III.

Il dispiacere di Carlone amareggiò anche il curato. Era questi un buon prete, superstizioso e religioso a un tempo; un po' asprigno e cocciuto anche lui, un po' interessato, un po' gobbo, un po' sporco, perchè tabaccando non spazzava il tabacco rimasto dalla presa sul panciotto più rosso che nero; ma abbastanza affezionato al suo gregge e al suo ovile e amico a Carlone de' Carli, col quale da anni e in ogni stagione faceva la partita quotidiana a casa di lui, all'ombra del moro o sotto il portico del forno o nella stalla. Veramente nei primi anni di cura la prevalenza del vecchio aveva urtato il parroco e quasi inanimito a un conflitto di poteri; presto però egli si era convinto che disgustarsi Carlone sarebbe stato come disgustarsi tutta la parrocchia e che non potendo contrastare a un avversario, conveniva preferirne l'amicizia. Carlone inoltre era liberale verso la chiesa; e il figlio maggiore di lui serviva da collettore nella «compagnia di San Vincenzo», che s'era estesa per le parrocchie vicine; e tra le donne della Ca' scura si sceglievano quasi sempre o la «priora» o la «rettora».

Ma venuto che fu al Palazzetto il nuovo proprietario, súbito il curato dubitò d'una rivalità fra il vecchio capoccia e l'ingegner Stoia, che da paladino clericale s'intrometteva nelle faccende ecclesiastiche pur in campagna, nè dubitò che tra i due litiganti resterebbe lui con la testa rotta quando non riuscisse a barcamenare. A ciò non era molto abile, e piuttosto che giovare, nuoceva alla sua intenzione onesta con far a Carlone troppi elogi del forestiero e a questo troppi elogi di Carlone: nondimeno volse il mese da che le radici della quercia eran state messe al sole senza che il conflitto avvenisse. Per poco il curato non imbaldanziva; non gli pareva più tanto difficile navigare in buone acque fino ai Santi, il tempo in cui il bravo ingegnere e la sua ottima signora se n'andrebbero, grazie a Dio, di villa in città.

Ma egli non pensava a San Michele, che viene ai 29 di settembre; o meglio, non prevedeva che dovesse recargli noie proprio la maggior festa della parrocchia. Quell'anno non era stata scelta alla Ca' scura che la priora; e rettora sarebbe la moglie d'un fittavolo. La signora Stoia non avrebbe perciò ragione di gelosia.

Quando, una mattina, l'ingegnere così bravo ma così petulante, venne in canonica, ed entrato nel discorso della prossima festa, espose chiaro e tondo il desiderio che la processione si recasse all'oratorio da lui fatto restaurare; come a dire che San Michele facesse una visita a Sant'Anna.

A che il parroco, tendendo la testa e gli occhi quale un cavallo che adombri, esclamò in quella sua maniera un po' rude:

- Impossibile! Questo, signore, è impossibile!

Di consuetudine, la processione calando dalla chiesa prendeva una viottola a bivio con la strada comunale (con la strada appunto che conduceva al Palazzetto) e saliva fino a un olmo, le cui fronde composte in cupola facevan da tempio a una Madonnina in voce di miracolosa. E l'olmo apparteneva al figlioccio di Carlone. Imaginarsi dunque se si poteva mutare itinerario!

Ma l'ingegnere a scorgere la bocca storta del curato, invece di arrendersi, insistette. Il desiderio pietoso era della sua signora: a lui pareva che l'Oratorio valesse più d'un olmo. Lasciò comprendere quanto gli dispiacerebbe dover abbandonare con malanimo quei luoghi dove si era proposto far del bene; e alle giuste osservazioni che la gente di lassù era ostinata; che la novità troverebbe oppositori; che la Madonnina dell'olmo si credeva miracolosa, disse:

- Le imagini davvero miracolose non si tengono sotto un albero! Io sarei ben lieto, ben fortunato, di sottoscrivere la prima offerta per una nuova cappella, se lei mi accertasse che questi miracoli sono di grande importanza.... Quanto agli ostinati, lei li avverta. In caso, se non basterà, m'incarico io di ricorrere a Sua Eminenza o, magari, alle autorità civili.

«Misericordia!» pensò atterrito il parroco. «Piuttosto tentare....» Forse Carlone si persuaderebbe....

Insomma, il curato finì con ritenere e dire possibile quello che prima gli era parso e aveva detto impossibile.

Per una settimana il poveromo anticipò la visita al vecchio; lo prevenne più volte nell'offrirgli il tabacco; perdè più d'una partita senza prendersela con le carte; ma quelle benedetta parole: - Dite su, Carlone: vi dispiacerebbe a voi se invece d'andare alla Madonnina....; - quelle parole non riusciva a pronunciarle: gli si annodavano in gola per la certezza di non riuscire a bene; per il timore di far peggio, e per il dispetto di dover pregare invano quell'ostinato vecchio e riconoscerne senza profitto l'autorità.

Finalmente il lunedì precedente alla festa il prete andò alla Ca' scura zoppicando; disse per un gran male ai piedi. Scherzò anche, sebbene addolorato ai piedi: lui già vecchio e Carlone un giovinotto!

- Basta - concluse con un sospiro mentre raccoglieva le carte dal desco - ; domenica, se Dio vuole, non avremo da passare su tutti quei sassi come gli altri anni....

Carlone levò gli occhi dalle carte e glieli piantò in faccia a mo' di chi stando su l'avvertita discopra il tiro.

Pallido, il curato seguitò senza guardarlo:

- Andremo all'oratorio....

Ma aveva appena compiuta la parola che Carlone lasciò cader forte il pugno sul deschetto, gridando:

- Ah questa volta il suo ingegnere non se la cava! Finchè campo io, glielo dica a mio nome, non se la cava!

- E c'è da stizzirsi? - ribattè dolcemente il curato, rosso d'ira.

Tacquero. Poi zitti e cheti ripresero le carte e giocarono.

.... Ogni giorno, dopo la partita, Carlone accompagnava il prete fino alla siepe; quel dì l'accompagnò oltre la siepe, per il sentiero. Intanto che andavano, l'uno aspettava che l'altro parlasse; e pensavano entrambi: «Tocca a lui a tornare nel discorso.» E finalmente Carlone si fermò.

- Ci rivedremo, signor curato. - La sua voce pareva di pentimento.

- Addio - rispose duro il prete.

- E si ricordi - il vecchio aggiunse più forte: - si ricordi di quel che ho detto.

Ma il prete si rivolse:

- Oh quanto a quello, voi ubbidirete al vostro curato; si sa....

Allora il vecchio venendo a lui e tenendolo per un braccio, eppoi ponendosi la mano al petto:

- Il mio dovere, sissignore, son qui a riconoscerlo! Nelle cose giuste io a lei mi caverò sempre il cappello! - e se lo levava. - Ma se lei si mette a gloriare i birboni, signor curato, mi creda, non c'intenderemo più!

- I birboni? - il curato esclamò. - Già: chi non fa a vostro modo è un birbone! Ma, in fin dei conti, chi siete voi che vorreste stare di sopra alle leggi? di sopra ai superiori? di sopra a tutti? fare sempre a vostro modo? e chi non fa a vostro modo è un birbone? Chi siete, voi?

Ribattè, umile, il vecchio:

- Io? niente! Sissignore, io non sono niente! Ma la processione non è solo lei che la fa! e la processione andrà dov'è sempre andata; glielo garantisce a lei e a tutti gli ingegneri della madre terra, Carlone della Ca' scura!

Fu in queste parole una semplicità così dignitosa, una tal fermezza quasi solenne, che il curato ebbe nell'animo un consiglio di prudenza; e si sarebbe contenuto in modi remissivi, se già prima non avesse meditate e predisposte le minacce che dovevan servirgli a mezzo estremo. Come contro sua voglia, queste gli scapparon fuori in fretta.

- Ah sì? Bene, bene! Tutti abbiamo da morire...; voi non siete più un ragazzo. La morte non guarda in faccia neanche ai giovani; da un momento all'altro.... Ricordatevi che mettere la disunione in una parrocchia è come metterla in una famiglia; ricordatevi che al curato si deve ubbidire come a un padre di famiglia; ricordatevi che le prepotenze si scontano, presto o tardi, e che un'offesa fatta alla madre della Santissima Vergine, a Sant'Anna....

- Io non so neanche chi sia Sant'Anna! - proruppe Carlone, di subito arrossato in volto, preso da un oscuro timore che quei ricordatevi gl'incutevano; e tratto anche lui, contro sua voglia, dai gangheri.

Il prete per contro, a coglierlo in fallo, prese coraggio.

- Bestemmiate! bestemmiate pure, per giunta! All'anima vostra ci penserete voi....

- Io penso che ho la Madonna per me! che è lei che offende la Madonna! che nostro Signore castigherà lei, perchè è lei che porta le novità e la disunione in parrocchia! Ci fu mai niente da dire, tra noi due, prima d'ora? Prima che lei, per il suo interesse....

- Interesse, voi dite? - interruppe il prete in cui l'altro aveva toccato il tasto debole e la cui coscienza non era abbastanza tranquilla. - Vi sbagliate di molto, credetemi! È l'amore dei parrocchiani; è il timore di far nascere una guerra; è la voglia che ho di sopire un odio nato da una sciocchezza...: per una quercia!... Negate che la questione è tutta qui? Negate che se non ci fosse la quercia di mezzo, non vi parrebbe vero anche a voi di andare all'oratorio e di fare onore alla vostra famiglia?... Ah, ah, Carlone! Ci conosciamo da un pezzo noi due!

Carlone fece, incrollabile: - Son sincero. Non la nego io la verità! Ma torno a dirle che se il signor ingegnere ha avuta vinta la prima, non vincerà la seconda.... E schiavo suo!

Ora il curato andò lui verso il vecchio; lo trattenne senza sforzo, per un braccio; gli disse umilmente in tono di preghiera:

- Sentite.... - E mentre l'altro lo guardava con l'occhio di un cagnotto che non si fidi a chi gli mostra il pane dopo avergli mostrato il bastone, proseguì: - Vogliamo aggiustarci? A voi! Io vi prometto che otterrò dal signor ingegnere che si vada prima alla Madonnina e dopo all'oratorio.... Siete contento?

Il vecchio scosse il capo ripetendo: - Nessuna novità! nessuna novità!

- Bene! - allora il curato gli gridò dietro. - La vedremo, signor prepotente! oh, se la vedremo!

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