono fratelli che diedero pugni ai fratelli; padri ai figli, e figli ai padri; ci furono anche molti che nei giorni di poi confessarono d'aver creduto di combattere con quelli della Madonnina; e molti che confessarono d'essersela goduta un mondo a battere con le mani e coi piedi non sapevano chi, ignari affatto della causa che aveva generata la battaglia. I timidi, in quel mentre, fra gli urli delle donne e dei ragazzi, scampavano e fuggivano d'intorno, urlando....

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