IV.

Appena dichiarata la guerra, il capitano sagace affretta i preparativi a combattere e occupa con mosse rapide il campo di battaglia. Invece il curato di Rioronco se ne stette fino a sera colle mani in mano, irato e incerto sul da fare. Nemmeno informò subito don Sigismondo, il pretino ch'era in pratica da cappellano e che essendo tutto dolcezza, tutto tenerezza, egli giudicava un uomo nato fatto per andare in Paradiso in carrozza: ossia un buono a nulla.

Niuna meraviglia perciò che Carlone de' Carli, andando e mandando subito i suoi in giro per la parrocchia, riuscisse meglio al suo intento e prontamente componesse quel partito che nella storia del luogo fu poi detto il «partito della Madonnina». Si sa che Carlone aveva molti amici ligi per interesse e per soccorsi o consigli ricevuti, e che aveva tre nuore e un genero, i quali alla lor volta contavano fratelli e sorelle ch'eran mariti o mogli in altre famiglie; e aveva nipoti già ambiti per amore e per nozze in altre case; così una metà forse dei parrocchiani, costretti dalla consanguineità o dall'utile o da vicendevole timore di danni, dichiararono, promisero, alcuni anche giurarono quella stessa sera che la processione di San Michele non muterebbe cammino. Si aggiunga che Procolo, il primogenito di Carlone, dirigeva come si è detto, la «Compagnia di San Vincenzo»; onde bastò che Procolo facesse passare da compagno a compagno la voce di resistenza al prete, perchè in poche ore il drappello più vistoso e più solenne della processione fosse tutto avverso al nuovo itinerario.

E quando, la mattina dopo, il cappellano, la Perpetua, il campanaro, la moglie del campanaro che con la Perpetua aveva faccende commerciali d'uova e di polli, il becchino, il falegname che costruiva le casse da morto e che aveva in moglie la figlia del campanaro, e il crocifero che serviva da sagrestano e da chierico, quando insomma tutti coloro che avevano buone ragioni da sostenere il parroco tornarono dalla missione loro, eran tristi e dolenti. A conti fatti, resterebbero al «partito di Sant'Anna» una dozzina di «figlie di Maria», il vessillifero, lo «scalco» che porta il mazzuolo del comando, uno dei due portatori di lampade e, a seguito, i contadini dell'ingegner Stoia e pochi più altri! Imaginarsi la rabbia del curato, il quale era tornato tutt'allegro in canonica poichè la rettora - sperando di ottener dal prete quattrini a frutto per il marito fittavolo - gli aveva detto francamente che aveva ragione lui; e che la priora, nuora di Carlone de' Carli, era stata invano a tentarla; e che lei andrebbe all'oratorio, o non andrebbe in processione.

Si tenne consiglio di guerra. Il cappellano ripeteva che contrastare a Carlon de' Carli gli pareva tempo perso ed esortava a cedere, inasprendo sempre più il curato.

- Perchè non avvisa le autorità? - chiese il falegname.

- Bravo! - risposero a una voce il curato e il campanaro. - Le autorità proibirebbero la processione per sempre!

- Dia la scomunica a tutti - consigliò il sagrestano: proposta che fece ridere amaramente. Dopo la quale il consiglio rimase muto a lungo.

Riprese il sagrestano ancora fiducioso nelle minacce spirituali:

- Una bella predica!...

Ma il campanaro, più pratico, oppose:

- Ci voglion fatti, non parole! Io direi che noi facessimo per amore quel che gli altri faranno per forza....

Alla parola d'amore il cappellano chiese:

- Cioè?

- Che la processione andasse tutta insieme fino alle due strade; e dopo, una parte alla Madonnina e l'altra all'Oratorio; e dopo....

- Bel consiglio! - interruppe il curato elevando la voce. - Credete voi che si rassegnino, loro là, a far senza del Santo? Volete che restiamo noi senza il Santo?

Ma come il campanaro si grattava la testa perchè non sapeva ribattere, il cappellano raccolse lo sguardo di cielo in terra, ispirato, fervido; si alzò in piedi.

- Signor curato, lasci fare a me! Bella idea! Accomoderò tutto io! - E si accomodava il nicchio in testa. - Corro alla Ca' scura.... Vado e torno!

- A far che cosa? a far che cosa? - domandava il parroco.

- Lasci fare a me!

La Perpetua, che aveva inteso, guardò dalla finestra di cucina al pretucolo che usciva, e mormorò sorridendo: - Sì, sì: lasciate fare a lui, povero don Sigismondo!

Ebbene: il cappellanino biondino, roseo e zuccheroso, fu lui che piegò Carlon de' Carli. Gli piacque nel presentarglisi con l'atto di Ponzio Pilato e col dire: - Per me, viva la Francia o viva la Spagna, è lo stesso! - E parlò senza ambagi diplomatiche, senza apparenza politica. Sapeva che se la domenica prossima accadessero dei guai, il signor curato, che aveva il solo torto di essere un po' cocciuto, avrebbe disgusti gravi con Sua Eminenza e con la Prefettura; eran da prevedere fin processi penali in cui Carlone stesso sarebbe chiamato; ma più addolorava don Sigismondo il pensiero dello scandalo. La parrocchia di Rioronco era stata sempre una famiglia sola, a cui Carlone aveva dato sempre bell'esempio di bontà. Se si bastonassero, perchè gli animi erano riscaldati molto in quella divisione; se, Dio liberi!, si ammazzassero, che cosa direbbe il mondo? quali rimorsi non avrebbero il curato e lui, Carlone?... Ah! solo a pensarci il cappellano aveva le lagrime agli occhi.

Commosso, il vecchio fece: - Purchè nè io nè i miei, con tutti i nostri, non andiamo all'oratorio, io per me son disposto a tutto! - Quindi temendo d'aver detto troppo e di parer debole, aggiunse con foga: - Anch'io avrei rimorso se succedesse qualche lite; anch'io sarò sempre per la pace e per il timor di Dio!; ma piuttosto che andare all'oratorio, don Sigismondo, andrei in galera; andrei (si fa per dire) all'inferno!

Dio liberi! parlare così quando c'era il modo di accontentare tutti! Bastava andar tutti insieme fino alle due vie; di dove il partito di Sant'Anna discenderebbe all'oratorio e il partito della Madonnina salirebbe per la carraia, all'olmo; e dopo, riunendosi per l'ultimo tratto, ritornerebbero insieme come prima.

- Lo so, lo so! - disse il cappellano prevenendo l'osservazione del vecchio. - Resterete per un poco senza il Santo. Ma gli altri non resteranno senza la «Compagnia»? E voi non potreste onorare la Madonnina con una bella «fioriera»?

In un contorno e sotto una corona di fiori di tela, che sembrerebbero veri e freschi, la Madonnina dimostrerebbe al mondo l'amore dei suoi parrocchiani più fedeli. Non solo! Carlone comprese che quello era il mezzo per far onore a sè stesso; vide subito che la sua autorità ne riuscirebbe non diminuita, ma accresciuta; pensò che per tal modo castigherebbe il curato e umilierebbe l'avversario.

- Faremo così! - disse.

E tosto la voce della pacificazione si sparse; e tutti ne furono lieti. Gli ardimentosi convertirono l'ardore pugnace in un ardore di emulazione e in una speranza di maggior festa; gl'incerti, che non eran pochi, parteggiarono a viso fermo senza paura di danni; le mogli e le madri che già avevano esortati i mariti o i figli a restare a casa, o li avevano imaginati feriti o morti, ringraziarono il Cielo e benedissero San Michele. Tutti, o quasi tutti, furono contenti: fu tolto da quegli animi semplici l'amarezza della vendetta e della ribellione; il superstizioso panico di un'offesa religiosa; il peso della violenza meditata e preparata; il dubbio della sconfitta e della vergogna.

Inoltre, il giorno di poi, i meglio informati accertarono che l'ingegnere darebbe spettacolo di fuochi artificiali, di cuccagna e di palloni; che Carlon de' Carli assolderebbe per conto suo cantori e musici; e che per la «fioriera» Procolo era andato a Bologna; e che dalle parrocchie vicine altre «compagnie» verrebbero ad allearsi con i compagni di San Vincenzo. Insomma: un'aspettazione grande e gioiosa quale non c'era stata mai.

Che se ci furono de' malcontenti, essi non furono più di tre e per cagioni intime. Primi: Samuele soprannominato il Moretto e Canuto il sarto, soprannominato il Sartoretto, che vagheggiavano entrambi una ragazza meritevole in modestia di star fra le «figlie di Maria» e nello stesso tempo idonea a far spasimare due innamorati in una volta.

Quei due s'incontrarono a caso la vigilia della festa.

- Tu per chi sei? - domandò con aria di noncuranza il Sartoretto.

Il Moretto, che già conosceva l'opinione della bella, rispose:

- Per Sant'Anna. E tu?

- Anch'io. - Poi il Sartoretto, divenendo spavaldo, aggiunse: - Tu però faresti meglio a star con quelli della Madonnina.

- Io sto con chi mi pare!

E il rivale proseguendo per la sua strada:

- Oh oh, che aria tira, stasera!

Nient'altro. Una rivalità da non tenerne conto; perchè in fatto di donne e gelosie, tutto il mondo è paese.

Malcontento anche era rimasto quel contadino dell'ingegner Stoia a cui Carlone, quando abbattevano la quercia, aveva ingiunto di tirare innanzi senza pensiero degli affari altrui. Quegli aveva sperato di venire a dirittura alle mani e, deluso, per vendicarsi e ingraziarsi il padrone disse al bottegaio che avrebbe da guadagnar soldi chi schernisse, la domenica, Carlon de' Carli. Uno scherno per cui gli calasse la boria: non già da fargli del male.

E il bottegaio, che aveva tanto professata e vantata la sua neutralità, per far quattrini strinse in segreto patto i suoi tre avventori più a corto di quattrini: Remigio lo zoppo, che aveva indole non del tutto buona; Anacleto dell'Orto (attenti ai nomi!), un millantatore; e Silverio detto, per scempiaggine, il Chiù.

È vero che questi avevano promessa fede a quelli della Madonnina, ma di ciò non è a far gran caso; giacchè anche per simile genia di fedifraghi o traditori, tutto il mondo è paese.

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