1. Accanto all'opera dei novatori si veniva man mano collocando quella degli eruditi, che si argomentavano di attingere alla sapienza greca gli elementi costitutivi per un rinnovamento generale del sapere. Se non che, spesso, l'erudiziene irrigidì, e mancò il soffio nuovo nella maggior parte degli Umanisti.
Per quanto si riferisce alla Geografia l'impulso traeva argomento in ispecial modo dal testo di Tolomeo, la cui versione latina era stata condotta da Iacopo Angelo di Scarperia sul codice greco portato in Italia dal fiorentino Corbinelli nel 1400.
A Tolomeo, ben prima di allora, si riattaccarono gli Arabi; e da lui ora la Geografia riceveva in Europa nuovo vigore per la fervida opera di commento e di ricerca che svegliò nei dotti italiani e stranieri durante i due secoli che seguirono quell'avvenimento.
2. L'invenzione della stampa era arrivata in buon punto per diffondere il lavoro degli Umanisti e dei commentatori della «Geografia» di Tolomeo, moltiplicandone le edizioni.
Va innanzi a tutte l'edizione di Bologna colla data del 1462, che probabilmente deve correggersi in 1472. Fu stampata da Domenico de Lapis e diretta dal matematico Pietro Bono Avogario e da Gerolamo Manfredi. La nomenclatura delle carte venne curata da Domenico Buoninsegni e da Francesco Lapacino. Siccome Tolomeo usò la conica (o la pseudo-conica) una volta sola, cioè nella prima carta, che è il planisfero, e usò la quadratica in tutte le altre, sostituita in molti codici dalla trapezoidale, così l'Avogario ben fece a usare per tutte lo sviluppo conico, più razionale, e più conforme ai concetti scientifici dell'Autore.
Non si può passare qui sotto silenzio l'opera di un bolognese, molto apprezzato al tempo suo, cioè nella seconda metà del Cinquecento. Voglio dire la Descrittione di tutta Italia del domenicano Leandro Alberti, il quale, più che opera geografica, fece opera di erudizione e di storia. Per quanto appaia evidente l'imitazione dell'Italia Illustrata del Biondo, non manca tuttavia di qualche novità e originalità. L'A. ha molto viaggiato in Italia e anche fuori: ha veduto, osservato di proprio, e raccolto osservazioni di altri.
La prima edizione del suo volume fu fatta a Bologna nel 1550. La seconda uscì a Venezia nell'anno successivo. Oltre nove o dieci edizioni se ne fecero, per lo più a Venezia, con carta del Magini.
Bologna adunque aveva già dato fin dal 1472 il segnale di un periodo che, importante nella storia della Geografia, s'inizia colla prima edizione della «Geografia» di Tolomeo.
3. Il risorgere di Tolomeo, osserva Giovanni Marinelli, quantunque abbia dato luogo a errori funesti, nell'assieme fu utile perchè richiamò le menti dei Geografi alle basi matematiche della disciplina da essi professata, li indusse a rifare da capo le determinazioni di latitudine e di longitudine, a ristudiare ancora le questioni così vitali e importanti delle proiezioni geografiche.
Gli «errori funesti» a cui allude il compianto Geografo sono in ispecial modo gli errori di longitudini: poichè mancavano agli antichi i mezzi meccanici per la misura esatta del tempo e gli strumenti per fissare nel cielo il fenomeno di riferimento dei tempi locali.
Tolomeo accenna bensì ad una osservazione di eclisse lunare nella notte precedente alla battaglia di Arbela, il 20 sett. 331 av. C. (?). Ma questa osservazione, eseguita senza metodo, diede fra Cartagine e Arbela una differenza di tre ore, cioè 45° in longitudine, con un grosso errore di 11° in più. Questo errore, sommato con l'allungamento delle distanze geografiche dovuto agli itinerarii marittimi, che tendono a far sparire le penisole rettificando le linee sinuose, diede al Mediterraneo nelle carte Tolemaiche, uno sviluppo enorme da ponente a levante, portandone la lunghezza a 62°, con un aumento di 20° e più. Inoltre, il Geografo di Pelusio aggiungeva 50° di longitudine all'Asia verso levante, e poneva 180° laddove Eratostene aveva messo 130°.
4. Questi errori fondamentali pesarono sulla geografia per lungo tempo, fino a che non incominciarono gli Arabi, nei secoli XII e XIII, a fare notevoli correzioni per opera specialmente dell'astronomo Abu'l Hasan, che trovò 130 posizioni nuove e accorciò l'asse del Mediterraneo.
Furono astronomi arabi che compilarono in Toledo le famose tavole pubblicate nel 1250 da Alfonso X Re di Castiglia, ultimo documento della cultura geografica araba nel Medio Evo. L'osservazione delle occultazioni delle stelle e delle «distanze lunari» servì di base alle nuove determinazioni di longitudine colle «Tavole Alfonsine» di cui pure si valevano gli astronomi per calcolare le latitudini, ottenendo per la massima declinazione del sole 23° 32' 29", misura corretta, come abbiam visto, dal Novara, che la ridusse di 23° 29'.
E fu pure un nostro matematico di quel secolo, Giovanni Bianchini, amico del Paciolo e del Regiomontano, che pose mano alla correzione delle celebri tavole, pubblicate poi in Venezia nel 1483.
5. Ma la decisiva correzione delle longitudini incomincia soltanto dal 1668, anno nel quale Gian Domenico Cassini, lettore allora nel nostro Studio, consegnava alla scienza ed alla nautica le «Effemeridi bolognesi degli astri Medicei», pubblicate l'anno seguente in Parigi sotto il titolo meglio noto di «Connaissance des temps», modificate nel 1727 dopo la scoperta dell'aberrazione della luce fatta dal Bradley.
Così il Cassini iniziava in Bologna una grande opera di rinnovamento, che doveva portare i suoi frutti in Francia, ponendo quella nazione alla testa della cultura geografica in Europa nel secolo XVIII.
6. Però se la esatta determinazione delle longitudini in mare, col perfezionamento degli oriuoli, poteva ormai rendersi indipendente dalle osservazioni dei satelliti di Giove col trasporto dell'ora per mezzo dei cronometri, e se nel telegrafo – fra i varii punti di una rete telegrafica – si ha il modo più sicuro di trasmissione del tempo locale da un punto ad un altro, una forma veramente inattesa e straordinaria di determinazione e di controllo, in terra e in mare, ce la doveva fornire un bolognese il cui nome è sulle labbra di tutti: Guglielmo Marconi.
Col «telegrafo senza fili» egli, nel 1° gennaio 1900, gettava un «ponte aereo» sull'Atlantico, nuova congiunzione ideale fra i due mondi, ultimo portato delle scienze fisiche – nella patria di Luigi Galvani – in ordine ai mezzi per la costruzione esatta delle carte geografiche.