Ricetta n. 2 La Sublime Cottura d’Anitra Selvatica

Pria ch'io divulghi la presente Ricetta son d’uopo talune notazioni che però son tenuto a esporre in maniera incompleta a seguito di giuramento.

Era la stagione successiva a quella in cui Sua Altezza Reale avea celebrato in pompa magna la nascita della Quartogenita, e altra figliolanza dicean che s'appropinquasse, allorquando di nottetempo fui destato di sovrassalto dal Capo Cuoco e Pasticciere di Real Casa Giovanni Vialardi il quale mi disse che noi ci si dovea recare senz’indugio appo la Reale Palazzina di Caccia di Stupinigi al fine d’approntare una cena di poche ma succulentissime portate pel Sovrano e che vi sarebbe eziandio stata un’Ospite.

Mi disse pure che tale cosa avea da esser talmente segreta che saremmo stati solo noi due alle cucine e al servizio e ch'io avrei avuto da occuparmi d’un cibo carneo il quale avea da esser nel contempo di sostanza, di pronta digestione, di squisita fattura sia intrinseca sia estrinseca e da ultimo ma non per importanza, esser coadiuvante d’Afrodite e che lui si sarebbe occupato del restante.

E mi fece giurar su la Sacra Bibbia ch’io non avrei giammai parlato con alcuno di tale cosa e tal giuramento ho mantenuto e manterrò inquantochè voce dal sen fuggita poscia richiamar non vale.

Entrambi ci recammo pertanto nelle Regie Dispense di Palazzo Reale e mentr’egli si facea consegnare dagl'assonnati guatteri quanto avea da servirgli alla bisogna, io comandai ai medesimi che mi fosser procacciate le mercanzie che andrò a esporre per realizzar senza fallo la Ricetta della Sublime Cottura d’Anitra Selvatica.

Per somma mia fortuna pochi giorni pria avea digià apparecchiato tre anitre selvatiche al fine di sperimentare una ricetta da tempo meditata e non ancor realizzata poichè io avea da eseguire ben altre e gravose incombenze ma a tal punto ne colsi l’occasione con malcelata trepidanza.

Tutto quanto servia alla bisogna d'entrambi venne caricato su una carrozza trainata da una pariglia di veloci destrieri e alle prime luci dell’alba giungemmo alle Cucine della Reale Palazzina e entrambi tosto ci ponemmo all’opra, dedicandoci ognuno a ciò ch’era stato deciso esser di sua competenza.

Poscia con tovagliato dei più fini e mirabili stoviglie e fiori a profusione apparecchiammo il desco in una delle dépendances del vasto parco ove dimorava l’Ospite di Sua Altezza Reale e all’ora convenuta ecco comparire nella salle à manger una fanciulla che digià dimostrava gl’attributi di donna.

Ella s'appalesava alta, di prosperoso seno, forse callipigia, un poco ponderosa e col volto rubizzo, volitivo e paffuto ma ohibò sicuramente affetta da miopia inquantochè allorquando Giovanni Vialardi le porse il menù ch’io avea compilato con calligrafia, ella disse che non era in grado di leggerlo e se lo fece legger dal Capo Cuoco e Pasticciere.

Ella non avea quell'altezzosità che sfoggiano molte Dame di Corte e rimembro che, allorquando venni a Lei presentato dal Capo Cuoco e Pasticciere, Ella per pormi gentilmente a mio agio e forse reputando ch’io comprendessi solamente il dialetto e saputomi nativo d’Asti mi disse: ciau, mi sun cula là cha disu la Bela Rosin e me pari a l’è ad Moncalv.

Nel contempo pervenne nella salle à manger Sua Altezza Reale il Principe con indosso una virilissima tenuta da cacciatore e a Lui venni presentato da Giovanni Vialardi che Gli notiziò che il Padre Suo mi avea da poco tempo insignito dell’Ordine Reale di Maître Pâtissier et Confiseur, e Sua Maestà nel mentre ch’io m’inchinava fecemi ganascino dicendo: m’asmija ca sia un fieu an poc piciu, speruma bin.

Forse Egli ritenea ch’io essendo pasticciere non fossi puranco cuoco di vaglia, ma stimo senz’ombra di dubbio che di tale cosa dovette ampiamente ricredersi allorquando sul desco pervennero le cotture dell’anitre selvatiche e in specie allorquando Madamina Rosin battè due fiate le mani per la gioja: allorquando vide l’anitre di colore cremisi e allorquando Giovanni Vialardi le porzionò abilmente con la lor farcia.

E l’indomani Sua Altezza Reale s’accomiatò da noi comandandoci di giurare che noi giammai avremmo parlato con chicchessia di quel ch’erasi tenuto nella Palazzina di Caccia, cosa ch’io sempre feci e farò, e lodò il Capo Cuoco e Pasticciere asserendo che in quell'insonne notte Egli s’era trasmutato in Priamo, l’inesausto figlio d’Afrodite e ciò per merito della sua soupe à l’oignon y croûtons.

All'udir tale cosa il mio volto s’atteggiò al sorriso a causa di quanto detto ma fu bastevole che Giovanni Vialardi mi guatasse con gran severità per renderlo imperscrutabile e il Capo Cuoco e Pasticciere non ebbe il tempo o forse l'ardire di notiziare a Sua Altezza Reale che in verità Egli divenne inesausto per merito della farcia che trovavasi entro l’anitre.

Ma non indugio oltre e trascuro i successivi accadimenti che furono allorquando tornammo a Corte, per porgere la Ricetta della Sublime Cottura dell’Anitra Selvatica che eseguirai personalmente e con la massima soddisfazione inquantochè ottima è la carne di questa bestia.

Pertanto ti procurerai anitre selvatiche d’almeno 5 libbre cadauna e sieno frollate quanto meno per due dì e poscia le spennerai, le passerai rattamente sovr’alla fiamma vivace, le netterai di interiora e sterco in quanto che l’igiene è l’ingrediente principe d'ogni preparazione e le priverai sia dell’estremità delle zampe e sia dell’ali.

A tale punto praticherai un’incisione che sia di poco sovra laddove trovasi lo sfintere della bestia e similmente a zampognaro soffierai vivacemente con la bocca entro il pertugio artifiziale tappando col pollice quello naturale e vedrai con gran maraviglia che la pellecchia dell'anitra si distaccherà dalla carne sottostante pur continuando a avvilupparla.

Poscia strofinerai con purissimo miele di favo, che sia di preferenza quello sutto dalle laboriose api dal fior d’acacja, la pellecchia delle bestie fintantochè essa ne possa suggere e le porrai appese in loco che sia ben areato fintanto ch’esse grondino del superfluo e s’asciuttino.

In attesa che l’anitre s’asciuttino, e era a tale punto che le bestie pervennero quand’io le trassi dalle Reali Cucine, ti procurerai i seguenti ingredienti in misura tale che sia confacente per comporre una farcia che andrà a empire il ventre dell’anitre: fegato e core d’anitra ciò è quelli che son stati tolti dalle medesime, tanto fegato di majale che sia di peso pari a quello di detti fegato e core, molte punte d’asparago provenienti dalla città di Santena, plurime castagne garessine previamente allessate e mondate di lor buccia e pellecchia, cipolla quanto bastevole, molto aglio, poco sale, pepe di Cajenna macinato e alcune bacche di lauro ben pistate.

Poscia porrai il tutto in acconcia cuprea cazzarola e lo cucinerai al picciol foco con butirro sovraffino di latte di vacca e con l’ausilio di vino di Marsala della miglior specie e tramenerai fintanto che il tutto si spappoli nel tempo richiesto.

Ora, per una quantità pari all'incirca a 15 libbre di anitra, ovverosia tre anitre che vorrai presentare sul desco, ti procurerai le quantità di spezie che vado a enumerare e che son d’agevole rinvenimento a breve distanza dal Palazzo Reale.

A tale fine ti recherai sotto i porticati della piazza del Castello nella bottega impiantata oltre 13 lustri orsono dal signor Antonio Benedetto Carpano.

Ivi te ne procaccerai nove: di semi di noce muscata 3 onze, di ramoscelli di cynnamomo 1 onza, d'infiorescenza d’indica cannabacea 7 onze, di semi di cardamomo 2 onze, di chiodi detti del garofalo 1 onza, di fungo mescal 4 onze, di rizoma di galanga 1 onza, di rizoma d’iride fiorentina 4 onze, di foglie di tanaceto 3 onze.

Curerai di verificare assai che tali spezie sieno ben essiccate e non muffite e poscia le pestellerai tutte insieme in acconcio mortajo fintanto ch’esse sieno divenute al pari di polvere e del pari non sieno più distinguibili l’une coll’altre.

Pervenuto a tal punto porrai le spezie polverizzate nella cazzarola ove digià trovasi quella che sarà la farcia che andrà a empire il ventre dell’anitre e tramenerai tutti gl’ingredienti con cura e sempre al picciol foco fintanto che non pervengasi a perfetto e denso amalgama che passerai allo staccio che sia di maglia grossa e attenderai che si raffreschi.

Raffrescatosi che sia, l’impasterai coi torli di ventiquattro ova freschissime di gallina e ivi puranco porrai lo sbriciolone di nove tartufi bianchi del Monferrato che sien di taglia gagliarda.

Insaccherai quanto sovra descritto entro i cadaveri dell’anitre che poscia cucirai con refe in tale fatta che non siavi fessura alcuna dalla quale possa fuoriuscire il composto.

Ora avvoltolerai ciascuna bestia entro acconcia carta pergamena e la porrai entro un forno che abbia temperatura costante tale da non abbruciar la carta ma da cocere la carne e ivi le lascerai quanto meno per due ore.

Poscia svoltolerai gl’involucri e proseguirai la cottura delle bestie in acconcia teglja fintanto che la pellecchia dell'anitre divenga croccante e di colore cremisi e l’irrorerai più fiate col fondo di cottura che sarà gocciolato entro la teglja medesima.

Infine presenterai l’anitre sul desco tali quali uscite di cottura e principierai col servire la pellecchia tagliata in striscioline, poscia la carne anch’essa tagliata in tale fatta e da ultimo porzionerai la farcia che potrà esser eziandio degustata sovra crostoni di pane rostiti nel butirro sovraffino di latte di vacca con un poco di sale.

E con malcelato orgoglio potrai far degustare tale afrodisiaca e ghiotta Cottura ai tuoi fortunati commensali buongustaj e dinanzi alla lor riconoscienza e alle lor congratulazioni oblierai tutta quanta la fatica ch'affrontasti per approntarla personalmente, non essendoti punto avvalso dell’ajuto altrui al fine d’impedire che i tuoi guatteri o chi per essi potesser carpirne la Ricetta al fine di farne un lucroso mercimonio.

Tale Cottura risulterà esser assai gradevole pel palato in specie se non sarà ingollata ma verrà manducata con quella riflessiva e compiacente lentezza che ben s’addice ai commensali buongustaj inquantochè prima digestio fit in ore, e del pari sarà sommamente corroborante pel corpo secondo quanto enunciato nella Ricetta che precede questa.

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