IV.

Ma i tempi parevano di nuovo volgersi propizi alle grandi iniziative politico-africane. Al primo possesso coloniale dell'Italia, che fu Assab nel 1882, già fin dal 1869 acquistata privatamente dall'esploratore Giuseppe Sapeto per conto del Rubattino, era seguita qualche anno dopo l'occupazione di Massaua, e nell'89 il possesso si era esteso nell'interno alle regioni oltre Asmara, al paese dei Bogos e a Cheren, non senza qualche punta nella direzione di Cássala; mentre d'altra parte il protettarato italiano si era dichiarato sulla costa della Somalia dalla foce del Giuba al Golfo di Aden, con una «sfera d'influenza» verso l'interno, in regioni tuttavia sconosciute. Onde la necessità di esplorare questi paesi dove soltanto il francese Revoil e l'inglese James avevano fatto qualche importante ricognizione.

Ho accennato più sopra alla fondazione, in Milano, fin dal 1879, della «Società di Esplorazione commerciale in Africa» dovuta agli amici del Camperio; nel 1881 si costituiva il «Club Africano di Napoli» in occasione del ricevimento di Gustavo Bianchi, reduce dal Goggiam e dalla ottenuta liberazione del Cecchi; e nel 1882 questo sodalizio si trasformava in «Società Africana d'Italia» la quale ben presto, per iniziativa di un giovane studente, Attilio Mori, trasferitosi allora da Napoli a Firenze, dava luogo, nell'aprile 1884, alla «Sezione Fiorentina della Società Africana d'Italia» e, poco dopo l'occupazione di Massaua, incominciava la pubblicazione di un Bollettino, la cui raccolta in 10 volumi diretta dal prof. Stefanelli, dal 1885 al 1895, è uno dei migliori repertori di notizie sul movimento africano dell'Italia nel decennio accennato.

Era questa la disposizione degli animi in Italia quando venne eletto, nel gennaio 1891, presidente della Società Geografica il march. Giacomo Doria, viaggiatore e naturalista insigne, gran mecenate e promotore di viaggi scientifici, fondatore del Museo Civico di Storia naturale in Genova, al quale egli donò tutte le sue collezioni e la ricca biblioteca. Giovinetto aveva preso parte alla Missione in Persia, nel 1862, col De Filippi e col Lessona, nel 1865 fu con Odoardo Beccari in Borneo. E il Museo da lui fondato servì di preparazione e di punto di partenza, alle nostre spedizioni scientifiche più importanti, per la parte zoologica, come quelle del Beccari, dell'Antinori, di Enrico e Luigi M. D'Albertis, di Arturo Issel, di Leonardo Fea. Gli «Annali del Museo Civico» fondati dal Doria nel 1869 per la serietà dell'indirizzo e la copia delle «Relazioni originali» che danno la più larga e sicura illustrazione del materiale zoologico dei nostri viaggiatori naturalisti nella secondo metà del secolo XIX, formano una raccolta poderosa di lavoro condotta con rigore di metodo, che fa onore alla scienza italiana.

Da tutto questo si comprende come l'elezione del Doria dovesse avere un grande significato di novità. Gli «uomini di scienza» finivano per trovarsi intimamente associati con gli «uomini di azione». Giacomo Doria rappresentava la «scienza attiva» non già l'opera di erudizione che il Correnti qualificava «fatica da amanuense abbreviatore dei libri altrui».

Eppure fu appunto con la presidenza del Doria che si pose termine all'opera della Colombiana, che è tutta una grande ricostruzione storica; e fu appunto con la presidenza Doria che la Società Geografica in occasione dei solenni festeggiamenti per il IV Centenario della scoperta dell'America nel 1892, in Genova, trasse dal suo seno un nuovo Istituto di cui l'Italia mancava: il Congresso Geografico Italiano, da tenersi, di regola ogni tre anni.

Così fu tenuto in Genova, sul finire del settembre, con insolita magnificenza e larghi inviti alle più illustri personalità straniere, il Primo Congresso Geografico Italiano, non senza una importante Mostra Geografica. Il nome del Doria – così illustre nei fasti della «Superba» – congiungeva l'opera della Società Geografica con le più generose energie della sua città, il gran centro del lavoro umano, il più potente emporio marittimo della patria.

Fu quello un periodo di insolita fortuna per le nostre esplorazioni geografiche: ben riusciti i viaggi dell'ingegnere Luigi Bricchetti-Robecchi all' Harar nel 1888-89, lungo la costa somalica da Obbia ad Allula nel 1891, sopra tutto la prima grande traversata della pseudo-penisola. Anche Baudi di Vesme e Candeo fornivano importanti itinerari nell'Ogaden a partire dalla costa del golfo di Aden. E si succedevano tranquillamente nel governo della stazione scientifica di Let-Marefià, nello Scioa, l'Antonelli, il Ragazzi, il Traversi.

Il proposito di risolvere il problema della defluenza del fiume Omo, e del corso del Sobat, animò l'impresa di Eugenio Ruspoli, che scoperse nel 1893 il corso dell'Ueb e quello del Daua, affluenti del Giuba, nonchè il lago Abbaia o Ciamò; spinse Vittorio Bóttego alla sua prima grande esplorazione nella regione sorgentifera del Giuba, nel 1893, e diede modo al suo compagno Grixoni di riconoscere la defluenza del Daua nel Giuba, entrando questi pel primo in Lugh. Ognun sa come la seconda grande spedizione Bóttego venisse preparata nel 1895 a spese del Re, del Governo e della Società Geografica, e come questa nuova impresa finisse tragicamente, pur avendo ottenuto l'intento supremo di risolvere l'importante problema della defluenza dell'Omo, scoperta capitale che Lamberto Vannutelli e Carlo Citerni consacrarono in un volume, L'Omo, pubblicato a cura della Società Geografica.

Frattanto Lamberto Loria percorreva studiosamente il bacino del Fly nella Nuova Guinea e dopo molti anni di permanenza colà recava in Europa un ricco materiale scientifico; Leonardo Fea fin dal 1885 iniziava le sue belle raccolte zoologiche in Birmania ed Elio Modigliani, reduce dalle sue dotte esplorazioni in Sumatra e isole del contorno, si rivelava il più completo dei viaggiatori scienziati e il più ammirabile dei conferenzieri. Oramai, auspice il Doria e il Museo di Genova, non era più il caso di lamentare la scarsa preparazione dei viaggiatori italiani.

Ciò non toglie però che sia sempre da tenersi in considerazione la proposta, già fatta alla Società Geografica fin dai tempi della presidenza Vitelleschi, di una «Scuola di preparazione scientifica per viaggiatori». E anche – si potrebbe aggiungere – di una «Scuola di cartografi».

Per ciò che riguarda la preparazione dei viaggiatori era stato pubblicato in quel tempo un manuale composto dai professori Issel e Gestro; e nel 1890 si annunziava con questo scopo una scuola pratica presso la Facoltà scientifica di Genova.

Per la «Scuola di cartografia» la questione venne sollevata dalla Società Geografica quando appunto si trattava della costruzione delle carte del Grande Atlante, al quale lavorava il cartografo tedesco G. E. Fritzsche.

Nel decennio fra il 1880 e il 90 le condizioni della cartografia in Italia accennavano a migliorarsi. Prescindendo dai cartografi dell'Istituto Geografico Militare (che provvedevano alla rappresentazione topografica e corografica della regione italiana) per ciò che riguarda la produzione cartografica ad uso scolastico e della comune coltura, fin dal 1856 (cioè quando il «piccolo Stieler» venne tradotto in italiano) e prima dell'epoca della formazione del regno, eravamo completamente tributari della Germania. Un solo nome, quello di Guido Gora, fin dal 1873, quando vennero iniziate le pubblicazioni del «Cosmos» di Torino, rappresentava questa nobile forma di nostra indipendenza dallo straniero. La preparazione tecnica ebbe egli in Germania, ove fu allievo del Petermann, intorno e poco dopo il 1870, quando il grande geografo tedesco reggeva la Ditta Perthes in Gotha (1857-78) e vi aveva incominciata la pubblicazione delle famose «Mitteilungen». Altrettanto il Gora volle fare in Italia colle sue «Comunicazioni» per il rinnovamento della coltura geografica e in particolar modo della cartografia fra noi. Le sue ricostruzioni itinerarie dei viaggi moderni d'Africa ed Asia, i suoi globi scolastici, le sue carte murali fisiche e politiche, edite dalla Casa Editrice G. B. Paravia di Torino, hanno formato per molto tempo (insieme con la bellissima Carta d'Italia, in rilievo, al milionesimo e a superficie curva di Cesare Pomba, disegnata dal Fritzsche) il miglior materiale scientifico didattico nostro per la Geografia.

Ma l'opera isolata del Gora non era sufficiente al bisogno. Occorrevano altre iniziative. La Società Geografica per i lavori proprî e quelli del Grande Atlante sentì la opportunità, nel 1890, cioè prima ancora della presidenza Doria, di bandire un concorso a due borse di studio per allievi cartografi, i quali avrebbero ricevuto alla Società la necessaria preparazione teorica e pratica. D'altra parte un Istituto Cartografico Italiano era stato fondato in Roma fin dal 1884 dai signori Basevi e Fritzsche, e aveva già resi notevoli servigi alla stessa Società Geografica con la incisione delle carte disegnate dal prof. Dalla Vedova per il Bollettino, alla Direzione Generale della Statistica per le carte stradali e industriali, alla Sezione Romana del Club Alpino, che ne ottenne delle finissime carte speciali, al Municipio di Roma per le nuove carte scolastiche, alla ditta G. B. Paravia per il globo terracqueo del Gora e il Grande Atlante di Geografia moderna della Società Geografica, alla Casa Ulrico Hoepli per il manuale del Garollo. Lo stesso Istituto Cartografico aveva pubblicato negli anni 1884, 85, 89 un «Annuario» il quale, accanto alle riviste annuali di Attilio Brunialti nell'«Annuario Scientifico» del Treves, avrebbe ben potuto diventare un vero «Annuario Geografico Italiano» se la vita di quell'Istituto non fosse stata troppo breve.

Il concorso bandito dalla Società Geografica ottenne il suo effetto: una delle due borse di studio potè venire aggiudicata, e così la Società ebbe la soddisfazione di formare un primo cartografo nella persona di Achille Dárdano, che la servì egregiamente per più di un quindicennio all'incirca, fino a che passò all'Istituto Geografico De Agostini.

Intanto a Bergamo lo stabilimento Gaffuri e Gatti, divenuto poi l'Istituto Italiano di Arti Grafiche, per iniziativa del prof. Arcangelo Ghisleri, andava formando una «sezione cartografica» e vi lavorava il tedesco ing. Heber fino a che non si poterono avere anche dei cartografi italiani. Là il Ghisleri potè far disegnare le cartine del suo manuale di Geografia storica fin dal 1888-89, e le cartine divennero poi quei Testi-Atlanti di Geografia storica, che corrispondevano ad un sentito bisogno delle nostre scuole. Con queste sue geniali pubblicazioni il Ghisleri si rese altamente benemerito dell'insegnamento e dell'industria scientifica nazionale: la qual cosa venne ben riconosciuta nelle Mostre dei Congressi di Berna e di Genova (1891 e 1892).

Il Ghisleri fondò nel 1891 in Bergamo una rivista quindicinale illustrata il cui programma può dirsi riassunto nel titolo: La Geografia per tutti. La rivista, fatta con garbo e con una ben nutrita e simpatica collaborazione, ottenne subito il successo più lusinghiero. Ebbe pure molta fortuna la rubrica speciale aperta nella rivista medesima dal titolo suggestivo: «La Geografia di casa nostra».

Si sentiva il bisogno di vedere, di conoscere, ma si sentiva anche la ragionevolezza e la necessità di cominciare da noi stessi. Nessuno meglio del Ghisleri aveva finora saputo farsi interprete di questo bisogno nazionale. E la opera sua non fu senza efficacia perchè rese più largo e più popolare l'indirizzo già dato ai nostri studi con gli scritti, con l'insegnamento e, sopra tutto, con l'esempio, da Giovanni Marinelli, l'infaticabile alpinista illustratore del suo Friuli natìo.

Fin dal 1890 il Ghisleri nel suo scritto «Del difetto di cartografi nazionali» apparso nel Bollettino della S.G.I., segnalava l'esperienza fatta dallo Stabilimento cromo-litografico di Bergamo dei fratelli Cattaneo, alla cui «Sezione cartografica» nessuno si offerse di lavorare, mettendo così in rilievo la noncuranza dei nostri più abili incisori di fronte ad uno dei rami più elevati e più delicati della scienza industriale. In un centro di lavoro come Bergamo, ove l'istruzione popolare è diffusa e dove il disegno ha largo sviluppo nelle applicazioni della scienza, questa stridente anomalia egli giustamente spiegava nella sua vera causa fondamentale: il nessun metodo col quale la Geografia è insegnata nelle nostre scuole a cominciare dalla seconda elementare. E nel 1893 dettava quelle magistrali pagine sul «Metodo naturale nell'insegnamento della Geografia» che, se non rimanevano inascoltate (come lo sono anche oggi), sarebbero bastate a mutare le sorti della cultura geografica nelle nostre classi popolari.

Alcuni scritti del Ghisleri opportunamente raccolti in un volume: «Per la Geografia nella scuola e nella vita» (1893-1908), mostrano quali criteri abbiano ispirato i suoi atlanti storici, la cui importanza è stata messa in rilievo da Ruggero Bonghi. È sua la Carta storica del Risorgimento Italiano, che fu accolta con tanto plauso; sua fu la iniziativa del «Testo-Atlante di Geografia moderna», al quale ebbe collaboratori preziosi e autorevoli il cap. Giuseppe Roggero e il prof. Giuseppe Ricchieri, sua fu l'idea iniziale dell'Atlante Biblico, affidato alla direzione di monsignor Grammatica. Tornato dall'Esposizione di Chicago nel 1893, portò all'Istituto di Bergamo nuovi «dettagli delle cure e avvedutezze tecniche» con cui riproducevansi colà le fotografie e altre illustrazioni. Fondata la ben nota rivista illustrata «L'Emporium» egli ne fu dal 1905 al 1908 il principale ispiratore e l'assiduo collaboratore per la parte geografica. Egli suggerì all'Istituto di Bergamo, che già attendeva alla costruzione della Carta d'Italia al 250.000, compilata dal ten. colon. Giovanni Marieni, una magnifica impresa, un «grande atlante mondiale» diviso in volumi, ciascuno dedicato a un continente. Questo vasto disegno ebbe nell'apprezzatissimo Atlante d'Africa, ideato e condotto dal Ghisleri stesso, il suo primo compimento. Primo ed ultimo. Perchè la nuova direzione dell'Istituto di Bergamo ha creduto bene di tagliar corto con la Geografia, che pure, auspice il Ghisleri, le aveva conferito il vanto di uno degli istituti geografici meglio riusciti per ciò che riguarda l'industria cartografica italiana.

La sua opera di rigenerazione della Geografia nella scuola italiana continuò per alcuni anni il Ghisleri nelle «Comunicazioni di un collega» tenendo sempre desti gli spiriti in un libero e fecondo colloquio metodologico che durò per oltre 20 anni. Valgano queste parole – anche attraverso le divergenze politiche – a soddisfare un debito di riconoscenza della nostra scuola verso un uomo che le sue mirabili energie ha speso con tanta abnegazione per la causa della Geografia e della cultura nazionale.

Ho nominato come collaboratori del Ghisleri nel Testo-Atlante di Geograffa moderna, i professori Roggero e Ricchieri, i quali hanno pure nel campo dell'insegnamento e della cultura geografica speciali benemerenze; il Roggero che, professore al Collegio Militare di Milano, aveva rifatto con nuovi criteri il bel testo di Tancredi Fogliani e dotata la scuola di numerosi plastici, nonchè di utili schizzi oro-idrografici d'Italia, raccolti da Pio Galli in un atlante; il Ricchieri che, professore all'Università di Palermo dal 1895, ora all'Accademia di Milano, la sua vivace collaborazione, largamente nutrita alle fonti straniere, diede dapprima alla «Geografia Universale» di Marinelli, e poi a tutte le varie manifestazioni del nuovo movimento degli studi geografici in Italia, dei quali ci ha presentato un quadro molto istruttivo nella sua copiosa e feconda relazione alla quinta riunione della «Società Italiana per il Progresso delle Scienze» in Roma, nell'ottobre 1911.

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