VI.

1. Ed ora riprendiamo il filo della Storia della Geografia nel nostro Ateneo per concludere coll'azione da esso esercitata sull'ultima fase più perfetta del lavoro scientifico ordinato alla conoscenza fondamentale della superficie terrestre.

Ho nominato Gian Domenico Cassini a proposito delle tavole dei satelliti di Giove da lui compilate in Bologna per la determinazione delle longitudini e la correzione delle carte geografiche. Ma se è utile, anzi necessario per la Geografia, fissare le posizioni con le osservazioni astronomiche, ciò non basta alla costruzione di una carta geografica, la quale in una certa misura deve riprodurre le varie particolarità morfologiche del terreno.

2. Occorrono adunque i rilievi geografici. Gli Antichi non sapevano fare dei veri rilievi. Gli Agrimensori romani avevano dato delle misure sommarie dell'Impero: e fu concetto grandioso, sorto nella mente di Cesare, operazione memoranda, ben degna di Roma.

Però siamo ancora lontani da una triangolazione di precisione o anche soltanto da un rilievo diretto del suolo: di cui appena troviamo qualche principio nell'Epoca del Rinascimento in Italia colla mappa costruita dall'ingegnere Donato a Venezia sotto il Doge Andrea Gritti, secondo l'espressione del tempo, a venti e misure, cioè su base geometrica. E pure «a venti e misure» con l'uso della bussola, secondo la notizia che ne abbiamo da una lettera di Baldassarre Castiglione a Leone X, colla quale l'autore del Cortegiano propone al Pontefice il rilevamento della pianta di Roma, già in parte eseguito, colla bussola, da Raffaello.

3. Anche per quanto riguarda il rilevamento diretto del suolo e la costruzione delle carte geografiche moderne, i professori del nostro Studio hanno lasciata un'orma incancellabile.

Dal 1576 al 1583 tenne cattedra in Bologna per le matematiche e l'astronomia, il cosmografo perugino Ignazio Danti, autore del primo gnomone in S. Petronio, fissato nell'intento di determinare esattamente la durata dell'anno tropico e l'obliquità dell'eclittica. Ognun sa invece come al Danti, già sopraintendente ai lavori delle Logge Vaticane, vengano attribuite quelle mappe, che furono disegnate molto prima da Stefano Tabouret e colorite da Giovanni Antonio Vanosino da Varese.

Però nessuno ignora che il celebre cosmografo (così allora si chiamavano i cartografi) aveva posto mano alla costruzione delle mappe della Sala guardaroba del Palazzo Vecchio in Firenze, rammentate dal Vasari e che il suo nome figura nel catalogo di Ortelio fra i nomi dei più illustri geografi italiani del secolo XVI, mentre pure occupava con onore la cattedra di Matematica e di Astronomia in Bologna. Noi possiamo aggiungere che egli fu uno dei più efficaci precursori della Topografia moderna.

4. Nel 1583 il Danti pubblicava l'opera sul Radio Latino, il primo trattato di Topografia in ordine di tempo. Egli spiega in esso l'uso dell'istrumento inventato dal bolognese Latino Orsini per eseguire il rilevamento dei luoghi e fissare i punti del terreno senza accostarvisi. E dichiara di essersi servito di questo strumento per levare la pianta delle provincie dello Stato della Chiesa dietro ordine di Gregorio XIII, il papa bolognese celebre per la riforma del Calendario e benemerito della Geografia.

Il p. Danti faceva già uso della Tavoletta che oggi chiamasi pretoriana, dal nome di Giovanni Pretorio di Norimberga che l'avrebbe inventata nel 1590. Il topografo italiano ne apprese l'uso da suo padre Giulio Danti molto tempo prima. Così egli aveva rilevato il territorio della Romagna, dell'Umbria, della Sabina, e costrutta la prima vera carta geografica dell'Italia centrale.

Quale fosse il tipo delle carte di quel tempo, coi monti indicati sotto la forma di piccoli «nidi di talpa» che signoreggiano per tre secoli nella cartografia, a cominciare dal Tolomeo di Ulma del 1482, si può vedere da tutti nel saggio intitolato: «Descrittione del Territorio di Perugia Augusta del p. Egnatio Danti matematico dello Studio di Bologna» riprodotto per cura del prof. Bellucci e pubblicato nell'annata 1903 del «Bollettino della Società Geografica Italiana». Nominato vescovo al Alatri nel 1583, il Danti cessò di appartenere al nostro Studio, e venne, qualche anno di poi, chiamato a Roma da Sisto V per erigere la gran guglia di S. Pietro e delinearvi gli equinozi e i solstizi.

5. Alla cattedra lasciata libera (concorrente anche Galileo che contava appena 23 anni) il Senato di Bologna prescelse nel 1588 un altro insigne cosmografo di quel tempo: il padovano Giovanni Antonio Magini, che aveva allora 32 anni e già godeva una fama indiscussa come astronomo dentro e fuori d'Italia. L'opera sua appare ben più importante come geografo, non solo per le correzioni introdotte nelle carte del Tolomeo di Venezia del 1597-98, ma anche e specialmente per il suo Atlante d'Italia, che è tutto una vasta elaborazione di un materiale copioso, quale egli solo in Italia, non meno dell'Ortelio in Olanda, aveva saputo raccogliere e ordinare.

6. Ma una riforma sistematica della Geografia non era ancora stata delineata con larghe vedute che abbracciassero il lavoro geografico nella sua totalità, per ciò che riguarda la costruzione esatta delle carte geografiche. Nè con le «tavole del primo Mobile» fatte dal Bianchini a Ferrara, nè con la «Tabula Magna» e l'astrolabio del Regiomontano, dopo i lavori degli astronomi arabi e la pubblicazione della «Tavole Alfonsine», nè colle nuove idee del Toscanelli, che paiono esplicarsi nel Tolomeo fiorentino del 1480 tradotto dal Berlinghieri, nè colle belle correzioni di longitudine fatte dal Silvano nel Tolomeo di Venezia del 1511, nè coll'opera tecnica del Danti in ordine al rilievo planimetrico del suolo, nè colla vasta opera critica del materiale geografico compiuta dal Magini, la Geografia ci offre un vero disegno organico di riforme, il quale tuttavia poteva dirsi sufficientemente preparato.

Il p. G. B. Ricciòli da Ferrara, ultimo fra i grandi oppositori del sistema eliocentrico, può bene farsi perdonare i suoi errori fondamentali dell'Almagestum Novum (1651), con la sua Geographia et Hydrographia reformatae, che è, non soltanto una immensa compilazione destinata a riassumere tutto lo scibile geografico, ma è un'opera veramente capitale nella storia della nostra scienza.

L'autore fonda la sua riforma sulla Geodesia e, in modo particolare, sulle livellazioni di precisione. Egli introduce sistematicamente nella Geografia la 3 a coordinata, che è l'altitudine. Ciò non esclude che prima del Ricciòli, isolatamente, qualche matematico non abbia tentato una buona determinazione geometrica di altezze, come fece per l'Etna, intorno al 1600, il siciliano G. M. Ventimiglia. Ma i nuovi metodi di misura e di osservazione proposti dal Riccioli e dal suo collaboratore Francesco Maria Grimaldi, che nel «compasso Grimaldico» fece rivivere il «Radio Latino» inventato dall'Orsini in Bologna circa un secolo prima, e le riforme proposte per le correzioni delle posizioni nelle carte geografiche in ordine alle longitudini e anche alle latitudini di tutti i paesi del mondo, pongono l'opera del Ricciòli in una posizione di primo ordine nella storia della Geografia e della Cartografia. E se alle nuove tavole delle longitudini e delle latitudini, da lui corrette per 2500 luoghi in base alle migliori osservazioni per quei tempi, l'Autore avesse accompagnato le corrispondenti carte geografiche, certo – osserva il Colonn. Botto in una sua memoria sulla storia della Cartografia italiana – sarebbe avvenuto per opera del Geodeta dello Studio Bolognese il grande rinnovamento geografico attuato più tardi in Francia dal Delisle e dal D'Anville.

7. Abbiamo accennato più sopra alle triangolazioni, di cui si riconoscono le prime traccie nell'Epoca del Rinascimento in Italia e, particolarmente, nell'opera del p. Danti. Però le vere triangolazioni di precisione, con scopo geodetico, cioè per la misura di un arco di meridiano, o di parallelo, e per la determinazione delle dimensioni e della forma della Terra, vennero metodicamente fissate in Olanda dallo Snellius nel 1615 colla prima misura moderna di un arco di meridiano.

Ora, dobbiamo osservare, che in Bologna, poco dopo il 1650, sorge l'idea della prima misura italiana del grado, messa appunto in esecuzione dai pp. Riccioli e Grimaldi con una rete di triangoli, che ha per centro Bologna e si estende a Modena, Ferrara e Ravenna. Ancorchè il risultato, per cause che qui non è il caso di ricercare, non possa annoverarsi fra quelli più prossimi al vero, è giusto riconoscere che anche sotto questo aspetto, che rappresenta la base scientifica della geografia, lo Studio di Bologna ha preso, come per lo innanzi, una posizione speciale, applicando alla misura un'idea di Keplero e tenendo conto, nella costruzione degli strumenti astronomici, della diffrazione della luce scoperta dal Grimaldi.

8. Non posso intrattenermi più oltre sul contributo che ai progressi della Geografia hanno portato i professori del nostro Studio, e particolarmente, gli astronomi, prima e dopo il Cassini, come il Malvasia e il Montanari, il Mezzavacca e il Guglielmini.

Basti rilevare che, dopo la fondazione dell'Istituto delle Scienze fisiche e naturali, dovuta al Marsili, e l'erezione della torre dell'Osservatario, terminata nel 1725, Eustachio Manfredi e, dopo di lui, Eustachio Zanotti, fecero importanti determinazioni di latitudini e osservazioni celesti non prive di interesse anche per il geografo, specialmente per ciò che riguarda la distanza della Luna dalla Terra. E la meridiana di S. Petronio, dopo le correzioni del Cassini, venne rinnovata dallo Zanotti, il quale dalle sue osservazioni solstiziali fatte col gigantesco gnomone, dovette concludere che nessuna variazione sensibile era avvenuta per 80 anni almeno, nella latitudine di Bologna.

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