V.

Ma il ritorno all'antica tradizione scientifica, lungamente maturato in Occidente, si era andato man mano accennando, coll'influenza araba, nelle scuole d'Europa in quel grande lavoro di «trasfusione intellettuale» che fu compito speciale della civiltà riflessa di quella nazione semitica. Ma questo lavoro era stato preceduto e agevolato da una particolare disposizione, vero e proprio «fermento degli spiriti» segnato al suo inizio da Adamo da Brema e da papa Gerberto, coronato poi dai nomi di Alberto Magno, di Ruggero Bacone, di S. Tomaso e di Dante.

Questo periodo oscuro e glorioso della vita intellettuale europea, forse non ancora studiato al lume della critica, nella sua potente complessità, ha il suo vero compimento in Italia, fecondato dai metodi nuovi di osservazione diretta, il cui vero indirizzo pratico fa capo a Leonardo da Vinci, mentre poi si afferma definitivamente con Galileo.

L'astrolabio e più tardi la balestriglia, costrutta dal Regiomontano, servivano benissimo per la determinazione delle latitudini, prima che Newton inventasse il sestante a riflessione. Per le longitudini i metodi erano tuttora molto incerti, dovendo ricorrere, come faceva il Vespucci, all'osservazione delle occultazioni delle stelle e delle distanze lunari. Nè le tavole Alfonsine, corrette dal Bianchini, erano abbastanza esatte per fornire alla Geografia l'elemento necessario a migliori determinazioni, avanti che Galileo inventasse il cannocchiale e scoprisse con questo i primi quattro satelliti di Giove, le cui frequenti occultazioni offrivano alla scienza ed alla nautica il mezzo facile per una frequente ed esatta determinazione delle longitudini, agevolata dalle nuove misure del tempo. Su questo inopinato sussidio dell'astronomia da Galileo stesso suggerito alla Navigazione, sono stabilite le famose tavole di G. D. Cassini, la cui pubbicazione, nel 1669, segna veramente un'epoca nella storia della Geografia.

L'opera di Tolomeo aveva fatta in buon punto la sua apparizione in Europa, non più sotto la veste araba, ma fra gli altri testi greci che da Costantinopoli furon fatti venire in Italia da Palla Strozzi intorno al 1400. Nella versione latina di frate lacopo Angelo da Scarperia, venne stampata successivamente a Bologna (1472), a Vicenza(1473), a Roma (1478), a Firenze (1480) traduzione italiana in terza rima del Berlinghieri, con bellissime tavole incise da valenti artefici fiorentini, a Ulma (1482), con le correzioni del Donis e le tavole aggiunte alle 26 di Agatodemone, di nuovo a Roma nel 1490 e nel 1495. Si seguono le edizioni di Venezia: del 1511, corretta da B. Silvano; del 1548, volgarizzata dal Mattiolo, con le tavole del Gastaldo; del 1561, nella veste italiana del Ruscelli, con 36 tavole incise in rame. Nè vanno dimenticate, dopo il 1574, le note riduzioni di Giov. Ant. Magino, uno dei più illustri geografi di quel tempo. Nel 1578, cioè un secolo dopo la prima edizione di Roma, il celebre fiammingo Gerardo Kremer, detto Mercatore, rifece la raccolta, dando della Geografia di Tolomeo l'edizione rimasta definitiva.

Questo avvenimento, che aveva per effetto di restituire la Geografia ai metodi scientifici quando le scienze ausiliarie, specie l'Astronomia, già incominciavano a fornirle i mezzi di valersene, si ricollega indubbiamente ad una nuova rappresentazione del Mediterraneo, sulla correzione successiva delle Tavole Tolemaiche.

Le carte senza graduazioni, di cui l'ultimo tipo perfetto è il famoso Mappamondo di fra Mauro dipinto nel 1459 a S. Michele di Murano in Venezia, sono abbandonate dai Geografi, che ritornano, col piemontese Gastaldo, il grande restauratore della Cartografia in Italia, alle coordinate sferiche di Ipparco e di Marino da Tiro.

Non v'ha dubbio che, da principio, questo ritorno a Tolomeo rappresenta un vero e proprio regresso nella rappresentazione del Mediterraneo, onde il Lelewel, esagerandone la portata, ne arguì senz'altro la sinistra influenza di Tolomeo sul progresso geografico moderno.

Il diffondersi della Geografia di Tolomeo rinverdì il vecchio errore dei 62° assegnati da W. a E. per la lunghezze del Mediterraneo, fra Calpe e Alessandretta, con grave deformazione anche della figura dell'Italia, deformazione che perdurò in quasi tutte le nostre carte anche nei secoli XVII e XVIII. Nè valsero le correzioni degli Arabi, cui abbiamo accennato a suo luogo. È bensì vero che Ortelio e Mercatore ridussero l'asse maggiore del Mediterraneo a 52°, e Fischer a 48°, e l'inglese Dudlee a 47°. Ancora vi era una eccedenza di 6°, sulla misura più prossima.

Ma dopo l'introduzione del sestante a riflessione nella Nautica e la pubblicazione delle tavole Cassiniane, le vecchie coordinate geografiche solidamente ricostituite sui metodi nuovi, assicurarono alla restaurata Geografia la sua base matematica quando i Geografi francesi, sotto la direzione dei Cassini, intrapresero la prima e più importante applicazione delle triangolazioni di precisione, e fondarono la vera Cartografia scientifica.

Nella lunghezza del Mediterraneo l'errore di 6° rimasti dopo la correzione del Dudlee, venne ben presto eliminato per opera specialmente di uno scolaro del Cassini, il francese De Chazelles, che visitando la costa Siriaca determinò la longitudine di parecchie località e si servì delle occultazioni dei satelliti di Giove, fissando per Alessandretta 33° 55' E. dal meridiano di Parigi, mentre ora si ritiene 33° 49'.

Giova ripeterlo: la pubblicazione dell'opera di Tolomeo era venuta in buon punto. Le proiezioni stereografiche di Ipparco trovarono in Maurolico il matematico che ne diede la teoria. Le prospettive e gli sviluppi cilindrici e conici di Tolomeo vennero largamente applicati dai Cartografi italiani del Cinquecento, e Mercatore – colla sua mirabile invenzione delle carte lossodromiche di sviluppo – segnava il passaggio, felicemente indovinato, dalla Cartografia empirica fondata sul sistema azimutale, col sussidio della Bussola Nautica, alla Cartografia scientifica.

Come già abbiamo osservato, tutta questa elaborazione di elementi scientifici venuti dalla Geografia antica per mezzo di Tolomeo, non diede subito nella Cartografia e, particolarmente, nella rappresentazione figurata del Mediterraneo, quei risultati che i tempi nuovi e la scienza restaurata sembravano promettere. Vi fu anzi, per un paio di secoli, un vero e proprio regresso. Si ritornò ai vecchi errori di longitudine; e solo più tardi si ripresero le correzioni, valendosi del confronto delle Carte Nautiche.

Ma ben presto le triangolazioni geodetiche, per opera dei Cassini, si estesero agli usi della Topografia. Già fin dal 1550 un primo tentativo di triangolazione topografica moderna venne fatto in Italia da Giov. Francesco Peverone di Cuneo, che stese una rete di triangoli fra Cuneo, Fossano, Savigliano, Carmagnola, Cervere e Saluzzo.

Nè si tratta di un caso isolato. Il celebre cosmografo Egnatio Danti, nel 1583, pubblicò in Roma il trattato del Radio latino, che è la descrizione di uno strumento inventato da tale Latino Orsini, per levar piante col metodo dei triangoli e delle intersezioni, già esposto dal Peverone. Giulio Danti, padre di Egnatio, aveva fatto uso, nelle sue levate, di una tavoletta topografica simile a quella attribuita nel 1600 a Giov. Pretorio di Norimberga e descritta molti anni prima da Gemma Frisio (1530) e da Nicolò Tartaglia (1546), già usata da Raffaello, innanzi al 1515, nel suo celebre rilevamento dei monumenti di Roma con bussola a traguardo e ad orologio solare.

Nel 1661, il P. Ricciòli stampò in Bologna la sua Geographiae reformatae, fondata principalmente sulla esatta determinazione delle altitudini con livellazione barometrica. Qui è descritto il Compasso Grimaldico, inventato dal suo collaboratore, il P. Grimaldi, per fare le levate topografiche; e si danno in pari tempo le correzioni di 2500 posizioni geografiche, in base ad osservazioni nuove.

Comunque sia, sta il fatto che la prima grande carta costrutta sulle triangolazioni di precisione fu quella della Francia, opera colossale e nuova, che mise quella Nazione, nel secolo XVIII, alla testa del progresso geografico, e non fu l'ultimo dei coefficienti che prepararono la fortuna militare della Rivoluzione e dell'Impero.

La «Cartografia terrestre» ottenne per tal modo la sua vera esattezza scientifica, fissata sulle nuove posizioni astronomiche e combinata ai sistemi grafici perfezionati per la rappresentazione delle forme del terreno colle isoipse e coi tratteggi a luce semplice e doppia.

E non solo la «Cartografia terrestre» ma anche la «Cartografia marittima» si è subito giovata dei nuovi metodi per rilevare le coste dei continenti e delle isole, delineando il contorno appropriato delle terre e dei mari, onde apparve finalmente agli occhi di tutti la vera fisionomia geografica del nostro Pianeta.

Ebbene: in cosiffatta rappresentazione cartografica, dovuta ai rilievi di precisione, la nuova carta del Mediterraneo, presa nel suo insieme, ci presenta una sorprendente conferma della vecchia figurazione assegnata allo stesso mare dalle carte nautiche medioevali, costrutte su la semplice stima delle distanze, o anche sulla «rason del Martelojo» dai nostri abilissimi piloti di un tempo, lungo le direzioni fissate colla bussola.

Ma, badate: si tratta di somiglianza nella forma geografica, non di perfetta coincidenza: bisogna tener conto della disorientazione dovuta, nella maggior parte di quelle vecchie carte, alla ignoranza della declinazione magnetica prima delle correzioni fatte dai «cosmografi» nella seconda metà del secolo XVI; inoltre i particolari della carta moderna del Mediterraneo, rivelano, bene osservati, lo enorme progresso ottenuto coi mezzi perfezionati di cui dispone la scienza attuale, in una potente organizzazione data a questi lavori dalla concorde iniziativa degli Stati civili.

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