IV.

1. Dopo la cacciata dei Mongoli intorno al 1370, quasi ad un secolo dalla conquista di Klubai e dai viaggi dei Polo, si instaurò la dinastia nazionale dei Ming. La Cina si rinchiudeva di nuovo nel suo tenace isolamento.

Fu appunto in quell'epoca, cioè durante il geloso regno dei Ming, che il Ricci affrontò con indomito coraggio il grave problema di penetrare nell'ancor misteriosa patria di Confucio e di Lao-tse.

Dopo un soggiorno di tre anni a Goa, ove si munì della preparazione necessaria a intraprendere lo studio di quel grande paese, si condusse a Macao, città lasciata allora, come oggi, in possesso dei Portoghesi, pur essendo all'entrata dell'estuario di Canton. In quest'ultima città potè introdursi quasi furtivamente, nel 1583, in compagnia del P. Roggero, napoletano, per fondarvi la prima Missione. Di qui incomincia, tra infiniti stenti e pericoli, la sua vasta opera geografica e civile sulla Cina. Le matematiche e l'astronomia, apprese a Roma dal P. Clavio, gli agevolarono grandemente il suo ingresso nel mondo cinese.

Con esse potè vincere la diffidenza dei dotti e guadagnarsi l'anima del popolo, poichè non occorre ricordare che se i Cinesi hanno sempre avuto idee infantili sull'Astronomia e la Cosmografia, tennero tuttavia in grandissimo pregio i matematici e gli astronomi, i cui lavori servivano per lunga tradizione a calcolare le ecclissi e a regolare il Calendario.

La sua abilità nel disegnare le carte geografiche e costruire sfere e gnomoni, gli aperse la via al favore della Corte di Pechino e dell'Imperatore. Egli costrusse una carta nella quale conservando il meridiano iniziale delle Isole Fortunate, come si usava in Occidente fin dai tempi di Tolomeo, nello sviluppo della proiezione, la Cina appariva in mezzo al mappamondo. E questo egli fece non soltanto per evitare di offendere il vivo orgoglio nazionale del popolo che lo ospitava, col mostrare la Cina all'estremità orientale del mondo; ma anche per fare a tutti toccar con mano l'immensa distanza che divide l'Europa dalla Cina, la quale perciò non aveva un motivo serio di sospettare che le vesti del missionario nascondessero l'emissario di un governo e il pericolo di una invasione straniera.

E sfere e mappe costrusse in gran numero, a richiesta dei dotti e dei governatori delle provincie; e di alcune carte si fecero edizioni a spese pubbliche: tale fu l'ascendente colà acquistato dal Ricci fra i Cinesi, che mai forse l'uguale fu dato di raggiungere da un Europeo, nè prima, nè poi. Il mappamondo costruito fin del 1584 a Sciao-King fu l'inizio dell'operosità cartografica, che segnò il passaggio delle idee cosmografiche dell'Occidente nella Cina e della Cina all'Occidente. La carta geografica ha segnato un'epoca storica, col tramonto definitivo della tradizione classica medioevale fondata sulla leggenda e il sorgere della Geografia Scientifica nell'Estremo Oriente.

2. Come materiale, alla nuova carta della Cina, egli diede le determinazioni delle latitudini lungo l'intinerario da Canton a Pechino, rilevò e descrisse il Pojang e il Iang-tzé da questo lago fino alla foce, determinò la posizione di Nan-king; eseguì il rilievo del Canale Imperiale, la mirabile via acquea fra Hang-ceu e Pechino. Raccolse tutti gli elementi che potessero valere a dare la figura geografica di quel paese, servendosi dei mezzi suggeriti dalla scienza nel secolo di Ortelio e di Galileo, dalle determinazioni astronomiche ai dati statistici attinti alle fonti cinesi. Egli rivelò l'intima struttura della scrittura cinese, avviando l'Europa alla conoscenza più appropriata della Civiltà sinica, e questa ravvicinando quanto era possibile alla cultura Occidentale. Fu già osservato da altri che in lui lo zelo della Missione Evangelica non soverchiò mai il giusto senso di ciò che poteva attendersi dall'opera nostra contro il fatto di una civiltà più volte millenaria. Egli, uomo di niente e d'animo superiori, seppe veramente iniziare un gigantesco lavoro di trasfusione intellettuale fra l'Europa e la Cina, lavoro che ebbe bensì degli illustri continuatori nei Missionari Gesuiti, ma fu poi interrotto dal miserando spettacolo dell'invidia e dell'intolleranza dei nostri stessi Missionari, specie Domenicani, non certo per colpa degli Orientali.

3. Il Ricci ottenne la massima efficacia nella propaganda religiosa mediante un accurato sistema di preparazione, che è sempre necessario per introdurre nuove idee in un pubblico la cui anima è dalla nostra profondamente diversa. E quest'anima egli aveva studiata con amore, cosicchè era al caso di ben comprendere quale complicato processo di ravvicinamenti era indispensabile per trovare alle nuove idee una forma stabile di adattamento. Inutile aggiungere che egli non mai, nè con atti, nè con parole, offese le convinzioni altrui; egli non mai ebbe nel cuore e sulle labbra il facile disprezzo che è la caratteristica dell'intolleranza, la quale, a qualunque setta o partito appartenga, è sempre figlia dell'ignoranza presuntuosa. Si è voluto attribuire a fine astuzia politica, ritenuta propria dei Gesuiti, ciò che nel Ricci era semplicemente effetto di gentilezza d'animo e di educazione civile: poichè, se mostrava rispetto per i filosofi cinesi e teneva in onore il ritratto di Confucio nella sua stanza, ciò nulla toglieva alla grande sincerità della sua fede di apostolo. Nè d'altra parte la credenza religiosa ha mai impedito ai più eminenti uomini della Chiesa romana lo studio e l'ammirazione persino eccessiva dei filosofi pagani. Non forse Aristotele fu l'idolo dei Scolastici e, almeno per quattro secoli, la prima e la sola autorità scientifica dell'Europa Cristiana?

In un paese di dotti il Ricci si dovette servire appunto della dottrina per aprirsi la via; nè si può fargli un'accusa di ciò che ridonda invece a suo massimo onore. Non si può parlare a tutti il medesimo linguaggio: ad una folla di ragazzi delle scuole elementari o ad una riunione plenaria di un corpo accademico, ai Daiacchi dell'isola di Borneo o a un'assemblea di letterati Cinesi armati di tutto un sistema di tradizioni e di cultura. Il Ricci aveva piena coscienza della estrema delicatezza della sua missione; e tanto deve bastare per spiegare l'«abilità» e la «tattica» che gli si attribuisce, e la stessa «politica» di cui gli si da vanto come capo delle Missioni Gesuitiche in Cina.

4. Del suo pieno successo come Apostolo colà dove avrebbe potuto essere il San Paolo, iniziatore di una rivoluzione analoga a quella del Cristianesimo in Europa, se fosse stato secondato da un più libero e largo sistema di intelligenti continuatori; dei suoi grandi lavori come geografo, come astronomo, come matematico, e del largo carteggio da lui tenuto coi letterati e i mandarini che gli si volgevano per consigli e precetti di scienza e di morale, delle numerose opere che scrisse in cinese per diffondere nell'Estremo Oriente la scienza degli Europei, e delle altre che tradusse nella nostra lingua per aprire a questi ultimi le porte della cultura orientale; dei suoi lunghi viaggi che fissarono le prime basi di una carta moderna della Cina, della identificazione del Cataio suggellata, per opera sua, dalla spedizione del Göes; dell'operosità molteplice e vasta dell'uomo straordinario, che qui ebbe i natali nel 1552, altri ha ragionato fra noi con sicura dottrina, non ultimo il segretario medesimo di questo Congresso, il prof. Ettore Ricci, che qui voglio nominare per debito di giustizia, anche se le mie parole possono sembrare un'offesa alla sua eccezionale modestia.

I Commentari e le lettere del P. Ricci, che ora vedono la luce nel loro testo originale per iniziativa di questo benemerito Comitato e per cura dell'illustre P. Tacchi Venturi, fornirono dapprima dati statistici preziosi a Botero per le Relazioni Universali, elementi cartografici fondamentali all'Atlas Sinensis del P. Martino Martini da Trento, e larga materia alle classiche opere del Bartoli, del Kircher, del Ricciòli, dopo la riduzione che ne fece in francese il P. Nicola Trigault, la cui opera venne volgarizzata dal Sozzini e pubblicata a Napoli nel 1622. Ma tutti questi scritti parvero rendere inutile per quasi tre secoli la pubblicazione originale del testo prezioso, e nocquero non poco al giusto riconoscimento dell'intera opera personale del primo Geografo della Cina.

5. Fra i Missionari italiani che seguirono le orme del Ricci nell'Estremo Oriente vanno ricordati con onore:

Prospero Intercetta, siciliano, che imparò e scrisse il cinese come i migliori letterati dell'Impero di Mezzo, e fu autore del libro Sinarum Scientia, nel quale si tratta della filosofia cinese e dell'opera di Confucio;

Basilio Brollo da Gemona, autore del primo dizionario latino-cinese, che fu poi largamente sfruttato dal De Guignes;

Filippo Grimaldi, che fu in Cina un secolo dopo il Ricci e seppe guadagnarsi il favore dell'imperatore Kang-hi, che lo nominò Presidente delle Matematiche e gran dignitario dell'Impero;

Carlo Horatii da Castorano, che dopo lungo soggiorno in Cina, nel 1734 tornò in Italia per insegnarvi la lingua e la letteratura cinese, scrisse un Catalogo prezioso di una collezione di libri cinesi per il Pontefice Clemente XII, lavorò ad un'opera geografica, e offerse a Benedetto XIV un esemplare manoscritto del suo Dizionario latino-italico-cinese, che dovrebbe trovarsi tuttora alla Vaticana: da ultimo diede la prima versione della famosa iscrizione cristiana di Si-ngan;

Matteo Ripa da Eboli, che di ritorno dalle Missioni dell'Estremo Oriente, fondò in Napoli il Collegio di Cinesi, mutato poi in Collegio Asiatico;

Ippolito Desideri, pistoiese, che dopo aver percorso l'Indostan, per il Cashmir, s'introdusse nel Tibet, nel 1715, e lo attraversò da ponente a levante, visitando Lassa, favorevolmente accolto dappertutto. È noto come la sua Relazione sia stata pubblicata nel 1904 nel vol. X delle Memorie della benemerita Società Geografica Italiana, che ne affidò la cura all'insigne sinologo e geografo dell'Estremo Oriente, Carlo Puini.

Il cappuccino Franc. Orazio da Pennabilli urbinate, fu pure nel Tibet pochi anni dopo il Desideri, ugualmente bene accolto dai Principi del paese e dal Gran Lama; studiò con intenti scientifici quegli idiomi e fece stampare in Roma i primi libri in lingua Tibetana.

6. Ma il vero coronamento dell'opera geografica di Matteo Ricci fu, al tempo dell'Imperatore Kang-hi, la grande triangolazione dell'Impero Cinese eseguita dai Matematici e Missionari Gesuiti sotto la direzione del P. Jartoux, e quando il P. Filippo Grimaldi aveva l'alto ufficio di Presidente delle Matematiche dell'Impero.

Questa operazione, fondamentale nella figurazione sistematica del Continente, ebbe per effetto una radicale correzione delle longitudini quale solo era possibile alla nuova scuola dei geografi francesi con l'uso dei cronometri di recente invenzione e delle tavole Cassiniane per l'osservazione dei satelliti di Giove. L'Asia per tal modo si accorciò dal lato di Oriente, come già, dopo le correzioni dell'inglese Dudlee e del francese De Chazelles, si era accorciata la figura del Mediterraneo di oltre 20° di longitudine rispetto alla vecchia carta di Tolomeo.

La nuova descrizione della Cina data dal P. Du Halde e l'Atlante dei D'Anville colla prima vera carta moderna dell'Impero di Mezzo, furono il risultato di questa esplorazione sistematica, di questa triangolazione a base astronomica, una delle più importanti che ricordi la storia.

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