IV.

Fatta astrazione dalla cultura araba, che fu cultura riflessa ed essenzialmente geografico-astronomica, la caduta del mondo greco-romano segnò un eclisse totale della Civiltà mediterranea.

Un'ignoranza feroce, coi barbari prorompenti, si getta sul morto impero, depredando ogni cosa. Il Medio Evo incombe ferreo sull'Occidente. La notte più profonda avvolge l'Europa, e l'ascetismo cristiano – esagerazione storicamente spiegabile dopo l'orgia pagana – ricopre col voluto oblio la cultura greca decadente, nelle sue ultime deboli manifestazioni, contro le quali i Padri della Chiesa fanno balenare la rozza lama del sillogismo novo, affilata alla vecchia scuola platonica.

La Cartografia Cristiana, che prende le mosse nel VI secolo dall'opera del viaggiatore e monaco egiziano Cosma Indopleuste, è caratterizzata dai concetti più grossolani e primitivi sulla forma della Terra, nonchè dalla disposizione sistematica data ai contorni dell'Abitabile, secondo un tipo prestabilito, senz'alcun riguardo alla realtà.

Il mappamondo dell'Indopleuste appartiene al tipo più antico delle «Carte rettangolari» costrutte sul concetto del «Cofano cosmico» simbolo del Tabernacolo biblico, secondo le idee comuni nell'alto Medio Evo, da S. Seve-riano all'Anonimo Ravennate. Il Mediterraneo o «Golfo di Roma» vi è raffigurato sotto la forma di un largo canale aperto sul lato inferiore del foglio, e diretto nel senso della lunghezza del rettangolo, alla sommità di esso, ove allora ponevano l'Oriente. Due golfi secondarî, il Persico e l'Arabico, si internano sul lato destro del sud; il quarto dei golfi obbligatorî è il Mar Caspio, creduto aperto a nord, rappresentato da un incavo sul lato sinistro. Nè mancano mai, in questo genere di carte, i quattro fiumi edenici, identificati in vario modo. Per l'Indopleuste essi sono il Tigri, l'Eufrate e il Fison, che scendono insieme nel golfo Persico, e il Nilo che si dirige al Mediterraneo.

Su questo tipo è il Mappamondo Albigese dell'VIII secolo (anno 730), ma con maggiori particolari, e non senza un tentativo di disegno dell'Adriatico e delle isole maggiori. Anche il Mappamondo Anglo-sassone del X secolo, benchè più discosto dalla forma geometrica del tipo fondamentale, va classificato in questo sistema.

Alle «Carte rettangolari» seguono le «Carte circolari» o «Carte a ruota» e – con lieve modificazione – le «Carte ellittiche». Tutte queste rappresentazioni sono fondate su un'idea molto semplice, facile ad essere concepita e disegnata, soddisfacente per la sua simmetria e sopratutto perchè ritenuta in perfetta armonia col sentimento religioso. Comunque fosse orientata la Carta, Gerusalemme, la Città santa, la mèta dei pellegrinaggi, l'umbilicus mundi, ne occupava il centro. Figurine, immagini di città, mostri marini, ricordi biblici, l'arca di Noè sul monte Ararat, il Paradiso terrestre coi nostri progenitori che si spartiscono il pomo fatale, sono l'ornamento consueto e la illustrazione inevitabile di queste carte, che occupano tanta parte del Medio Evo, e sulle quali, ma forse non senza imitazione araba, erano modellate le tavole d'argento che facevano parte del tesoro di Carlo Magno e dei Monasteri più insigni quell'Età.

Possiamo dire di essere tornati per altre vie e con altre forme al primitivo concetto Omerico, fissato colla celebre descrizione dello scudo di Achille, nel libro XVIII della Iliade.

Il Mappamondo di Torino, forse dell'VIII secolo, copia dell'XI o del XII, annesso a un commento dell'Apocalisse, illustrato particolarmente dall'Ottino e, con altri mappamondi medioevali, dal Marinelli, può dirsi la carta tipica del genere.

Una forma assoluta si andò imprimendo nei concetti geografici, e con tale persistenza che ancora alla fine nel secolo XIV o in principio del XV, epoca di grande progresso in Italia, in tutti i rami della rinascente cultura, il fiorentino Dati così ne dava la descrizione in una celebre ottava del suo trattato «Della sfera»:

Un T dentro ad un O mostra il disegno
Come in tre parti fu diviso il mondo,
E la superïore è il maggior regno,
Che quasi piglia la metà del tondo,
Asia chiamata: il gambo ritto è segno
Che parte il terzo nome dal secondo:
Africa, dico, da Europa: il mare
Mediterran tra esse in mezzo appare.

In questo lungo periodo di generale ignoranza, che si rispecchia particolarmente nei mostruosi prodotti cartografici, l'azione del Cristianesimo, negativa nella scienza, ci offre largo compenso nel campo della Geografia esploratrice. Non potendo progredire sistematicamente, la attività umana, sotto altre forme, apparecchia alla scienza nuovi materiali, fecondi per i progressi futuri. La Geografia, morta come scienza, vive come notizia e descrizione di paesi nuovi, e progredisce, come direbbe il Vivien, per addizione.

Dopo le prime navigazioni dei Fenici e dei Greci, e le conquiste romane, dopo le erronee rappresentazioni grafiche dei matematici di Rodi e di Alessandria, nonchè dopo le belle correzioni di longitudini fatte dagli Arabi, il Mediterraneo si viene a poco a poco delineando nella sua vera forma, per mezzo delle Carte Nautiche, disegnate sulle rose dei venti, dai Piloti italiani intorno alla Epoca del Rinascimento.

L'Italia sul cadere del Medio Evo, ridiviene il centro della Civiltà occidentale, e apre la nuova Età col tesoro della cartografia marittima, coronata dalla più grande delle scoperte geografiche.

Come ebbe allora il primato delle arti e della cultura, in un disgregamento politico che ricorda quello dell'antica Grecia, preludendo alle forme e alla organizzazione dello Stato Moderno, così ebbe pure quello non meno glorioso del progresso geografico.

Nè le carte arabe, il cui tipo più conosciuto è il Mappamondo di Edrisi, opera insigne, meditata qui in Palermo intorno al 1150, alla Corte di Ruggero normanno, rivelano traccia di rilievi marittimi nuovi, eseguiti con la Bussola. Eppure si aveva motivo di credere, col Klap-roth, che l'ago calamitato, libero sotto l'azione direttrice della Terra, fosse un'importazione cinese dovuta agli Arabi, i quali fin dal IX secolo percorrevano, quanto è lungo, l'Oceano Indiano, ed erano in rapporti commerciali coi Cinesi.

Non neghiamo che i Cinesi conoscessero già da tempi assai remoti la proprietà dell'ago calamitato e ne facessero uso sotto la forma di «Carro magnetico» come ce lo attesta il San-fen, antichissimo libro cinese tradotto in Italia dal prof. Puini. Ed è pur vero che una geografia greco-araba, alterata da utopie astrologiche, si rivela nelle compilazioni di Bacone, di Vincenzo Beauvais, di Alberto Magno, del d'Ailly ed altri autori, alcuni dei quali ci danno le prime diffuse notizie dell'azione direttiva dell'ago magnetico, e ce lo descrivono galleggiante.

Ma quando sappiamo che fin dal secolo VII gli Amalfitani erano familiari coi porti di Levante, come risulta da documenti, mentre gli Arabi, che dovevano loro trasmettere la notizia della «Bussola Cinese», si trovavano in evidente stato di inferiorità nella navigazione; e quando, inoltre, osserviamo anche solo di sfuggita qualsiasi fra le più vecchie e rozze carte nautiche italiane, non possiamo non essere maravigliati dalla novità dei metodi e delle forme, che rivelano un immenso progresso, a così breve distanza dal Mappamondo di Edrisi.

Abbiamo detto «la novità dei metodi e delle forme». Per la «novità delle forme» non v'ha dubbio alcuno; ma i metodi in quanto si tratta di una determinazione di posizioni geografiche con un sistema di riferimento molto semplice, prendendo a base la rosa dei venti sul piano dell'orizzonte di un luogo fissato come centro, possono ritenersi di molto preesistenti all'uso nautico della Bussola. Con essi noi possiamo riallacciare la Cartografia medioevale colla Cartografia romana, che in realtà doveva essere assai più progredita di quanto non risulti oggi dalla sola Tavola Peutingeriana.

Non v'ha dubbio che il Mediterraneo, così lungamente percorso dai Fenici, dai Cartaginesi, dai Greci e dai Romani, era grossolanamente conosciuto fin dall'Antichità, non solo nelle distanze fra porto e porto, ma anche nelle direzioni. Le distanze valutavansi in stadî, secondo il sistema nautico ellenico, e le direzioni si rappresentavano secondo la rosa dei dodici venti con Timostene, degli otto venti con Andronico, dei ventiquattro cogli Itali antichi, coi Romani e con l'Anonimo Ravennate, che ne dava un sistema orario, centro Gerusalemme, come già Timostene aveva fissato per centro Rodi. Anche l'arabo Zakariya, nel XII secolo, da una descrizione del mondo, servendosi di una rosa dodecagona, centro la Mecca.

Certamente gli antichi conoscevano, già prima del III secolo a.C., l'uso del goniometro a traguardo e facevano rilievi topografici per mezzo di vere e proprie triangolazioni.

Ma se il metodo non è nuovo, le sue applicazioni – mediante la Bussola, per opera dei Piloti italiani intorno e dopo il Mille – ci offrono di un tratto la più mirabile trasformazione della Cartografia a vantaggio della Nautica, lanciata sulla via delle grandi scoperte mondiali, onde si inaugura l'Età Moderna.

I documenti più antichi, finora conosciuti, di questa nuova Cartografia, non risalgono, disgraziatamente, ad un'epoca anteriore ai secoli XIII e XIV: ma sono però sufficienti ad attestare la priorità delle Carte Nautiche italiane su quelle rimasteci di altre nazioni marittime, come già abbiamo detto a suo luogo, e fu dimostrato dal Fiorini, dal Marinelli, da Teobaldo Fischer e, sopra ogni altro, con argomentazioni nuove, da Alberto Magnaghi.

Alla costruzione delle Carte si applicarono nel Medio Evo, in Italia, non solo uomini di mare, come Andrea Bianco, Bartolomeo delli Sonetti e Antonio Millo, ma uomini di Chiesa, come prete Giovanni e fra' Mauro, nonchè uomini di Stato come Marin Sanudo, gentiluomini, letterati, viaggiatori e mercanti. Fu certamente amatore e cultore di questa disciplina, se non proprio costruttore di una Carta d'Italia – come apparirebbe da un molto discusso passo del Biondo – Francesco Petrarca.

Nè mancarono i Cartografi di professione: basterà ricordare Pietro Vesconte, i Pizigani, i Benincasa, i Fre-ducci, i Maggiolo, gli Oliva, l'Agnese, il Russo, il Martines.

Fra le più vecchie carte di questo sistema vien notata dal Fischer quella della Sardegna, probabilmente opera dei Pisani, forse conosciuta da Edrisi, secondo l'Amari. Detta carta risalirebbe alla prima metà del secolo XII.

La Carta Pisana riprodotta dal Jomard, conservata nella Biblioteca Nazionale di Parigi, le tavole agl'Atlante Luxoro, illustrate in Genova dal Desimoni e dal Belgrano, possono tenersi disegnate nel Dugento. Quest'ultima raccolta e la carta di «Prete Giovanni da Carignano» raffigurante il Mediterraneo e gran parte dell'Europa, vengono assegnate generalmente al principio del Trecento. Porta la data del 1311 la Carta di Pietro Vesconte, esistente nell'Archivio di Stato in Firenze. Può ritenersi compresa fra il 1306 e il 1321 la grande Mappa che forse questo medesimo cartografo condusse sotto la direzione di Marin Sanudo il Vecchio, raffigurante l'intero Mediterraneo, coi paesi di Terrasanta e col Mar Nero, riprodotta in 9 tavole annesse da A. Magnacavallo ad una sua importante memoria già ricordata.

Non posso indugiarmi oltre nella enumerazione delle Tavole Nautiche più antiche, preziosi cimeli cartografici, le cui illustrazioni e riproduzioni troviamo sparse nelle opere e nelle Raccolte (eseguite con varî metodi e non sempre illustrate con serena imparzialità) del Lelewel, del Jomard, del Santarem, del Desimoni, del Fischer, del Nordenskiöld – e in alcune pubblicazioni della nostra Società Geografica. Per quanto riguarda le Carte nautiche italiane del Trecento, basti fra tutte quella bellissima di Angelino Dalorto, la cui riproduzione – ordinata con degna munificenza dal Principe Tommaso Corsini – venne curata in Firenze dall'Istituto Geografico Militare, illustrata dal prof. Alberto Magnaghi, e presentata al III Congresso Geografico Italiano, nell'aprile del 1898, da Giovanni Marinelli.

Queste carte, costruite col fondamento della Bussola ad ago imperniato sulla Rosa mobile dei venti, così rinnovata e italianizzata, presentano i raggi divergenti e incrociantisi di più rose, stabilite come sistema di riferimento per le direzioni e le distanze, vero reticolato pseudo-geografico. Il Peschel le chiama Kompass Karten, il Breusing le designa col nome di Carte lossodromiche, osservando acutamente come i navigatori italiani cercavano la lossodromica rettilinea, cioè quella linea stessa che venne trovata scientificamente dal Mercatore colla sua famosa proiezione.

Benchè la Mappa di Sanudo il vecchio porti la data del 1321, non v'ha dubbio che questa forma di rappresentazioni geografiche «a ragnatela» doveva essere familiare anche a Dante. Il prof. Alberto Magnaghi è stato certamente fra i primi a dimostrarlo, poichè certe coincidenze di longitudine non sarebbero state possibili a riconoscere con la osservazione delle vecchie carte tolemaiche, più o meno arabizzate. Il prof. Assunto Mori bene osserva che qualche pagina del Convivio può dirsi «un vero modello di lezione elementare di Geografia astronomica». Però all'infuori del rozzo schema della geografia patristica non si comprende come il Poeta abbia potuto fissare per il Mediterraneo lo sviluppo di 90° da ponente a levante, come risulta dalle parole di Folchetto al Canto IX del Paradiso, molto superiore a quello ammesso da Tolomeo, e dopo le riduzioni arabe.

Il Fiorini rileva come tutte queste carte a direzioni e distanze, costrutte anche senza Bussola, sulla Rosa dei venti rispondente a un dato orizzonte, siano riferibili ad una vera proiezione Azimutale .

Bello è il vedere come nelle stesse forme primitive dei mappamondi circolari della vecchia geografia patristica si vengono a poco a poco introducendo le forme moderne.

Concludendo, diremo, che il primato marittimo e commerciale dell'Italia nel Mediterraneo sul cadere del Medio Evo, ebbe per indice e complemento necessario il primato geografico, pur nella sola forma consentita dal tempo e nell'oblio più profondo dei metodi della Geografia classica, sulla quale era passata stridendo l'ignoranza cristiana dei primi secoli, il formalismo scolastico e l'astrologia araba. L'intero bacino del Mediterraneo, compreso il Mar Nero, apparve ne' suoi giusti limiti; e, in mezzo ad esso, per la prima volta, la forma tipica dell'Italia.

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